Il raddoppio del Canale di Suez e il silenzio degli indecenti.
il 6 agosto il Presidente Egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha inaugurato il “raddoppio” del canale di Suez, un’impresa faraonica che in effetti raddoppierà letteralmente il traffico navale da e per il Mediterraneo e non solo.
Per la sua realizzazione erano stati previsti tre anni, ma ne è bastato uno solo, e il costo è stato di appena (si fa per dire) 8,2 miliardi di dollari.
C’erano tutti: capi di stato, sovrani e autorità da tutto il mondo; non è mancato neanche il primo ministro greco Tsipras che di certo vede in quest’opera un’ottima opportunità per il rilancio dei porti greci, in special modo per quello del Pireo. A rappresentare l’Italia c’era il ministro della difesa Pinotti, che è un po’ come mandare Gasparri alla festa dell’Unità.
Perché non ci è andato il nostro premier? Eppure adora svolazzare in giro per il mondo a snocciolare il suo straordinario slang. Ah dimenticavamo! Il salvatore d’Europa è impegnato a risolvere a cambiali di parole la questione del mezzogiorno per i piagnoni del sud.
Perché allora non mandare Gentiloni? Gira voce – ma non ne siamo certi – che sia addirittura ministro degli esteri. Poveraccio è sempre in garage. E’ depresso, non esce mai, si sta tristemente incartapecorendo. Renzi non lo fa neanche giocare a Risiko per non illuderlo, gli dovesse venire la voglia di visitare la Kamchatka!
Qui gatta ci cova! L’ampliamento di un’opera così importante e strategica per i paesi costieri del mediterraneo doveva esser salutata con giubilo ed entusiasmo, occupare le prime pagine dei giornali, rallegrare i mercati. Allora perché è passata sotto traccia? Perché se ne parla così poco?
Le agenzie del mondo hanno fatto a gara per accaparrarsi l’esclusiva, ma la stampa italiana l’ha snobbata; sì, un trafiletto qua e là, dotti e inutili riferimenti al rifiuto verdiano che poi portò all’Aida, agli antichi progetti dei faraoni e i sogni di Napoleone, ma niente più di questo. Pallide e secondarie note di colore nello sbiadito e anonimo panorama del giornalismo italiano.
La domanda dunque resta: perché è passata in sordina una notizia epocale che, oltretutto, raddoppierà il traffico di merci nei nostri porti?
Non ci è dato saperlo. Forse l’articolo non interessa, forse il Governo si è offeso perché non è stato chiesto a Giovanni Allevi di realizzare un tema musicale per l’occasione (uno a caso, tanto sono uguali tutti), forse Renzi ci è rimasto male perché l’opera è stata realizzata in un solo anno e credeva di averne altri due per iniziare a masticare l’arabo. Qualunque sia la ragione di tale silenzio non possiamo conoscerla! Mettiamoci il cuore in pace
Certo, a ben vedere i costi e i tempi del raddoppio del canale di Suez non ci fanno fare bella figura. Ma come? Si fa una cosa del genere e non solo rientrano nei costi ma ci mettono un terzo del tempo previsto? Chi crede di essere l’Egitto, la Finlandia?
Ora facciamo un piccolo raffronto con le nostre grandi opere per avere una pallida idea di quanto gli egiziani sono stati più bravi di noi.
Il Mose, opera incompiuta da tempo immemore (Craxi pensava di finirlo per il 2000), ci è costato solo di mazzette a vario titolo un miliardo di euro, mentre il costo complessivo si aggira intorno ai 5,6 miliardi di euro. Ma siamo fiduciosi, l’opera è compiuta solo all’87%, ai voglia di mangiarci ancora su.
Passiamo alla tanto discussa Tav. Il costo a carico dell’Italia del tratto di alta velocità tra Torino e Lione – oramai anacronistico – nel 2006 era stimato intorno ai 17 miliardi di euro ma oggi è lievitato a 35 miliardi (nel frattempo si è pensato bene di associarvi anche altre opere di contorno).
Ma non ci fermiamo qui, parliamo anche di Expo’; un altro esempio dell’eccellenza italiana travolta da scandali e intrallazzi. L’evento destinato a farci fare bella figura nel mondo (va detto che una “certa figura” l’abbiamo comunque fatta). Per Expò in origine era stato preventivato un costo di 3,2 miliardi di euro, ma – nonostante i ritardi, i padiglioni camuffati e l’asfalto non rifinito – si è saliti alla modica cifra di 14 miliardi di euro. Niente male no? Proprio una bella figura.
Ma finiamo questo breve ma – ahinoi – non esaustivo elenco con la signora di tutte le autostrade, il fiore all’occhiello delle grandi opere all’italiana: La Salerno-Reggio Calabria, una striscia di asfalto e intrallazzi e criminalità organizzata che da cinquant’anni allieta il nostro amore per l’indecenza. Soffermiamoci però solo sugli ultimi 28 anni, non vogliamo infierire oltre: nel 1987 la sola ristrutturazione di 447 chilometri costava quasi un miliardo di euro, dieci anni dopo (1997) quattro miliardi ma si stima che lieviterà fino alla cifretta di nove miliardi di euro.
In definitiva le opere pubbliche in Italia, tra grandi e piccole, tra irrealizzate e, alcune, solo progettate (vedi ponte sullo stretto che rappresenta ancora una voce di spesa), sono arrivate a costarci la bellezza di 278 miliardi di euro.
Adesso sì che il raddoppio del canale di Suez realizzato in un terzo del tempo al modico prezzo di 8,2 miliardi di dollari ci fa fare una bella figura di m….!