“Il vino rimpicciolisce il cervello”: le risposte della storia alla biologa

vino rimpicciolisce il cervello

vino rimpicciolisce il cervello

L’immunologa Antonella Viola ha dichiarato: “Il vino rimpicciolisce il cervello”. Analizziamo quindi le risposte della scienza e della storia.

L’immunologa e docente dell’università di Padova, Antonella Viola, ha affermato che: Il vino rimpicciolisce il cervello, in quanto è dimostrato che chi beve alcol ha il cervello più piccolo“. Le parole della biologa si inseriscono nell’arco di un’intervista in cui si dichiarava a favore della scelta dell’Irlanda di indicare sulle bottiglie di alcolici e di vino i rischi per la salute, in conformità con l’indirizzo europeo in materia. A tal proposito l’immunologa ha ricordato come l’alcol, e quindi anche il vino, sia incluso nella lista delle sostanze cancerogene di tipo 1, al pari dell’amianto e del benzene.

Il vino rimpicciolisce il cervello? Le risposte della scienza

Le dichiarazioni della biologa hanno fatto scaturire sin da subito alterchi e dispute tra virologi e altri esperti del settore: dal bicchiere di rosso di Bassetti sollevato ironicamente come risposta alla docente, fino a Pierluigi Lopalco che sottolinea, in linea con il pensiero di Viola, gli effetti cancerogeni del vino.

Una docente e ricercatrice a Londra, Arianna Di Stadio, ha però risposto in modo più articolato, affermando innanzitutto che il vino non possa essere messo sullo stesso piano di altri alcolici. Ha poi aggiunto che il rosso in particolare, se assunto con moderazione e in modiche quantità giornaliere, può avere degli effetti benefici per il cervello, grazie ai polifenoli e altre sostanze anti-ossidanti ivi contenute, le quali sarebbero in grado di ridurre la neuro-infiammazione. Inoltre, mezzo bicchiere di vino rosso durante i pasti migliorerebbe l’afflusso di sangue e la circolazione, liberando le arterie. Infine, gli studi sui quali potrebbero basarsi le affermazioni dell’immunologa, secondo Di Stadio, parrebbero essere delle ricerche ancora non pubblicate, a differenza di quelle di segno opposto, che tentano di dimostrare i danni che l’alcol può causare a prescindere dalla quantità.

Le dimensioni del cervello influiscono sulla memoria e sull’intelligenza?

Se con l’affermare che chi beve alcol abbia il cervello più piccolo, si intende dire che quest’ultimo influenzi l’intelligenza o la memoria di chi lo assume, si può rispondere che i polifenoli contenuti nel vino potrebbero essere in grado di migliorare le funzioni mnemoniche e la trasmissione nervosa. Il quoziente intellettivo invece, secondo uno studio condotto da Philip Shaw dell’Istituto Nazionale di Salute Mentale del Maryland, non dipenderebbe dalle dimensioni del cervello, ma dal modo in cui è cresciuto. La corteccia cerebrale tenderebbe ad ispessirsi nei primi anni di vita, per poi assottigliarsi nell’adolescenza.

Tra i benefici del vino parrebbe esserci anche una funzione protettiva dei neuroni, la quale sarebbe capace di contrastare le primissime fasi di malattie come l’Alzheimer.

Il vino: millenni di storia tra sacro e filosofia

Le proprietà del vino non sono soltanto quelle che la scienza analizza. Millenni di storia mostrano come questa pregevole bevanda abbia attraversato popoli e tradizioni, prescindendo dalla corporeità e attraversando diversi stadi di trascendenza. Sebbene sia uno dei collanti della civiltà greca con quella romana, le radici del vino sembrano risalire alla Mesopotamia: nell’Epopea di Gilgamesh, infatti, era definito bevanda divina. Anche la cristianità ha un legame molto profondo con il vino: questo termine compare infatti circa 224 volte nella Bibbia, oltre a rappresentare, assieme al pane, un elemento simbolico di centrale importanza per la transustanziazione nel rito sacro della Messa.

Ancor prima del cristianesimo, nel nome del culto di Dioniso i greci hanno intrecciato la sacralità con la filosofia. Platone apprese dal pitagorico Archita, l’importanza del vino per la meditazione filosofica. Le libagioni per i pitagorici si inserivano in dei riti minuziosamente ordinati che interessavano l’intero arco della giornata.



Simposio greco e simposio platonico

Il simposio greco e quello platonico mostrano in modo dettagliato lo sposalizio tra la spiritualità e la filosofia, nel nome del vino. Il significato etimologico del termine simposio è bere insieme o bere con“: il bere vino infatti era per i greci un atto collettivo, momento comunitario e adatto per festeggiamenti privati o pubblici, rituali religiosi, ma anche luogo per stringere o rinsaldare intese, per la riflessione filosofica, la poesia, il canto, o per discutere a turno di un argomento prestabilito.

Nel simposio platonico troviamo un esempio dello stretto collegamento tra il vino e la filosofia, nella descrizione di Socrate come uomo in grado di resistere all’ubriachezza e come, probabilmente, modello del bere con moderazione per ottenere un fine “altro”:

“Ma nelle baldorie, invece, lui solo sapeva godere fino in fondo e a bere, – non che lo volesse, ma quando lo si forzava – vinceva tutti; ma ciò che piú meraviglia è che Socrate nessun uomo mai l’ha visto ubriaco”.

Possiamo quindi scorgere un parallelo tra il modo di filosofare di Socrate e il bere vino: nel suo continuo dialogare, sorprende l’ascoltatore e vanifica le leggi naturali, in questo caso gli eccessi della sete di vino, traendo invece maggior forza dagli effetti del bere. L’ubriachezza non condurrebbe all’impossibilità di essere sé stessi, ma al contrario porterebbe ad una più autentica manifestazione di ciò che davvero si è.

Il rapporto del vino con la filosofia moderna

Nei secoli successivi, il vino non ha smesso di rapportarsi con la filosofia, evolvendosi insieme ad essa e divenendo oggetto di interesse anche degli empiristi e razionalisti come Descartes, Bacon, Galilei, Montaigne, i quali studiarono gli effetti benefici di questa sacra bevanda sulla mente.

Anni più tardi, Kant analizzerà la fenomenologia dell’ebrezza da vino, distinguendola da quella derivata dagli oppiacei:

“L’ ebrezza taciturna, cioè quella che non ama la società e il mutuo scambio dei pensieri, ha in sé qualcosa di nocivo; di tal genere è quella per oppio e per acquavite. Il vino e la birra invece, dei quali il primo è solo eccitante, la seconda più nutriente e quasi sazia come un cibo, producono l’ ebrezza socievole, con la differenza che la ubriacatura per birra è più chiusa e sognante e spesso anche sguaiata, l’ altra è lieta, clamorosa e spiritosamente loquace”.

E ancora, Hegel assegnerà al vino un ruolo di centrale rilevanza nella vita dello “Spirito”. Se è quindi vero che il vino rimpicciolisce il cervello, queste appena citate sono menti tutt’altro che “piccole”, che per secoli si sono interessate alla divina bevanda, analizzandone i benefici su vari piani dimensionali.

A cosa mirano le etichette e l’affermare che: “il vino rimpicciolisce il cervello”?

In conclusione, l’apposizione di etichette sul vino e sugli alcolici in generale, per avvertire sui danni che questi possono causare, appare una misura irragionevole in quanto equipara l’uso all’abuso. Non sorprende però una simile proposta in tempi come quelli moderni, in cui gli apologeti del finto salutismo hanno esasperato il concetto di salute fino a renderlo una malattia. La salute da questi considerata è, infatti, sempre e soltanto quella fisica, non per una qualche forma di “preoccupazione” del sistema nei confronti dei suoi ingranaggi, ma perché strettamente necessaria a garantirgli una condizione di polli di allevamento, preordinati al consumo”, (citando Gregoretti), annichilendo ogni deviazione capace di elevarli a “polli ruspanti”.

Se realmente infatti ci fosse un interesse alla tutela della salute dell’individuo in quanto tale, risulterebbe più urgente apporre etichette o avvertenze sull’utilizzo dei social o di qualsiasi altro meccanismo in grado di influenzare e danneggiare prima la mente e poi il corpo.

L’Italia e la Francia sono tra i paesi che hanno opposto un parere negativo alla proposta europea di apporre etichette con avvertenze sulla salute. Il danno economico sarebbe ingente, ma è evocativo poter immaginare in questa risposta negativa, anche un presidio della cultura del vino e non solo della sua produzione.

Infine, concludendo con Euripide, se è vero che:

“… in dono al misero
offre non meno che al beato, il gaudio
del vino ove ogni dolore annegasi”.

perché far tornare a galla dolori e dispiaceri, rievocandoli sulle bottiglie?

Raffaele Maria De Bellis

Exit mobile version