Negli ultimi anni non sono stati fatti passi in avanti nella riduzione del pregiudizio di genere, “radicato” nelle società nonostante le campagne per i diritti delle donne come il MeToo. A riportarlo è l’ONU tramite un’indagine del programma UNDP, il quale stima che quasi il 90% della popolazione mondiale ha almeno un pregiudizio di genere.
Il pregiudizio di genere è “radicato”
L’Enciclopedia Treccani definisce il pregiudizio come “Idea concepita sulla base di convinzioni personali e prevenzioni generali, senza una conoscenza diretta dei fatti, delle persone, delle cose, tale da condizionare fortemente la valutazione, e da indurre quindi in errore“. Il pregiudizio di genere non è altro dunque che un’idea errata dell’altro genere basata su puri stereotipi, senza una correlata fondatezza dei fatti. E nel 2023 questi esistono ancora, non solo, giocano anche un ruolo non troppo secondario nella nostra società.
Il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, UNPD, ha condotto un’indagine dalla quale emerge chiaramente come nell’ultimo decennio non ci siano stati progressi riguardo alla riduzione di questi pregiudizi di genere, nonostante il verificarsi di innumerevoli campagne a sostegno dei diritti delle donne e dell’abbattimento degli stereotipi, oltre che all’avvento di numerosi movimenti sociali come il Me Too. Per dimostrarlo sono stati utilizzati i dati forniti dal World Values Survey, progetto internazionale che analizza come cambiano valori e credenza nel mondo, l’UNPD ha stimato che circa il 90% della popolazione mondiale ha almeno un pregiudizio di genere e che questi “pregiudizi sono diffusi tra uomini e donne, suggerendo che sono profondamente radicati e influenzano uomini e donne in misura simile”. Ad oggi quasi la metà della popolazione mondiale (49%) crede ancora per esempio che gli uomini siano leader politici migliori delle donne e solo il 27% crede che sia essenziale per la democrazia che le donne abbiano gli stessi diritti degli uomini. Quasi la metà della popolazione (46%) crede che gli uomini abbiano più diritto a un lavoro e un’analoga percentuale (43%) crede che gli uomini siano leader aziendali migliori. Un quarto della popolazione ritiene inoltre giustificabile che un uomo picchi la moglie e il 28% ritiene che l’università sia più importante per gli uomini. I dati sono stati raccolti in 80 paesi, coprendo circa l’85% della popolazione mondiale.
Tutti questi pregiudizi costituiscono di fatto delle barriere per le donne e portano a violazioni dei loro diritti. “Senza affrontare queste norme sociali di genere, non raggiungeremo l’uguaglianza di genere o gli obiettivi di sviluppo sostenibile”, avverte il rapporto. “Le norme sociali che limitano i diritti delle donne sono anche dannose per la società nel suo insieme, frenando il progresso nello sviluppo umano”, dichiara Pedro Conceição, direttore dell’Ufficio per i rapporti sullo sviluppo umano dell’UNDP. “Tutti vinceranno se la libertà e il potere delle donne saranno garantiti”.
Una mentalità anacronistica
Pare impensabile che nel 2023 solo il 27% della popolazione esaminata ritenga utile alla democrazia che le donne abbiano gli stessi diritti degli uomini. Eppure questo è il mondo in cui viviamo. Certo, il rapporto UNPD ha osservato come questo “stallo” dei pregiudizi si verifichi in un contesto di declino dello sviluppo umano in generale, legato in particolare alla situazione derivata dal Covid-19, ma questa visione non è certo frutto esclusivo della pandemia. La mentalità della “donna al servizio dell’uomo” o della donna brava massaia, che in teoria dovrebbe essere una cosa superata, è più viva che mai ed è fortemente radicata in varie culture. Pensiamo alle società imperniate sulle principali religioni monoteistiche, non solo l’Islam attenzione ma tutte e 3 le religioni, queste, coerentemente ai loro Testi Sacri, hanno un retaggio culturale che prevede una predominanza dell’uomo sulla donna e che purtroppo non è stato superato, portando alla situazione rilevata dell’UNPD. Limitiamoci ad esaminare il nostro paese. Quanti conoscono qualcuno, magari un nonno, che sostiene che sia per forza la donna a dover occuparsi della casa, a badare ai figli o a dover svolgere tutte quelle “prerogative tipicamente femminili”, non potendo fare magari carriera perché non ne sarebbe in grado? Credo tutti.
Il problema fondamentale è che questi sono stereotipi culturali, radicati a fondo nella nostra cultura, e non così semplici da eliminare. Immaginiamo ora che questa nostra base culturale sia radicata anche in altri stati, più grandi e più popolati, e che si diffonda ulteriormente. Ecco, capiamo bene come mai il problema è ancora attuale e di portata globale. Occorre cambiare questa mentalità se volgiamo una società davvero egualitaria, ma non si deve partire dai “boomer“, è difficile sradicare un’idea da chi con questa ci è nato e ci ha convissuto per tutta la sua vita; occorre educare i giovani perché capiscano che, pur differenti, uomini e donne devono avere li stessi diritti.
Marco Andreoli