Cosa rimane a centosedici anni di distanza, di un regicida?
Cosa rimane di quello che per alcuni è un volgare assassino, mentre per altri è un eroe?
Cosa resta di un’ideologia come l’anarchismo e la sua eredità culturale nel nostro paese?
Mi verrebbe da dire poco, oppure che io non ho le conoscenze per affrontare un argomento tanto importante. Ma ogni volta che, per lavoro, mi ritrovo a passare a fianco di questo monumento che vedete in foto, a Carrara, non riesco a non provare un moto di rispetto.
La storia di Gaetano Bresci da Prato è nota ai più: nasce in una famiglia di umili ma non umilissime origini, lavora, diventa un attivista anarchico, finisce in carcere per oltraggio e rifiuto di obbedienza alla forza pubblica e, dopo l’amnistia, se ne va negli Stati Uniti.
Laggiù si stabilisce a Paterson nel New Jersey dove lavora una grande comunità di italiani emigrati e di anarchici. Continua a essere attivo per i diritti degli operai e seguiva con attenzione le proteste e le repressioni che subivano i suoi compagni in patria. Poi accadde la strage di Milano a opera del generale Bava Beccaris: le cannonate sulla folla affamata per il caro pane, centinaia di morti.
Ma la goccia che fece traboccare il vaso fu l’onorificenza militare con cui il re Umberto I insignì il generale, un premio per le sue “imprese” di ordine pubblico.
Qui la vicenda assume un tono epico, romantico. Deciso a far giustizia, il Bresci parte per l’Italia. Compra una pistola e si allena al poligono, salda i suoi debiti sparsi per la Penisola e poi,una sera d’estate, a Monza, dove il re era in vacanza, gli spara tre colpi, uccidendolo.
Si consegnerà ai carabinieri senza fare resistenza.
Bresci morì in carcere un anno dopo in circostanze misteriose. Si dice che venne trovato appeso con un asciugamano al collo, ma Sandro Pertini durante l’Assemblea Costituente ebbe a dire che Gaetano era stato picchiato a morte da tre guardie carcerarie: a un “delitto contro lo Stato” si era risposto con un “delitto di Stato”.
Non ci sono informazioni precise sul suo luogo di sepoltura del regicida e il dossier redatto da Giolitti sul caso Bresci non è mai stato ritrovato.
Gaetano Bresci è un personaggio difficile, pare far parte di un mondo diverso. Le sue parole dopo la cattura furono:
«Ho attentato al Capo dello Stato perché è responsabile di tutte le vittime pallide e sanguinanti del sistema che lui rappresenta e fa difendere. Concepii tale disegnamento dopo le sanguinose repressioni avvenute in Sicilia in seguito agli stati d’assedio emanati per decreto reale. E dopo avvenute le altre repressioni del ‘98 ancora più numerose e più barbare, sempre in seguito agli stati d’assedio emanati con decreto reale.»
Alessandro Benassi