Quotidianamente ci ritroviamo ad attraversare le corsie dei market, giungere al reparto d’interesse, e rimanere inchiodati di fronte alla vastità di prodotti che quegli scaffali ci offrono.
In modo particolare se quello che cerchiamo è un prodotto cosmetico (ovvero, cominciando a far chiarezza, una sostanza “destinata ad essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano, denti e mucose comprese, allo scopo di detergerle, profumarle, proteggerle, modificarne l’aspetto e mantenerle in buono stato di salute”).
Gli indolenti allungheranno la mano senza neppure voltarsi, afferrandone uno a caso, nella convinzione che, in fin dei conti, son tutti uguali. I più coraggiosi passeranno invece in rassegna le etichette, e incuriositi da tutti quei “con” o quei “senza” a caratteri cubitali sul fronte delle confezioni, decideranno di approfondire la situazione sul retro.
La lunga lista di ingredienti e diciture, per lo più incomprensibili ai comuni mortali, li spingerà a passare dalla parte degli indolenti o a trascorrere in preda al panico di mille interrogativi i successivi 30 minuti.
E’ all’incirca in uno scenario come quello presentato che sboccia il nobile intento di una giovane biotecnologa e divulgatrice scientifica, Beatrice Mautino, di provare a spiegare quello che le etichette dicono..e non dicono! Scrive infatti:
“Siamo sommersi dalle informazioni sui cosmetici, bombardati dalla pubblicità, ma, paradossalmente, di quello che spalmiamo addosso sappiamo solo quello che il marketing vuole farci sapere, ovvero poco e, soprattutto, non sempre qualcosa che sia in grado di aiutarci a scegliere in maniera consapevole”.
Ne “Il trucco c’è e si vede” edito da Chiarelettere, armata delle proprie competenze e di una innata curiosità, indaga sfatando quegli inganni, più o meno consapevoli, a cui l’industria cosmetica ci sottopone.
Per provare a rendere l’idea, torniamo indietro al Settembre 2014. Uno spot televisivo recitava:
«Con i cosmetici “I Provenzali”, ogni gesto d’amore per me è anche un gesto d’amore per la natura. 100% naturali, non testati sugli animali»
La pronuncia del giurì dell’ Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria in merito fu:
«Esaminati gli atti e sentite le parti, si dichiara che la pubblicità contestata è in contrasto con l’art. 2 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione commerciale, limitatamente al claim ‘non testato sugli animali.»
L’art. 2 fa riferimento appunto a comunicazione commerciale ingannevole, e il Saponificio Gianasso fu multato non perché la pubblicità dichiarasse il falso, bensì perché quell’affermazione risultava vera per tutte le aziende presenti sul mercato europeo, e induceva i consumatori a credere diversamente.
Pochi sapranno infatti che Il Regolamento (CE) n.1223/2009 stabilisce:
– il divieto di effettuare nel territorio degli Stati membri dell’UE le sperimentazioni su animali dei prodotti cosmetici finiti, a partire dall’11 settembre 2004;
– il divieto di effettuare sperimentazioni su animali di ingredienti cosmetici, a partire dall’ 11 marzo 2009. Da questa data tali sperimentazioni devono essere sostituite da uno o più test effettuati con metodi alternativi convalidati. Per quanto riguarda, invece, gli esperimenti necessari per studiare la tossicità di ingredienti, in particolare la tossicità da uso ripetuto, la tossicità riproduttiva e la tossicocinetica, per i quali non erano ancora disponibili metodi alternativi, il divieto di ricorrere alla sperimentazione animale è stato applicato a partire dal 11 marzo 2013;
-Relativi divieti di commercializzazione di prodotti finiti e/o contenenti ingredienti cosmetici testati su animali nel territorio degli Stati membri dell’UE.
Il mercato europeo rappresenta quindi in assoluto il più cruelty free di tutti
In molti di voi, a questo punto, sarà probabilmente già sorto spontaneo un quesito: che senso ha, allora, preferire i cosmetici delle aziende che vantano il famoso “coniglietto”?
A tutti sarà capitato di notare confezioni riportanti il logo “Leaping Bunny”, creato dalla Coalizione Europea contro la Vivisezione, con un coniglietto che salta fra le due stelle, e la dicitura:
Stop ai Test su Animali
Controllato da I.C.E.A.
Per LAV
L’ I.C.E.A. (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale), una società indipendente di auditing, effettua per conto della LAV (Lega Anti Vivisezione) dei controlli presso le aziende richiedenti, garantendo la loro conformità ai principi internazionali dello Humane Cosmetics Standard (HCS).
Ovviamente tutto questo per le aziende ha dei costi, relativi alle ispezioni effettuate e alle royalty per l’utilizzo del logo nel caso di riconosciuta idoneità.
Facile pensare quindi che dietro questa certificazione si nasconda un’operazione di marketing, volta a dare lustro e visibilità al marchio nel crescente mercato del cruelty free, e ad indurre ambiguamente i consumatori a pensare che, se le aziende col logo non effettuano sperimentazione su animali, le altre al contrario lo facciano.
Delle differenze tra le aziende che aderiscono a questo Standard e quelle che si limitano semplicemente a rispettare la Normativa EU, però, ci sono, e proviamo a spiegarle con quanto dichiarò Paolo Bassetti, socio titolare di Saponificio Gianasso , in merito alla pronuncia dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria riportata in precedenza:
“Il Saponificio Gianasso infatti, a tutela del consumatore, ha conseguito ben 10 anni prima la Certificazione Stop ai Test Su Animali rilasciata da ICEA per LAV (Certificato n° 009 del 4 novembre 2003). Tale Certificazione è di fatto una garanzia che va oltre gli obblighi comunitari perché ad esempio un’azienda italiana paradossalmente potrebbe essere in regola per la Comunità Europea ma far effettuare test, produrre e vendere in Paesi Extra CE. Inoltre circa l’80% delle materie prime usate in ambito cosmetico sono utilizzate anche nei settori farmaceutico e chimico dove spesso le normative europee prevedono comunque passaggi su animali vivi”
Di fatti, in queste ultime righe, si fa riferimento ad un cavillo fondamentale, ammesso dallo stesso Regolamento (CE) n.1223/2009, che stabilisce:
– Nella formulazione dei prodotti cosmetici possono essere usati come ingredienti sostanze che sono utilizzate anche in altre tipologie di prodotti – come quelli farmaceutici o alimentari per i quali il divieto di sperimentazione non sussiste – e che perciò sono stati testati su animali per ottenere dati di tossicità ed ottemperare alle disposizioni di altre normative.
Le aziende certificate si impegnano inoltre a non utilizzare ingredienti provenienti dall’uccisione di animali, come accade per l’estrazione di alcuni coloranti e proteine.
Dietro le etichette si cela quindi un mondo complesso, e, nel labirinto di paroloni giuridici e incomprensibili terminologie scientifiche – senza contare la spesso dubbia attendibilità delle fonti – rischiano di perdersi anche i buoni propositi dei consumatori più volenterosi di addentrarsi in una ricerca indipendente.
Beatrice Mautino, con “Il trucco c’è e si vede”, ha voluto quindi, da giornalista scientifica, indagare con la criticità che caratterizza il suo campo, per poi svelare, con grande semplicità e chiarezza, le verità dietro quelle apparenze che spesso ingannano.
Sono sicura che dopo aver letto questo libro guarderete i cosmetici con occhi diversi.