Il Trono di Spade si è concluso. Sembra quasi inverosimile tale affermazione, sia per la forza dilagante ottenuta dalla saga che ha segnato la nostra generazione nella cultura popolare, sia per lo stupefacente finale in cui vince l’espediente narrativo “normalizzante”.
Oltre un anno e mezza di attesa, periodo di transito lunghissimo che intercorreva tra la passata, settima, stagione della serie televisiva e i sei episodi che hanno caratterizzato l’attesissima “final season” della stessa. Attesa caratterizzata non soltanto da una febbrile attenzione, canalizzando fan community da milioni di utenti, ma anche e già i numeri che la contraddistinguevano alla vigilia erano mostruosi.
Game of Thrones ( distribuita in Italia, appunto, con il nome de Il Trono di Spade) tratta dalla saga letteraria incompiuta di George R. R. Martin A Song of Ice and Fire (da noi, Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco) aveva garantito record già lo scorso Aprile con la sua prèmiere, la casa di produzione HBO aveva infatti stanziato ben 15 milioni di dollari per ciascun episodio, in netta crescita rispetto ai 5-10 milioni che ci sono voluti per il pilota.
Restando invece al campo mediatico, testimonianza della grande attesa del pubblico la offrono i dati inerenti all’ascolto, su HBO, della première: un numero record di 17,4 milioni di telespettatori, che ha superato a sua volta il precedente record di 16,9 milioni di spettatori di “The Dragon and the Wolf“, episodio finale della settima stagione.
Per il servizio di streaming HBO NOW, inoltre, si è trattata della più grande notte di attività di sempre. Ma anche l’Italia ha subito il fascino del destino della casata Stark con una media di 18,6 % di share e quasi un milione di telespettatori a episodio.
Ma oltre all’attestazione dei grandi numeri non sono mancate polemiche e mugugni, sopratutto della più accanita fan base, rispetto alla risoluzione narrativa della stessa, spesso accusata di approssimazione rispetto a nodi tematici della storia o al destino decretato da showrunner e sceneggiatori rispetto alle sorti dei tanto amati protagonisti.
Sicuramente singolare e “normalizzante” la scelta diplomatica finale, una diplomazia dal sapore del più puro realismo politico che ha visto, a discapito dei protagonisti Jon Snow e Daenerys (anch’ella tramortita da un ruolo durissimo) vedere sul trono Bran, come accettazione del bene supremo di pace, frutto del compromesso e del sacrificio rispetto alla gloria individuale del carisma di altri.
Isaac Hempstead-Wright, che interpreta proprio Bran, era addirittura convinto che il finale del Trono di Spade fosse un scherzo. L’attore, che ha impersonato Bran Stark sin dall’esordio della serie nel 2011, si è ritrovato da storpio e marginale a divenire fondamentale quando il suo personaggio diventa il re di Westeros. E lo fa in maniera così repentina e inaspettata da aver stupito l’interprete stesso.
Ero davvero convinto che fosse uno scherzo e che gli showrunner David Benioff e D.B.Weiss avessero mandato a ciascuno di noi una sceneggiatura fittizia, in cui il nostro personaggio finiva sul Trono di Spade
ha dichiarato Hempstead-Wright a Entertainment Weekly.
Bella, ragazzi. Oh, cavolo, è tutto vero?!
Nel finale arriva la scena cruciale, il Consiglio dei Nobili di Westeros proclama Bran sovrano su suggerimento di Tyrion in un lungo e profondo discorso, eludendo tra l’altro la condanna che su di lui pendeva per alto tradimento alla trapassata regina dei draghi.
Proprio l’attore aveva precedentemente dichiarato che inevitabilmente non tutti sarebbero stati soddisfatti della conclusione della show:
Non tutti saranno felici
ha ammesso l’attore:
È così difficile finire una serie come questa senza far incazzare qualcuno. Penso che nessuno penserà che sia prevedibile. Le persone saranno arrabbiate. Ci saranno molti cuori infranti. È ‘agrodolce’, inteso esattamente come l’autore della saga George R.R. Martin vorrebbe. È una conclusione appropriata per questa saga epica
Claudio Palumbo