Quando un leader politico si considera una vittima non è in grado di governare un sistema democratico

vittimismo dei leader

Non assumersi la responsabilità del proprio ruolo: così può essere riassunto il vittimismo dei leader politici. Infatti, configurarsi come una vittima è una strategia comportamentale molto utilizzata per elemosinare empatia dagli altri e se il vittimismo, considerato in psicologia un tratto tossico della personalità, è definito come «la blanda inclinazione a sentirsi osteggiati e perseguitati dagli eventi esterni», nella scena politica l’inclinazione a considerarsi una vittima, se promossa da un leader, diventa uno strumento per ottenere più facilmente il consenso degli elettori.

Che cos’è il vittimismo: il tratto tossico della personalità che elemosina l’empatia

In psicologia, con il termine “vittimismo” si intende l’inclinazione di una persona a considerarsi oppressa, perseguitata e osteggiata da altre persone e dalle circostanze. Per questi individui, l’autocommiserazione è fonte di piacere e la utilizzano per generare simpatia negli altri mentre, consapevolmente o inconsapevolmente, creano intorno alla loro persona un buco energetico. Coloro che ascoltano le lamentele della personalità vittimista si trovano a stretto contatto con la sua energia tossica e le relazioni instaurate da queste persone non possono che essere disfunzionali.

Quando diventa una patologia psichiatrica, il vittimismo viene definito “Sindrome di Calimero”. La sindrome di Calimero è l’atteggiamento psichico che guida il vittimista mentre il destino si abbatte avverso sulla sua vita. Sentirsi costantemente attaccati, esprimere immaturità scegliendo di non assumersi le proprie responsabilità e ricercare vantaggi personali come ascolto, indulgenza e protezione sono solo alcuni dei tratti della personalità vittimista. Chi soffre della Sindrome di Calimero spera di generare il senso di colpa nei suoi interlocutori per continuare ad ottenere dei vantaggi grazie a tale atteggiamento psichico.

La dinamica relazionale con il vittimista appare quindi estremamente difficoltosa già nella sfera privata, ma cosa accade se ad attuare tale atteggiamento è un leader politico, quindi chi amministra i beni pubblici?

In politica il vittimismo è il contrario della leadership

Secondo l’accademico, docente di leadership etica e funzionario europeo Paolo Giusta, il vittimismo è il contrario della leadership. Secondo questa tesi, sostenuta da più sociologi politici, rinunciare alla propria responsabilità delegandola a fattori esterni nel proprio agire politico significa voler rinunciare al ruolo di leader. In altre parole, l’atteggiamento vittimista è incompatibile con la vocazione politica.



Sotto questo profilo, l’inattività politica dei cittadini, come l’astensionismo, può essere considerata un effetto del leader vittimista, che nel frattempo filtra le fonti di informazione che possono aiutarlo nella legittimazione politica e rafforzano il suo status di vittima “contagiando” il proprio elettorato. La nascita di gruppi che sono tenuti insieme dal vantaggio che dà l’appartenenza al cerchio invece che dalla condivisione di un progetto comune sono un altro effetto del vittimismo dei leader e in questo modo viene anche a mancare il concetto di “bene comune” fondato sulla valorizzazione delle diversità all’interno di una comunità. Così, viene compromesso il benessere della collettività, dato che l’orizzonte del leader si focalizza esclusivamente sul benessere del proprio gruppo di appartenenza.

Il vittimismo politico contribuisce all’aggravarsi dei problemi strutturali della società

Per questa scuola di pensiero, chi vive condizioni di fragilità ma non perpetua l’atteggiamento vittimista viene emarginato ancora di più mentre viene a mancare la base della democrazia, il dialogo. Infatti, nel vittimismo la sfera dell’ego è fondamentale e ciò riduce la possibilità di comprensione delle dinamiche altrui e dato che il leader dovrebbe rappresentare l’intera collettività ciò contribuisce ad aggravare i già presenti problemi strutturali della società.

Nella visione vittimista il sé ha un ruolo centrale e tale inclinazione è incompatibile con l’esercizio della leadership, che in un sistema democratico dovrebbe rappresentare gli interessi dell’intera collettività, assumendosi la responsabilità del proprio ruolo politico. A fenomeni complessi come la migrazione umana, il leader vittimista risponde alzando barriere, perpetuando una visione semplicistica della società e contribuendo alla discriminazione delle persone più fragili e di chi vive in condizioni di difficoltà. L’inadeguatezza ad esercitare la leadership da parte di queste persone è definita proprio dall’incapacità nell’amministrare i diritti di tutti e non solo quelli di uno specifico gruppo di appartenenza.

Quando il governatore di un sistema democratico assume un atteggiamento vittimista non può realmente soddisfare gli interessi della comunità, perché non è in grado di assumersi la responsabilità politica in caso di scelte non condivisibili.

Nel caso italiano, gli attacchi all’indipendenza della Magistratura da parte dei leader di governo rappresentano uno degli effetti di questo atteggiamento psichico: nel momento in cui, in seguito a delle precise scelte politiche, un leader propone di attuare delle leggi per contrastare le sentenze della giurisprudenza, guidate dal diritto internazionale, invece di favorire il dialogo con gli altri organi per trovare una soluzione alternativa, gli interessi della collettività vengono meno. Quindi, se una strategia politica è basata sul sentirsi sempre attaccati anche se non si è più all’opposizione, forse è una strategia da rivedere.

 

 

Aurora Colantonio

 

 

 

Exit mobile version