Alla scoperta del concetto di Tokenismo. Un fenomeno, sempre più diffuso nel mondo cinematografico e nella quotidianità, che promuove simbolicamente l’inclusività, tentando di negare le accuse di discriminazione.
Quante volte siamo stati invitati a una festa e poi ignorati? Oppure, abbiamo fatto parte di un gruppo a scuola, senza sentirci inclusi abbastanza? Potremmo menzionare tanti altri esempi, ma in ognuno di questi l’elemento in comune è una forma di discriminazione velata, ossia il Tokenismo.
Oggigiorno, siamo talmente abituati ad assistere pubblicamente a qualsiasi forma di emarginazione, che diventa difficile riconoscerla quando non è del tutto esplicita. In parole semplici, il Tokenismo è lo sforzo simbolico di accogliere una minoranza, dando l’idea di inclusione sociale, al fine di deviare le accuse di discriminazione.
Chi ha parlato per la prima volta di Tokenismo?
Il fenomeno del Tokenismo, detto anche “teoria della massa critica”, è stato definito per la prima volta da Rosabeth Moss Kanter nel 1977. Secondo Kanter, è una pratica mediante la quale un gruppo di maggioranza accoglie una o più minoranze, al fine di sembrare inclusivo agli occhi altrui. Si può quindi parlare di vero e proprio opportunismo?
Includere significa inserire un “elemento” in un gruppo. In ambito sociale, significa sentirsi accolti: essere membri effettivi di un insieme di persone e poter godere di tutti i diritti. Secondo le parole del filosofo Jürgen Habermas:
«Inclusione non significa accaparramento assimilatorio, né chiusura contro il diverso. Inclusione dell’altro significa piuttosto che i confini della comunità sono aperti a tutti: anche, e soprattutto, a coloro che sono reciprocamente estranei o che estranei vogliono rimanere».
È quindi necessario eliminare ogni forma di discriminazione, affinché la società sia inclusiva.
Il Tokenismo nel campo cinematografico
L’industria cinematografica ha rivestito da sempre una funzione fondamentale, mostrandoci come alcune minoranze abbiano ricoperto una moltitudine di ruoli importanti. Basti pensare a tutti i film e serie tv in cui ritroviamo attori neri, omosessuali e non solo, nelle vesti del protagonista, con il solito tentativo di generare inclusività, sebbene l’obbiettivo reale sia l’esatto opposto.
Così è successo negli anni ’90, con programmi come The Fresh Prince of Bel-Air (1990-1996, Jeff Melman) e Martin (1992-1997, John Bowman). Il protagonista, in entrambe le serie tv, appartiene alla comunità nera, sicuramente una novità a quei tempi, poiché i telespettatori neri non si rispecchiavano spesso nei programmi che vedevano, e le reti hanno usato così questa tattica per capitalizzare su di loro. Questo è un esempio di Tokenismo, perché le reti sapevano che ci sarebbe stato un acquisto maggiore di televisori, grazie alla presenza sullo schermo di attori appartenenti alla medesima minoranza.
Un esempio più recente, che ha fatto molto discutere, è il film La Sirenetta (2023, Rob Marshall), in cui la protagonista è una ragazza nera. Anche in questo caso, scegliere una minoranza etnica, affidandole il ruolo principale, è un’azione ben studiata. L’obiettivo è ricalcare l’idea del politicamente corretto, solo per attirare maggiormente l’attenzione del pubblico, sebbene lo scopo finale non sia la difesa effettiva dei diritti delle persone nere.
La sua rappresentazione nella quotidianità
Nei tre casi precedenti, abbiamo visto come la scelta del protagonista sia ricaduta su una minoranza etnica. Quando parliamo di Tokenismo, la discriminazione velata può essere estesa a qualsiasi categoria, e nella vita quotidiana un esempio molto comune è quella di genere.
Il “Principio di Puffetta” dimostra come si tenda a includere una sola donna in un insieme maschile, sottolineando come la figura femminile esista unicamente in virtù di esso. Infatti, ciò si verifica non solo nei film ma anche nella vita quotidiana. Questa pratica verso la donna non ha il fine di includerla, di farla sentire veramente importante e alla pari del genere maschile, piuttosto di illuderla per evitare di essere accusati di discriminazione di genere.
Possiamo ancora sostenere che il Tokenismo sia un invito all’inclusività? Ponendoci le domande giuste, e grazie agli esempi elencati, è evidente come sia sottile la linea tra la vera inclusione e il Tokenismo.