Di Isabella Rosa Pivot
“Le mestruazioni sono strettamente legate alla sessualità e in particolare ai suoi aspetti estetici e meno gradevoli. Non siamo bambole di plastica, ma corpi fatti di carne e ossa, corpi che hanno odori e secrezioni, corpi che svolgono le loro attività fisiologiche come natura e biologia intendono.”
[Federica Pari – Blog Soft Revolution]
Niente da fare: nonostante le numerose azioni intraprese, il tabù delle mestruazioni persiste e pare non cedere minimamente.
Basta leggere i commenti sotto gli articoli riguardanti le foto postate di recente dall’influencer Leandra Medine. Per chi non conoscesse la vicenda, l’imprenditrice newyorkese ha infatti postato alcune immagini che la ritraevano e che mettevano in evidenza l’abito bianco macchiato di sangue mestruale; sono subito scattate le polemiche e le critiche, anche femminili: “perché mostrare una cosa simile?”, “che bisogno c’era?”, “perché non riportare anche le feci, allora?”.
Non ci si rende conto, che parlare di mestruazioni è molto più necessario di quanto si pensi: innanzitutto per allontanarci da quell’immagine fasulla di femminilità assoluta e perfezione estetica. Da una raffigurazione simile a quella delle bambole di plastica, come ben descritto da Federica Pari.
Ma anche perché, nonostante ogni donna sana sul pianeta abbia il ciclo ogni mese, per tutto l’arco della sua vita fertile, le mestruazioni rimangono un tabù, connesso a qualcosa di “sporco”, da appunto non mostrare e tenere ben celato.
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Coloro che giudicano negativamente la presa di posizione di Medine, sono le stesse persone che si sono scandalizzate per le nuove pubblicità sugli assorbenti, senza comprenderne la lotta che vi sta dietro. La normalizzazione passa proprio dal cancellare ogni scandalo annesso ad un comportamento e/o modo di essere. Le conseguenze negative di questa persistente ricerca del pudore sono talmente tante, che pare assurdo vi siano ancora molte donne a non cogliere la necessità di messaggi tanto importanti.
Ancora nel 2021 infatti, gli assorbenti costano come un bene di lusso, costringendo noi donne a pagare il prezzo di una politica fatta di uomini, poco consapevoli della quotidianità femminile. A tale costo, andiamo ad aggiungere quello eventuale degli antidolorifici e degli anticoncezionali… Per darvi un’idea pratica, una donna media italiana che fa uso di tutti e tre gli elementi, può arrivare ad una spesa mensile di 150 euro e più (senza nemmeno contare le visite mediche connesse). Come può un aspetto naturale, comune a tre quarti degli esseri umani, rivelarsi un peso economico non indifferente e non accessibile a chiunque?
Ma le conseguenze non sono solo monetarie, bensì pratiche e quotidiane. Colpa di tali stereotipi e di un’immagine sfigurata del ciclo, ma anche frutto dell’ignoranza sul tema, noi donne ci ritroviamo spesso in situazioni scomode e insostenibili.
La maggior parte dei luoghi non è attrezzata ancora igienicamente per accogliere le donne quando hanno le mestruazioni. Assenza di pratici distributori, bagni pubblici privi di cestini e appositi sacchetti, o igienizzanti che facilitino la fruizione; addirittura luoghi dove i servizi igienici sono totalmente impraticabili (località marittime e di montagna solitamente), come se le donne non li frequentassero proprio. Tante lettrici si ritroveranno in questo discorso, ricordando situazioni di disagio, eventi mancati e occasioni sfuggite perché il ciclo non lo permetteva.
Ignoranza e totale silenzio: vogliamo continuare su questa strada? Delineato un simile contesto, risulta difficile a chiunque non ammettere la ragionevolezza del concetto “riappropriarsi delle mestruazioni, per riappropriarsi dei propri diritti” promulgato da alcuni movimenti femministi.
Nessuna potrà negare di aver nascosto di avere il ciclo almeno una volta, come fosse qualcosa di cui vergognarsi (di “impuro” e “sporco”) ad amici, parenti, partner o colleghi; o abbia preferito “imbottirsi” di medicinali per evitare possibili ripercussioni esterne e interne alla presenza del ciclo. Una scelta come quella di Medine, di raffigurare un simile “imbarazzo” come situazione ordinaria, permette proprio di scardinare una simile accezione legata al ciclo mestruale. Elimina quel concetto di “puro” costantemente appiccicato alla fronte femminile, che ne marchia gli atteggiamenti e ne limita la libertà.
Se da un lato, girano ancora attorno alla mestruazioni credenze, mistificazioni e stereotipi – come il nervosismo, per nulla comune a tutte e spesso usato come insulto sessista o le difficoltà legate alla sfera sessuale, ancora sussistenti per molti/e -; dall’altro, quando finalmente qualcosa viene fatto per aumentare la serenità attorno a questo evento naturale, ci si scandalizza per l’ennesima volta, invece di incitare al cambiamento.
Secondo la sociologa inglese Sophie Laws, nelle nostre società il tabù delle mestruazioni si è semplicemente trasformato in un bon ton, coerente alla nostra attenzione al pulito e a un corpo idealizzato: non è così difficile darle ragione.
Ci comportiamo, nei confronti del ciclo, come se fosse una bruttura e ne volessimo quasi negare l’esistenza ad ogni costo, o comunque relegarlo a qualcosa di marginale e poco importante, anziché lavorare per un’educazione – sia femminile, che maschile – a tal riguardo.
Il dialogo sulle mestruazioni diventa quindi un concetto chiave nella parità di genere, perché altrimenti è inevitabile che la donna si ritroverà sempre in una situazione di partenza di svantaggio, avendo (oltre a mille altri) un ostacolo notevole nella gestione quotidiana. L’accettazione e l’attuazione di comportamenti e strategie per permettere alle donne di viverlo con serenità, devono rappresentare un passo imprescindibile nelle lotte di genere.
Scusi ma mi permetto, in quanto donna con esperienza 30ennale di mestruazioni, di fare in appunto sulla cifra mensile citata “per una donna italiana media”, tra assorbenti, antidolorifici e anticoncezionali. 16/20 euro anticoncezionale, 4/5 (anche meno) assorbenti, antidolorifico dai 5 ai 9 euro…al di la dell’assurdità di pagare gli assorbenti come bene di lusso (visto che il lusso si sceglie) ma..perchè 150 euro al mese? Grazie