“Il reato di tortura non si tocca”: Amnesty Italia lancia un appello al presidente del Senato

Amnesty Italia difende il reato di tortura.

Amnesty international Italia lancia un appello rivolgendosi direttamente all’attuale presidente del Senato, Ignazio La Russa, chiedendo di respingere ogni ipotesi di modifica o revoca del reato di tortura.

L’allarme di Amnesty Italia ha lo scopo di difendere il reato di tortura dall’eventuale abrogazione o da qualsiasi modifica che possa essere applicata a tale pena, violando l’importanza dell’introduzione di tale crimine nel Codice Penale italiano.

I due disegni di legge attualmente in discussione al Senato

A Palazzo Madama, sono in discussione due disegni di legge. Uno prevede una modifica di tale decreto e l’altro punta all’abrogazione, declassando la tortura ad aggravante comune.

La modifica del reato di tortura è prevista nel disegno di legge suggerito dal Movimento 5 Stelle, al quale si aggiunge un testo proposto da Fratelli d’Italia che ne congiunge l’abolizione.




Con l’abolizione prevista dalla proposta di Fratelli d’Italia, che sottintende di conseguenza la derubricazione ad aggravante comune, si elimina la punibilità di chi utilizza la tortura come uno strumento di sopraffazione e, quindi, ciò risulta rischioso e non conforme con l’etica collettiva.

Un risultato simile potrebbe presentarsi anche con una modifica, definita “migliorativa”, del decreto attualmente in vigore. Il rischio, qui, è quello di rallentare o eliminare i processi e le procedure già in corso e di far cadere in prescrizione i reati, come dichiarato anche dal Garante nazionale delle persone private della libertà personale.

Il reato di tortura difeso non solo da Amnesty Italia

Insieme ad Amnesty Italia, anche le associazioni A Buon Diritto e Antigone si sono schierate per difendere il testo attualmente approvato, ribadendo la necessità di non apportare modifiche o abrogare questa legge in vigore.

L’appello congiunto  sottolinea anche il dovere dello Stato italiano di continuare ad impegnarsi e perseguire chi utilizza la tortura come strumento di sopraffazione, esattamente come era stato sollecitato al nostro Paese dalla Corte europea dei diritti umani e da altri organismi internazionali durante il periodo in cui tale reato non faceva ancora parte del nostro ordinamento penale.

Infatti, il testo pubblicato da Amnesty Italia ribadisce come ci siano voluti 30 anni per introdurre il reato di tortura nel Codice Penale italiano, di fatto inserito ufficialmente solo nel 2017, e che rappresenta una fondamentale conquista nell’ambito dei diritti umani.

Le dichiarazioni dei portavoce in difesa del reato di tortura

Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia afferma che:

 Ci sono voluti quasi 30 anni per inserire nel codice penale la parola tortura, e potrebbero volerci anche solo 30 giorni per cancellarla. Un passo indietro così grave sarebbe in totale contrasto con la Convenzione Onu contro la tortura e, oltre ai danni che produrrebbe rispetto ai procedimenti già in fase di svolgimento, rappresenterebbe una macchia sulla reputazione internazionale dell’Italia”.

Patrizio Gonnella, Presidente di  Antigone, dichiara:

“Da quando è stato introdotto il reato sono numerosi i procedimenti che abbiamo visto nascere per le torture (o presunte tali) avvenute nelle carceri italiane. Da Santa Maria Capua Vetere a San Gimignano. Da Torino a Ivrea. Sono aumentate anche le denunce, perché, sia tra le persone detenute che anche all’interno della stessa amministrazione penitenziaria, si è diffusa l’idea che non debbano esistere spazi di impunità. Per questo, abolire la legge rischia invece di mandare un messaggio opposto e di far ripiombare il carcere nel sistema opaco che lo caratterizzava fino a pochi anni fa”.

Infine, Luigi Manconi, presidente di A Buon Diritto ribadisce le affermazioni dei colleghi:

 “Nonostante i suoi limiti, il reato di tortura, approvato nel 2017 con un ritardo di trent’anni dalla ratifica italiana della Convenzione delle Nazioni Unite, stia svolgendo una funzione efficace: di sanzione nei confronti di trattamenti inumani e degradanti e di dissuasione rispetto alla tentazione di comportamenti violenti tanto diffusi, in particolare all’interno delle istituzioni totali. L’attuale fattispecie non va modificata, perché sarebbe inevitabile una soluzione peggiore e una misura di sostanziale impunità verso i possibili e i presunti torturatori”.

Per concludere, quindi, l’approvazione dei disegni di legge proposti rappresenterebbe un arretramento nella tutela dei diritti umani dello Stato italiano e metterebbe a rischio la punibilità di tutti coloro che ricorrono alla tortura, togliendo di fatto la possibilità di avere giustizia alle vittime che subiscono tali atti violenti.

Andrea Montini

 

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