Il tradimento della Francia alla giustizia italiana: i dieci terroristi rossi resteranno impuniti a Parigi. Così finiscono gli Anni di Piombo

terroristi rossi

Finiscono gli Anni di Piombo. La corte di Cassazione francese mette un punto definitivo ad anni di attesa. I dieci terroristi rossi italiani, rifugiati da decenni a Parigi, resteranno impuniti per i loro crimini. Confermato il rifiuto decisivo all’estradizione, richiesto per lungo tempo dalla giustizia italiana.

Condannati in patria per “atti terroristici” risalenti agli Anni di Piombo, i dieci terroristi rossi potranno rimanere in Francia, il Paese da loro scelto per fuggire dalle proprie responsabilità. Impuniti e al sicuro dai fantasmi dei propri crimini.

La corte di Parigi ha negato in modo definitivo l’estradizione. I dieci terroristi non verranno riconsegnati all’Italia. Due i motivi della decisione, legati ai principi stabiliti dagli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il primo: molti dei rifugiati sono stati giudicati in Italia in loro assenza, di conseguenza non avrebbero avuto la possibilità di difendersi in un nuovo processo. Il secondo: nei decenni trascorsi in Francia, gli ex militanti delle Brigate rosse hanno costruito una vita sociale e famigliare stabile, di conseguenza l’estradizione avrebbe violato il loro diritto a una vita privata.

Ma che ne è dei diritti delle famiglie delle vittime, i cui colpevoli vengono tutelati in un altro Paese?

A riguardo, si è espresso il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio.

Il mio primo commosso pensiero non può che essere rivolto a tutte le vittime di quella sanguinosa stagione e ai loro familiari, che hanno atteso per anni, insieme all’intero Paese, una risposta dalla giustizia francese.

Una giustizia che non solo non è arrivata alle porte dell’Italia, ma è stata accompagnata da commenti d’esultanza: “Quanto mi fa godere la Cassazione francese…”  ha esordito Enrico Galmozzi, fondatore delle Brigate combattenti di Prima linea e condannato per due omicidi.

Una storia che fa arrabbiare, iniziata nell’Aprile del 2021 con l’operazione “Ombre rosse” e l’arresto dei dieci italiani, che ben faceva sperare in un finale differente, tradito da una decisione che fa discutere.

Le reazioni alla decisione della Corte di Parigi

Irène Terrel, avvocato di sei dei dieci italiani coinvolti, ha dichiarato all’Adnkronos:

È un immenso sollievo. Sono veramente molto emozionata. Questa decisione rappresenta la vittoria del diritto a cui ho sempre creduto contro gli smarrimenti politici. È la consacrazione giudiziaria del diritto di asilo e chiude un capitolo lungo quarant’anni.

Aggiunge, invece, Nordio:

Ho vissuto da PM in prima persona quegli anni drammatici. Faccio mie le parole di Mario Calabresi, figlio del commissario ucciso cinquant’anni fa, nella speranza che chi allora non esitò a uccidere ora senta il bisogno di fare i conti con le proprie responsabilità e abbia il coraggio di contribuire alla verità. L’Italia ha fatto tutto quanto in suo potere, perché fosse rimosso l’ostacolo politico che per decenni ha impedito alla magistratura francese di valutare le nostre richieste.

Profonda è la delusione dei parenti delle vittime, le quali continueranno a non avere colpevoli. Mario Calabresi, figlio del commissario ucciso cinquant’anni fa, ha raccontato:

Era un’illusione aspettarsi qualcosa di diverso e, parere personale, vedere in carcere queste persone dopo decenni non ha per noi più senso. Ma c’è un dettaglio fastidioso e ipocrita: la Cassazione scrive che i rifugiati in Francia si sono costruiti da anni una situazione famigliare stabile (…) e quindi l’estradizione avrebbe provocato un danno sproporzionato al loro diritto a una vita privata e famigliare. Ma pensate al danno sproporzionato che loro hanno fatto uccidendo mariti e padri di famiglia. E questo è ancora più vero perché da parte di nessuno di loro c’è mai stata una parola di ravvedimento, di solidarietà o di riparazione.

Maurizio Campagna, fratello di Andrea – un agente della Digos ucciso dai Pac – ha a sua volta dichiarato:

Aspettiamo le motivazioni, nella speranza che la giustizia italiana abbia modo di appellarsi. Si tratta di persone che hanno commesso atti gravissimi in Italia e la Francia, che è un Paese vicino, che fa parte dell’Ue, se ne infischia.

Il giudice Guido Salvini, che si è occupato dei più importanti processi di terrorismo, sottolinea che la decisione francese “Offende le vittime, perché quelli celebrati in Italia sono stati processi equi”.

Ora viene da chiedersi, chi sono questi dieci terroristi italiani? Quali sono i crimini per cui sono stati condannati in Italia e che rimangono impuniti in Francia?

Chi sono i dieci terroristi rossi che l’Italia non può riavere

Di certo, ad essere stati coinvolti in questa vicenda, non sono personaggi di piccolo calibro. Si tratta, piuttosto, di personalità di spicco, veri e propri leader in uno dei periodi più bui della storia italiana: gli Anni di Piombo.




Tra i nomi più noti, vi è quello di Giorgio Pietrostefani. Fondatore di Lotta Continua, è stato ritenuto il mandante dell’omicidio del commissario di Pubblica sicurezza Luigi Calabresi. Condannato in Italia in via definitiva a ventidue anni, in Francia ha mantenuto una residenza regolare e ha sempre lavorato, conducendo quella che il suo amico ed ex leader di Lotta Continua, Adriano Sofri, ha definito “la vita discreta di un vecchio uomo e nonno”. Di origine abruzzese, ormai ottantenne, è da tempo malato. A proposito, Mario Calabresi ha riferito:

Se i giudici francesi avessero detto che Giorgio Pietrostefani non è compatibile col carcere perché anziano e malato avrei compreso e rispettato. Ma la motivazione usata è ridicola perché falsa: lui non è stato giudicato in contumacia, ma ha sempre partecipato a tutti i processi. Nella vita si può cambiare, queste persone lo avranno certamente fatto, e così si può diventare degli ex terroristi, ma non si può pensare che il tempo possa cancellare la responsabilità o la colpa di aver tolto la vita ad un altro uomo.

Ex militante di Autonomia Operaia, Raffaele Ventura – classe 1952 – in Italia è stato condannato a vent’anni di reclusione per concorso morale nell’omicidio del vicebrigadiere Antonio Custra, avvenuto a Milano.

Luigi Bergamin è stato un ex militante dei Proletari armati per il comunismo (Pac). Terrorista veneto, ideò l’omicidio del maresciallo Antonio Santoro e partecipò all’esecuzione di Lino Sabbadin, un macellaio militante del Movimento Sociale Italiano. In Italia è stato condannato a scontare venticinque anni per associazione sovversiva, banda armata e concorso in omicidio.

Ex membro dei Nuclei armati contropotere territoriale, Narciso Manenti, nato nel 1957, è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri, cinquant’anni, assassinato nel marzo del 1979 davanti agli occhi del figlio quattordicenne. L’omicidio avvenne in uno studio medico dove Manenti aveva fatto irruzione con l’intento di sequestrare un dottore che prestava servizio presso gli Istituti penitenziari di Bergamo. In Francia, Manenti ha trovato moglie, casa e un lavoro da giardiniere.

Gli ex militanti delle Brigate rosse, invece, sono sei. Marina Petrella, condannata all’ergastolo per l’omicidio del generale Galvaligi. Dopo aver sposato il brigatista Luigi Novelli, ebbe una prima figlia mentre era in carcere in Italia. Oggi, lavora per un’associazione che si occupa di problematiche legate agli anziani.

In Italia, Roberta Cappelli è stata condannata all’ergastolo per associazione con finalità di terrorismo, concorso in rapina aggravata, concorso in omicidio aggravato, attentato all’incolumità. In Francia ha fatto l’insegnante di sostegno per i bambini disabili.

Giovanni Alimonti, accusato del tentato omicidio di un vicedirigente della Digos, in Italia è stato condannato a undici anni per banda armata e associazione terroristica. In Francia, Alimonti ha lavorato come cameriere e traduttore.

Sergio Tornaghi, in Italia è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Renato Briano, direttore generale della Ercole Marelli.

Ex brigatista rosso, Maurizio di Marzio è stato condannato in Italia a cinque anni per il tentato sequestro dell’ex dirigente della Digos di Roma, Nicola Simone. Il suo nome è legato anche all’attentato verso il dirigente dell’ufficio provinciale del collocamento di Roma, Enzo Retrosi, nel 1981. Oggi, in Francia, fa il ristoratore.

Enzo Calvitti in Italia è stato condannato scontare 18 anni, 7 mesi, 25 giorni e 4 anni di libertà vigilata per associazione sovversiva, banda armata e ricettazione di armi.

La dottrina Mitterrand e la posizione di Emmanuel Macron

Dopo essere fuggiti dall’Italia, i dieci terroristi rossi hanno vissuto in stato di libertà grazie alla dottrina Mitterrand. Non una legge, ma una pratica introdotta negli anni Ottanta dal presidente francese François Mitterrand. A riguardo, diversa è stata la posizione dell’attuale presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, il quale ha dichiarato: “È il rispetto che dobbiamo alle famiglie delle vittime e alla nazione italiana. (…) Le persone di cui stiamo parlando sono state implicate in crimini di sangue e quindi meritano di essere giudicate sul suolo italiano”.

Eppure, la giustizia francese si è espressa in modo opposto: dopo anni di attesa, si chiude la porta alla giustizia italiana.

Angela Piccolomo

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