Il sogno tra immaginazione, evento narrativo ed esplorazione dell’io

miti sul sonno

Il processo onirico avviene durante il sonno, in quella condizione in cui si è meno esposti alla luce della ragione. Ma è possibile parlare anche di una ragione del sognare? Cioè, è possibile esprimersi nei termini di una “ragione onirica” e perché dovremmo interessarcene?

Interrogarci su una “ragione onirica” che organizza i nostri sogni significa continuare a esplorare il campo della nostra soggettività e coscienza. Già Platone ricordava che trascorriamo gran parte della nostra esistenza dormendo. Il dormire è forse l’attività che nel corso della vita ci impegna più di ogni altra. Ma come è stata rielaborata l’esperienza del sogno dagli antichi fino ai tempi più recenti? Che tipo di conoscenza si dà quando si dorme? È possibile parlare di una “ragione” nel momento in cui il sogno si costituisce di geometrie causali e caotiche che sembrano non corrispondere a nessuna logica? C’è una verità in questa esperienza o ha solo un valore di finzione?



Dal mondo antico a Freud

Abbiamo una grande trattazione del sogno nella Bibbia, nel mondo antico e nelle profezie del Medioevo. Dal Cinquecento fino agli inizi del Novecento, invece, vige quasi un silenzio, e tutto sembra riemergere successivamente grazie a Freud con l’Interpretazione dei sogni (1899). Annamaria Cavalli, ne Oltre la soglia. Fantastico, sogno e femminile nella letteratura italiana e dintorni (2002), segnala questo cambiamento tra il trattamento del sogno prima e dopo l’inizio del secolo della psicanalisi, e scrive che il Novecento si apriva proprio con il «promuovere, da un lato, il grande slancio della scienza moderna […], e con l’inaugurare, dall’altro, il discorso sull’ermeneutica dell’uomo, in cui l’esperienza onirica svolge un ruolo determinante». Cioè, un cambiamento di paradigma avrebbe portato alla progressiva integrazione della psicanalisi nella sfera del sapere contemporaneo delle scienze umane. Diversi autori si affacciano alla questione, ma Freud è il primo a spiegare come i sogni si costituiscano come «velati appagamenti di desideri rimossi». Per Freud è interessante notare che ha ragione l’opinione popolare quando esige a ogni costo che il sogno abbia una funzione di predizione del futuro: «In verità, il futuro che il sogno ci fa vedere non è quello che accadrà, ma quello che vorremmo accadesse». L’anima popolare, insomma, crede quello che desidera. Freud usa la lettura dei sogni per esplorare l’inconscio. Il sogno è un attivatore della coscienza, è un sussidio della coscienza e propone dei temi che la persona non aveva considerato durante lo stato di veglia. Durante la giornata l’inconscio è attivo e raccoglie informazioni che alla persona sfuggono o potrebbero sfuggire. L’inconscio afferma e ripropone alla persona questi contenuti, come un’amplificazione del campo di coscienza.

Il sogno: immagini e invenzione di mondi

Il pensiero di Freud, come degli scrittori e dei filosofi che l’hanno preceduto e succeduto, ci interroga ancora su quale sia la relazione tra il sogno e la veglia.  Albert Béguin, nell’introduzione a L’anima romantica e il sogno (1937), scrive: «si potrebbe definire con sufficiente profondità ogni epoca del pensiero umano in base alle relazioni ch’essa stabilisce tra il sogno e la vita ridesta». Anche se il sogno sembra essere avere le sue radici in immagini ancestrali, verrebbe continuamente rivitalizzato attraverso la poesia, l’immaginazione collettiva e quella individuale, risvegliate a loro volta da immagini sempre nuove. Pertanto, i sogni hanno valore di finzione in quanto “falsi”, nel senso che rappresentano eídola, immagini delle cose, o almeno possono in qualche misura rappresentarli. In questo senso, come aveva riferito anche Borges, il sogno è legato strettamente alla letteratura. Il sogno è un parente dell’invenzione letteraria. Entrambi hanno a che fare con l’immaginazione, con la creazione di una realtà altra, parallela rispetto a quella in cui viviamo. Gli scrittori fanno di giorno ciò che tutti quanti facciamo di notte: inventano mondi. Il sogno, come la letteratura, è lo spazio in cui l’impossibile si rende possibile, in cui è possibile avere accesso a un mondo nuovo, radicalmente altro, come quello a cui ha accesso Dante attraverso il suo viaggio oltremondano. Il sogno, come la letteratura, è uno scatenamento fantastico, un esercizio dell’immaginazione, uno «scompigli[o] [di] tutte [le] immagini della vita» (Novalis). Ma anche, in un certo senso, una preservazione della propria interiorità attraverso cui è possibile vivere l’esperienza di un altro mondo, restando immobili in questo.

Il sogno e il rapporto con la soggettività

Il sogno è una questione che riguarda l’identità personale. Durante il sonno c’è una coscienza che perde una padronanza su di sé e non si comprende in che modo possa essere considerata responsabile di qualcosa. Il rapporto tra sonno e veglia permette di entrare in un gioco di polarità interessanti: cosa nel sogno posso vivere che nella veglia non posso nemmeno prendere in considerazione? Il sogno in questo caso mi permette di agire oniricamente ciò che nella veglia non riuscirei a vivere e ad agire fino in fondo. Gli uomini conoscono non solo attraverso un sapere logico razionale ma guidati anche da una “favola”, da un sapere “manipolato”, da un’immaginazione. Siamo mossi da desideri che eccedono i limiti di una ragione rigidamente intesa. L’uomo che sogna attiva la forza della sua immaginazione e della sua fantasia. Il sogno ricordato al risveglio diventa un evento narrativo che si fonda su una ricostruzione di quelle immagini sognate. A volte il soggetto che sogna non sa cosa ha sognato, quale era il significato da attribuire al sogno. Nel momento in cui ricostruisco il sogno, ospito nelle mie parole ciò che ho bisogno di esprimere di me stesso anche se non lo capisco. Il sogno è un evento incompreso e preme sulla sua narrazione. Il tema è passare dalla costruzione del sogno durante il sonno alla costruzione durante la veglia di un senso che ricostruisca la trama sognata. Lavorare con il sogno è lavorare con una narrazione con cui provare a sentire il sapore di quello che accadrebbe se il sogno fosse una chiave per entrare nella vita e non nel sonno.

 

Carmen della Porta

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