Il report sulla disabilità getta di nuovo luce sul sistema sanitario

Il report

Il 25 maggio di quest’anno è stato reso pubblico il rapporto Osservasalute a cura dell’Osservatorio Nazionale sulla salute nelle regioni italiane. Il rapporto, tra gli altri, rende noti i numeri riguardanti le persone con disabilità più o meno gravi per l’anno 2021. È bene prendere in considerazione questi dati non solo in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, celebrata lo scorso 3 dicembre (ricorrenza, però, anche molto criticata).

Alcuni dati

All’interno del rapporto, che si sviluppa per 670 pagine, si studiano anche dati riguardanti l’impatto epidemiologico in medicina generale, l’assistenza territoriale e la salute mentale. Tra i vari documenti, si considera il report sulla disabilità, che si basa su indicatori presi dall’Istituzione Nazionale di Statistica nel 2019. L’individuazione della popolazione di riferimento è stata possibile grazie a statistiche europee e tramite l’European Disability Measurement Project. Il quesito, il Global Activities Limitations Indicator, è servito per individuare persone che, a causa di limitazioni più o meno gravi della durata minima di 6 mesi, si trovano in difficoltà nello svolgimento di attività quotidiane.

Il numero di persone disabili ammonta a 12 milioni, il 27% della popolazione italiana, al cui interno si rileva una lieve maggioranza femminile (il 52,71%). Del totale, il 58% sono persone che hanno superato la soglia dei 65 anni di età, mentre gli under 65 compongono il 14,1%. Uno spartiacque significativo è il nucleo famigliare in cui le persone disabili vivono: l’84,95% afferma di vivere in famiglia, contro il 15,05% che vive solo. I due dati più significativi sono però quelli che si concentrano sulla fruizione del sistema sanitario: se e quando il campione analizzato fa ricorso a prestazioni sanitarie.

“Persone con limitazioni gravi e non gravi nelle attività quotidiane che vivono in famiglia che rinunciano a prestazioni e cure sanitarie”

Dal rapporto sulla disabilità emerge una percentuale non indifferente di persone che si trova costretta a rinunciare completamente a visite, esami (specialistici e non) e prestazioni mediche. La motivazione principale è di tipo economico: spesso queste persone non sono in grado di pagare visite, che vanno da trattamenti dentistici a terapie psichiatriche. Dividendo la popolazione in due categorie, chi “senza limitazioni” e chi “con limitazioni”, la discrepanza che emerge tra i due gruppi è significativa.

Si prenda come dato di partenza quello nazionale: le persone senza limitazioni che non usufruiscono del sistema sanitario per ragioni economiche è del 6,91%. Chi fa lo stesso, ma con limitazioni più o meno gravi, è il 15,72%. La differenza tra i due dati è quindi dell’8,81%. È necessario confrontare questo dato, per dargli significatività in termini pratici, con le statistiche delle varie regioni. La regione con la differenza percentuale minore è l’Emilia-Romagna, con una discrepanza tra i due gruppi “solo” del 2,1%. Considerando le spese – in termini medici – costanti e rilevanti che una persona con una malattia, ad esempio cronica, deve affrontare, questo numero è un dato sicuramente incoraggiante. Il dato “peggiore” emerge invece dalla statistica sulla popolazione della Sardegna. Rinunciano per motivi economici a visite mediche è il 10,18% della popolazione senza limitazioni contro il 20,92%, vale a dire una persona su cinque.

Dalla tabella si evince come in ogni regione ci sia una tendenza negativa che si concretizza nell’impossibilità pratica di usufruire del sistema sanitario. Nel contesto generale, si nota come le regioni più “colpite” siano quelle meridionali, con l’aggiunta di Lazio e Abruzzo.

“Persone con limitazioni gravi e non gravi nelle attività quotidiane che vivono in famiglia che dichiarano di aver ritardato il ricorso a prestazioni o cure sanitarie”

Il dato sulla rinuncia alle visite mediche per motivi di tipo economico si arricchisce e permette una panoramica più ampia se letto congiuntamente a quello riguardante il ritardo nel ricorso a prestazioni o cure sanitarie. In questo caso si analizzano le conseguenze di liste di attesa troppo lunghe, disponibilità (limitata) dei mezzi di trasporto o difficoltà causate dalla distanza.

Di nuovo, si parte dal dato nazionale di riferimento, diviso nel gruppo delle persone senza e con limitazioni. Per quanto riguarda il primo, la percentuale delle persone senza limitazioni che comunque non hanno accesso alle cure è il 10,15%. Tra coloro con limitazioni, la percentuale sale al 21,29%. Il divario tra regioni è, di nuovo, molto ampio. Da una parte troviamo la Valle d’Aosta, rispettivamente, con 7,27% e 22,32%, con un discrimine del 4,83%. Dall’altra, la provincia autonoma di Trento, con il notevole discrimine di 16,57%.

Una buona notizia: lo stanziamento di fondi

Quelli appena analizzati sono solamente uno squarcio della situazione italiana rispetto a questo problema. Ci sono ovviamente misure che mirano a migliorare la condizioni delle persone con disabilità, a partire da miliardi di euro di fondi stanziati. Tra tutti, se ne ricordano tre.

In primis, i 19,83 miliardi di euro contenuti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Di questi, 11,22 miliardi sono da destinarsi ad “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore”. In particolare, 0,5 miliardi sono da investire in “Percorsi di autonomia per persone con disabilità”, in cui si spinge per l’aumento dei servizi domiciliari e per lo sviluppo di soluzioni domestiche adatte alle singole esigenze.

In secondo luogo, il “Fondo per le politiche in favore delle persone affette da disabilità”. Nella stesura della legge di bilancio 2022 si sono infatti stanziati 50 milioni di euro da investire, ogni anno dal 2023 al 2026, per il riordino e la sistematizzazione di politiche e misure di sostegno. In questo contesto, particolare spazio è stato dato a iniziative riguardanti il disturbo dello spettro autistico.

Per ultimo, il decreto del 26 novembre 2022, ilFondo per il diritto al lavoro dei disabili, in auge dal 1999. La misura si occupa appunto di favorire l’assunzione di persone portatrici di disabilità, riservando complessivamente per il 2022 76.220.440 euro. Nonostante la cifra, però, stando sempre alle statistiche del 2019, solo l’11,9% è effettivamente impegnato nel mondo del lavoro.

Due problemi principali alle spalle del report sulla disabilità

Per quanto la Giornata internazionale delle persone con disabilità sia lodevole, così come lo sono tutte le misure che vogliono migliorare le loro condizioni, alcuni problemi emergono comunque.

Il primo potrebbe essere definito come un “problema sistemico” tutto italiano. Il modus operandi del governo – non uno specifico in questo caso – è un aumento di liquidità piuttosto che dei servizi. Questo vuol dire che non si mette mano in modo consistente al sistema sanitario e alle strutture, preferendo invece immettere denaro direttamente nelle tasche degli interessati. Questa misura non è da condannare “in sé”, vista comunque l’insufficienza dei redditi e delle pensioni delle persone disabili per coprire le spese. È criticabile dal momento in cui non opera un vero miglioramento a livello pubblico, una sistemazione reale dei servizi a disposizione. Questa misura, infatti, non aumenta il numero di ambulatori.

Un secondo problema, legato a doppio filo al precedente, riguarda la privatizzazione del sistema sanitario. È emerso con particolare rilevanza durante la pandemia di Covid-19 nella regione Lombardia. Nel caso di emergenza, infatti, la tendenza avviata già con la presidenza Formigoni ha portato alla luce la preponderanza di enti sanitari privati. Questo è un segnale negativo per due ragioni: da una parte, l’accesso alla salute diventa appannaggio solo di chi quell’accesso può pagarlo; dall’altra, si indeboliscono le risorse (economiche) del sistema pubblico, che diventa quindi lento, sovrappopolato (di pazienti) e quindi inevitabilmente inefficiente.

Alice Migliavacca

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