“Il treno di cristallo”, il nuovo romanzo di Nicola Lecca edito da Mondadori, è uno scorcio particolarissimo sulla miseria e sulla semplicità della vita.
A volte vivere può diventare un paradosso insormontabile. Altre volte accadimenti imprevisti possono sconvolgere così tanto l’esistenza, da renderla più complessa di quanto si era auspicato o desiderato. Alcune volte, invece, paradosso e sconvolgimento si fondono e il prodotto può risultare strabiliante o terrificante, a seconda della prospettiva. E’ questo il caso de “Il treno di cristallo.”
Aaron Ancic, con due “A”, è il ragazzino protagonista de “Il treno di cristallo” . Umile e gioviale, Aaron, vive con la madre Anja nel piccolo paesino di Broadstairs, sulla coste dell’Inghilterra. Nonostante l’indigenze e la continua lotta contro la depressione cronica di sua madre, Aaron è un ragazzo che si stupisce di molto e si accontenta di poco, fino a quando una notizia inattesa lo priverà del sonno: il padre creduto morto da tempo, gli lascia una misteriosa eredità. Aaron, dunque, si vede costretto a lasciare la tranquilla cittadina dov’è cresciuto e a intraprendere un avventuroso viaggio alla scoperta delle bellezze dell’Europa dell’Est e delle sue origini.
Questo è un romanzo in cui meraviglia e stupore si mescolano ad angoscia e miseria, in un susseguirsi di sentimenti contrastanti e paradossali. La semplicità con cui si mette a nudo l’animo umano è disarmante, quasi scioccante.
Nicola Lecca è “un’artigiano della parola”, così come egli stesso si definisce. Le sue descrizioni sono degli affreschi di vita vissuta, sferzanti e taglienti. Attraverso gli occhi di Aaron, il lettore gira meravigliato l’Europa dell’Est, coinvolto da quel magma di emozioni che solo la curiosità dell’ingenuità può scaturire: Amburgo, Praga, Bratislava, Szentgotthárd, Lubiana e poi giù, fino a Zagabria, la meta finale del viaggio. Ogni città apre a nuovi orizzonti e prospettive, lasciando sensazioni dolce-amare tra ciò che accade e ciò che sarebbe potuto accadere.
La vis narrativa di Lecca è lineare nonostante l’intreccio tra storie e personaggi, e la semplicità con cui avanzano narrazioni e descrizioni rende il racconto essenziale, privo di fronzoli. Le emozioni, anche quelle più turbolente, sono trattante con pratica freddezza, come a voler schiacciare chi legge. Sembra quasi che Nicola dica: “Ecco, è così. E’ brutale, ma è semplicemente così.”
Il paradosso è il filo conduttore di tutto il romanzo: la vita di Aaron è un paradosso, le avventure che vive sono un paradosso, addirittura la depressione di sua madre è un colossale paradosso. Inoltre è una storia retta dai contrasti: l’angoscia per le cose del mondo, l’inadeguatezza ad affrontare la vita stonano con l’ansia di crescere e di scoprire, di gioire anche per le futilità.
Aaron è un ragazzo qualsiasi, la sua storia, per quanto complessa, è la storia di un ragazzo qualsiasi, colpito dalla violenza e dalla brutalità che spesso la vita riserva. Per tutto il romanzo Lecca mette in mostra nero su bianco quello che spesso accade tra le silenziose mura domestiche, inscenando un dramma che si consuma solitario, senza rumore e senza spettatori. Nonostante la beffe del destino, Aaron cerca il su posto del mondo, si sforza di rendersi migliore e di recuperare ciò che gli è stato sottratto.
Alla fine Nicola lascia un messaggio di speranza: nonostante solitudine e rifiuto, nonostante angoscia e paura, a volte per riscattarsi basta cercare la forza di volontà necessaria ad affrontare il destino. Nessuno nasce supereroe. La vita regala mille opportunità: tra spavento e meraviglia, ognuno è libero di coglierle o di lasciarle andare.
Antonia Galise