Cosa ci lasciano gli 80 anni di Berlusconi che, da destra a sinistra, dalle Tv ai giornali, dai social agli spot Mediaset, tutti hanno festeggiato in questi giorni? In una ricca analisi del personaggio Berlusconi e di quello che era il suo entourage di dame e cortigiani negli anni d’oro, il docente di Sociologia della Comunicazione Federico Boni nel libro “Il Superleader” di qualche anno fa mette in evidenza, tra i punti chiave, lo sconvolgimento dei confini tra privato e pubblico operato da Berlusconi prima nelle sue televisioni e poi su se stesso e per estensione su tutta la politica italiana. Dopo averci addolcito il veleno con succhi di frutta a base di fantomatiche storie d’amore costruite ad arte e sbattute nelle case degli Italiani e dopo aver rotto il velo tra vita intima e dominio pubblico, il Cavaliere ha applicato gli stessi canoni alla comunicazione politica e istituzionale. E sappiamo com’ è andata: lui ha aperto la strada, seguito dagli altri da destra a sinistra.
Fin qui siamo alla “rottura” della sacralità e della differenza tra ribalta e retroscena di goffmaniana memoria. Che non è nuova ed è semplicemente arrivata in Italia con qualche anno di ritardo: basti pensare al Reagan attore che mostrò a tutti gli Americani step by step l’evoluzione del suo tumore o allo stile di rottura del giovane Tony Blair. Se fosse arrivato fin qui lo sconfinamento del privato nel pubblico, Berlusconi non avrebbe fatto altro che accellerare quei processi comunicativi in atto altrove e che hanno riguardato tanto la destra quanto la sinistra. Così come non ci saremmo certo strappati le vesti se il conflitto pubblico – privato avesse riguardato esclusivamente il campo della politica economica, magari seguendo l’orientamento neoliberista che andava da Reagan alla Thatcher. Se fosse stato così, nulla di nuovo sotto il sole.
Con il Cavaliere si attua un mix micidiale che non solo sconvolge i tradizionali confini tra pubblico e privato, ma subordina il primo al secondo. Se il motto del liberalismo dovrebbe essere quello di ridurre al minimo la presenza del pubblico, con Berlusconi paradossalmente questo principio si inverte: si utilizza il pubblico per fini esclusivamente personali. Che il pubblico sia la legge ad personam o la possibilità di collocare amici e amici degli amici nei posti chiave, lo strascico del berlusconismo esaspera quel latifondo culturale che attanaglia il nostro Paese: usare il pubblico per fini privati.
Che si tratti di occupare una sala di biblioteca come se fosse un locale di pizzeria per tenere una riunione, che si tratti di costruire progetti di carta per qualche amico che “tiene famiglia”, che si tratti di forme di pseudoassociazionismo privato che arrivano a gestire servizi pubblici con costi lievitati rispetto a quelli sostenuti dal pubblico tout court, la logica è sempre la stessa: si può usare lo Stato per soddisfare i propri appetiti e i propri desideri.
E la sinistra ci è andata a nozze, sfruttando questo sistema come gli altri ma edulcorandolo con la propaganda di un falso egualitarismo. E’ il sistema che sta dietro a cooperative ed associazioni rosse, che forse avranno moralizzato con il Cavaliere ma tremano di fronte alla possibilità di troncare questi intrecci in maniera definitiva e magari nuotare nel mercato come i comuni mortali.
Se Reagan diceva che “lo Stato era il problema”, la morale berlusconiana ci svela che può essere invece la soluzione di tanti problemi. Ovviamente problemi privati. E in questa commisstione in cui non si capisce pià nulla, dove finisca il pubblico e inizi il privato, ci inseriamo anche buoni sentimenti e dispiaceri privati da risolvere ovviamente con soldi pubblici. E a tutti i livelli la spinta partita da Arcore continua. Saltati tanto i termini del “pactum subiectionis” di Hobbes quanto la suprema istanza etica di Hegel, non rimane che quello Stato senza diritto che Agostino chiamava “una banda di briganti”.
Se le cose stanno così, Berlusconi ha vinto. Vincerà ogni qualvolta il pubblico si piegherà ad assecondare desideri e interessi privati, pretendendo di avere ragione perché “è la nipote di Mubarak” o perchè “erano ragazze che avevano bisogno di aiuto”. Rimettendo al giudizio divino la vita e la coscienza dell’uomo Silvio Berlusconi, interroghiamoci su dove ci porterà lo strascico di questi anni.