A Roma, a Via della Penitenza, 3 in Trastevere, equidistante tra lo splendore della Fornarina di Raffaello e l’arido vero di Regina Coeli, c’è una sala minuscola, fatta di specchi e poche poltrone: il Teatro delle Stanze Segrete.
In quello spazio grande poco più che un salotto familiare è possibile assistere, fino al 18 Marzo, a uno degli spettacoli più belli portati in scena negli ultimi dieci anni.
Per i 130 anni di Ecce Homo di Friedrich Nietzsche (il testo, a una lettura superficiale, più prossimo al delirio e quindi, a una lettura profonda, più teso alla verità più estrema, tra quelli pubblicati in vita dal filosofo), è in cartellone Il Sogno di Nietzsche.
Una rappresentazione che non è enfasi definire eccellente.
Uno spettacolo di raro rigore filologico, fatto con nulla (pochissimi accorgimenti di luci e semplici costumi in cui emerge tutta la sapienza delle antiche maestranze), in una saletta piccolissima, eppure in grado di restituire magicamente l’atmosfera (in primo luogo psichica) della vita del grande filosofo.
Si affronta il (casto e mancato) triangolo amoroso con Lou Von Salomé e Paul Rée (interpretati più che degnamente da Adriana Ortolani e Jesus Emiliano Coltorti): maneggiare artisticamente i sentimenti del più abissale dei filosofi è sfida quasi impossibile.
Eppure, il testo, scupolosissimo filologicamente di Marica Boggio, e la messa in scena essenziale di Ennio Coltorti (impressionante dal primo secondo nell’interpretare il filosofo) riescono nel miracolo.
Una gestione dei tempi recitativi impeccabile, un accorto e vertiginoso taglia e cuci filologico in grado di restituire con sommo pudore le estasi altissime e i tormenti abissali di un animo oltreumano.
Uno spettacolo zen per essenzialità, nettamente superiore agli spettacoli in cartellone nei migliori teatri italiani degli ultimi anni.
Erano anni che non uscivo così entusiasta da uno spettacolo teatrale.