In particolare, a spingere l’economia ci pensano le imprese condotte da immigrati: esse continuano ad aumentare sia per il numero che per il valore aggiunto prodotto. Difatti, se le imprese italiane negli ultimi cinque anni hanno registrato un calo del 2,7%, quelle straniere sono aumentate del +25,8%, arrivando fino a 570mila (9,4% del totale). Queste 570mila imprese producono 102 miliardi di euro, che costituiscono il 6,9% della ricchezza totale. A crescere di più sono gli imprenditori del Bangladesh, ma il primato spetta a Marocco (11%) e Cina (10%).
Inoltre, non siamo noi italiani a mantenere gli stranieri, bensì solo loro che contribuiscono anche al sistema previdenziale: i lavoratori immigrati in Italia versano 11,5 miliardi di contributi, favorendo l’andamento positivo per le casse dell’Inps. Tra l’altro, bisogna tenere conto del fatto che l’età media in Italia è sempre più in crescita e le nascite sono sempre più in calo: ogni 1000 abitanti vi sono 7 nascite e 11 morti. Se non fosse per gli immigrati, mancherebbe la forza lavoro in tantissimi settori.
È vero che da venticinque anni a questa parte l’immigrazione è aumentata (nel 1991 era al di sotto dell’1%, nel 2016 in Italia vi erano 5 milioni di immigrati regolari, 28 volte di più rispetto ai migranti presenti nei centri di accoglienza, ossia 176 mila). Ma è anche vero che la maggior parte degli immigrati in Italia proviene da Romania, Albania e Marocco, non dai Paesi della fascia sudsahariana, come vorrebbero farci credere (dunque non c’è alcuna invasione da parte degli stranieri). E per quanto riguarda la famosa frase “Aiutiamoli a casa loro”, tranquilli ci pensano gli immigrati stessi: ben 5,1 miliardi (0,30% del Pil) vengono inviati da essi nei loro Paesi d’origine (una cifra di gran lunga superiore ai fondi destinati dall’Italia agli aiuti pubblici per lo sviluppo nel 2016, ovvero 2,9 miliardi, che corrispondono al 0.17% del Pil). Dunque, sono gli immigrati in Italia che “aiutano a casa loro” e non ci rubano proprio nulla.
Carmen Morello