Il sistema Montante: cavallo di Troia di corruzione e intrighi di palazzo

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Il Gup di Caltanissetta Graziella Luparello ha rinviato a giudizio 12 degli indagati coinvolti in una delle pagine più nere della storia della Sicilia:  l’ex presidente Sicindustria Antonio Calogero Montante viene accusato di aver gestito una losca e fitta rete di contatti con i vertici dirigenziali e istituzionali della regione, di favoreggiamenti e inquinamento-prove.

Mentre si leggono i nomi di un lungo elenco che riempie l’agenda processuale, ci si sente mancare il respiro, soprattutto quando la vicenda si confronta con i dati del dissesto finanziario della regione, compresa la disoccupazione, l’immigrazione e la povertà.

I big delle istituzioni e il paladino dell’antimafia

Antonello Montante, in carcere dal 24 maggio scorso, ha scelto di essere processato con il rito abbreviato. Sulla sua testa pendono, come una spada di Damocle, reati gravissimi di corruzione, fra cui l’aver pianificato una rete di spionaggio per non essere braccato dalla Procura di Caltanissetta che nel 2016 apriva l’ inchiesta a suo carico:  verranno processati il colonnello dei Carabinieri Giuseppe D’Agata, il sindacalista Maurizio Bernava, gli imprenditori Andrea e Salvatore Calì, le collaboratrici Rosetta Cangialosi, Carmela Giardina, Vincenzo Mistretta, il sottoufficiale di Polizia di Stato Salvatore Graceffa, il dirigente di Confindustria Carlo La Rotonda, il maggiore della Guardia di Finanza Ettore Orfanello, il luogotenente Mario Sanfilippo e, dulcis in fundo ma la lista non finisce qui, il colonello dei Carabinieri Letterio Romeo, accusato di aver distrutto una relazione di servizio.

Nomi altisonanti coinvolti nel “Cavallo di Troia” del sistema Montante, custoditi nel ventre con i loro intrighi di palazzo insieme ad altri indagati, come l’ex presidente del Senato Renato Schifani, o il tributarista Angelo Cuva. Rito abbreviato anche per l’ex comandante della Guardia di Finanza di Caltanissetta Gianfranco Ardizzone, il Commissario Marco De Angelis, il questore Andrea Grassi, il capo della security Confindustria Diego Simone Perricone, il dirigente regionale Alessandro Ferrara.

Resta aperta la seconda inchiesta della Procura di Caltanissetta sui presunti accordi fra Montante e gli allora vertici di Governo come Rosario Crocetta (ex presidente della Regione), gli assessori alle attività produttive Linda Vancheri e Mariella Lo Bello, l’ex presidente Confindustria Giuseppe Catanzaro, che risponderanno tutti delle proprie responsabilità.

Il Cavalier Montante – ricevette anche questa onorificenza – dichiaratosi a gran voce “paladino dell’antimafia“, con il suo cavallo fatto di legno ha percorso tutta l’Italia; nel 2015 era considerato l’uomo più potente della Sicilia, sedeva su di una poltroncina rossa a Palazzo d’Orleans a Palermo, e manovrava una stanza dei bottoni a Roma in Via dell’Astronomia, visti anche gli ottimi rapporti con l’ex ministro Angelino Alfano.

La Sicilia assiste inerme all’apocalisse

L’abuso osceno di potere si confronta con i dati di un territorio in ginocchio che non riesce a riprendersi: il tasso di disoccupazione è al 22%, fra i più alti nella U.E., i poveri sono 600mila (i siciliani i più poveri d’Italia), 25mila giovani sono emigrati, la disoccupazione giovanile sfiora il 58%.

Nel processo Montante l’attuale Presidente della regione Nello Musumeci si costituirà parte civile e la regione quindi chiede un risarcimento danni. Al suo posto, sono le categorie in difficoltà sopracitate, che assistono inermi ai quotidiani dissesti finanziari dell’ isola, che dovrebbero essere risarcite in via diretta e senza intermediari di governo.

Rossella Grasso

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