A poco più di 5 mesi dal sabotaggio dei due gasdotti Nord Stream, tra Russia e Europa, Research Square pubblica uno studio che denuncia la catastrofe ecologica nel Baltico provocata dall’esplosione.
Cos’è successo
Era il 26 settembre 2022 quando nel Mar Baltico, poco distante dall’isola danese di Bornholm, esplodono due gasdotti. Le tubature in questione sono quelle incaricate di traghettare il gas naturale dalla Russia all’Europa, essenziali ai fini dell’approvvigionamento del vecchio continente. Il sabotaggio dei due gasdotti Nord Stream non è sato rivendicato da nessuno ma martedì il New York Times ha fatto trapelare indiscrezioni a riguardo. Ovviamente non c’è ancora nulla di verificato. Le uniche certezze che abbiamo riguardano la catastrofe ecologica nel Baltico provocata dall’esplosione.
L’impatto sull’atmosfera
L’immissione di metano nell’atmosfera è stata di più di 115.000 tonnellate in 6 giorni (tale rilascio ha un impatto climalterante comparabile a 15 milioni di tonnellate di CO2, cioè 1/3 delle emissioni annuali di anidride carbonica dell’intera Danimarca).
Come sappiamo, i gas serra come l’anidride carbonica e il tetraidruro di carbonio (comunemente noto come metano) sono determinanti per quanto riguarda i cambiamenti climatici. In poche parole: una maggior concentrazione di gas serra in atmosfera provoca l’innalzamento delle temperature globali. Ciò causa drastici cambiamenti climatici che sono responsabili di eventi catastrofici sempre più numerosi e violenti con drammatiche ripercussioni sociali, politiche ed economiche.
L’esplosione dei due gasdotti Nord Stream, quindi, non è irrilevante nemmeno dal punto di vista ambientale.
La catastrofe ecologica nel Baltico
Il sabotaggio ha provocato una catastrofe anche sotto le onde del mare. Ed è di questo che si occupa lo studio pubblicato da Research Square. Il quadro tracciato non è dei più rosei. Il team di ricerca, composto principalmente da esperti danesi, polacchi e tedeschi, afferma che i rischi maggiori riguardano la presenza, nell’area compresa tra i due gasdotti, di un deposito di materiali chimici risalenti alla seconda guerra mondiale.
Sono stati seppelliti nel 1947 e non c’era nessun gasdotto a quel tempo. Nord Stream 1, quando è stato installato, è stato appositamente deviato per non passarci sopra e quindi lo circonda da nord. Nord Stream 2, per lo stesso motivo, lo circonda da sud. Un accerchiamento esplosivo.
L’onda d’urto si è propagata in un raggio di 4 km, quindi, ovviamente, l’area del giacimento è stata presa in pieno. Si è sollevato il sedimento del fondale e il materiale chimico in esso custodito. La nube tossica, se così la possiamo definire, si è estesa nel raggio di 20 km ed è rimasta in sospensione per 34 giorni prima di depositarsi nuovamente sul fondale divelto dall’esplosione. Tra i materiali chimici più pericolosi sono stati rintracciati piombo, antrace, mercurio e cesio 137 (radioattivo).
L’impatto sulle specie viventi
Si sono sollevate 250.000 tonnellate di fondale e le acque profonde nel raggio di 11 km sono state dichiarate inaccettabili per la maggior parte delle specie viventi che normalmente le abitano. In particolare foche grigie del Baltico, focene e merluzzi.
L’esplosione fa rumore e per le focene, che come tutti i cetacei fanno dell’ecolocalizzazione il loro spirito guida, essere in prossimità del luogo dell’esplosione significa sordità irreversibile, cioè morte certa. L’ecolocalizzazione, o bio sonar, è quel meccanismo che utilizzano, oltre i cetacei, anche i pipistrelli: gli individui emettono suoni che si propagano nel fluido (aria o acqua che sia), le onde sonore impattano contro un ostacolo e rimbalzano tornando al mittente.
Tutto questo significa orientamento, comunicazione e cibo. In una parola: vita. Un cetaceo privato dell’ecolocalizzazione è come un essere umano privato improvvisamente di vista e udito.
Il pericolo si attenua man mano ci si allontana dall’epicentro dell’esplosione ma il botto può provocare danni all’udito delle focene fino a 50 km di distanza. Potrebbe andare peggio? Sì. Le focene sono, infatti, una specie a rischio estinzione. Si contano solo 500 esemplari nel Baltico. Perciò, la perdita di ogni singolo esemplare è drammatica per la loro intera popolazione.
Per le foche va un po’ meglio, non facendo uso del bio sonar, l’esplosione non provoca danni irreversibili al loro udito. Per loro, il pericolo maggiore è stata l’onda d’urto che ha investito ogni essere vivente entro i 4 km dall’esplosione.
I merluzzi, invece, si recano nell’area interessata dal disastro durante la stagione di riproduzione (maggio – settembre) auspicabilmente, quindi, la popolazione di questi pesci non doveva essere molto numerosa. Il rischio che però materiale tossico abbia raggiunto esemplari femmina, uova e nuovi nati è presente e non trascurabile.
I conflitti armati hanno un severo impatto sulle vite umane ma impattano anche sull’ambiente.
Una catastrofe sotto tutti i punti di vista
Certamente l’impatto del sabotaggio al Nord Stream è stato rilevante da ogni prospettiva.
- In primis da quella geopolitica: i delicati equilibri Russia – Europa sono stati messi a dura prova.
- Poi, da quella economica: i prezzi del gas sono schizzati alle stelle con tutte le dirette conseguenze.
- E infine, la prospettiva di cui nessuno parla: quella ambientale.
In un mondo sempre più fragile, ogni singolo evento umano può avere conseguenze sul clima e, certamente, la catastrofe ecologica nel Baltico si farà sentire perché, come si può leggere nello studio: i conflitti armati hanno un severo impatto sulle vite umane ma impattano anche sull’ambiente.