Ricercatori della EFPL (École Polytechnique Fédérale de Lausanne) hanno pubblicato uno studio su Translational Medicine che infonde nuove speranze in chi lotta contro il cancro, proponendo una tecnica che non solo affama il tumore ma dà un aiuto alla immunoterapia oncologica.
Affamare il tumore e aiutare la risposta immunitaria al cancro in un colpo solo
I tumori sviluppano vasi sanguigni essenziali per la loro crescita, l’idea di affamare il tumore andando a colpire questi vasi sanguigni non è nuova, quello che è stato scoperto più recentemente è che questi vasi sanguigni tumorali hanno anche un’altra importante funzione, sono uno dei meccanismi principali con cui il cancro si difende dalle cellule T del nostro sistema immunitario, si tratta infatti di vasi sanguigni che hanno comportamento opposto a quelli normali del nostro corpo e anche in questo caso lavorano contro di noi e a favore del tumore, ostacolando l’afflusso delle cellule T che dovrebbero andare ad attaccarlo. Quindi se si riuscisse a trovare un modo per attaccare questi vasi sanguigni in modo da togliere loro questa capacità di contrastare le cellule T si prenderebbero i proverbiali due piccioni con una fava.
Che cosa hanno scoperto i ricercatori del prestigioso istituto di Losanna
La crescita dei vasi sanguigni tumorali è regolata da due proteine chiamate VEGFA e ANGPT2 i ricercatori del laboratorio diretto dallo scienziato italiano prof. Michele de Palma hanno appuntato la loro attenzione proprio su queste due proteine e hanno scoperto che un anticorpo chiamato A2V riesce a bloccare entrambe le proteine, a differenza di altri che erano stati provati in precedenza che erano stati efficaci solo su una delle due. Inoltre l’A2V si è rivelato anche efficace nel prevenire l’insorgenza di metastasi.
L’aspetto più interessante dell’impiego dell’A2V è che anche se nei test non è riuscito a distruggere tutti i vasi sanguigni tumorali, ha effettuato una specie di riprogrammazione degli stessi tanto che i rimanenti sono diventati più simili ai vasi sanguigni normali e quindi più permeabili al passaggio delle cellule T.
Fonte immagine: www.scienceofcrc.org
Roberto Todini