Di Federica Fabrizio
La mitologica creatura dell’influencer tra evoluzione dei social network, i soliti commenti carichi di disprezzo e il pregiudizio.
Internet è uno spazio che ha incoraggiato tantissime persone a prendere parola in merito a questioni più varie. C’è chi usa i canali social per condividere ricette vegane, chi per fare politica, chi ancora per parlare di moda e, a prescindere dall’argomento di interesse, ognuno può potenzialmente influenzare il pensiero di altre persone.
Prima dell’avvento dei social network questa opportunità non era offerta allo stesso modo a tutti, perché purtroppo anche avere l’occasione di far sentire la propria voce è un privilegio rivolto a pochi.
O meglio, lo era.
Nel passato, lo spazio pubblico dedicato al dibattito per eccellenza era il classico salotto televisivo. Gli influencer del passato erano persone che lavoravano in tv, e per lavorare in tv non potevi essere proprio chiunque. Per guadagnarti quello spazio dovevi rispettare i canoni richiesti dalla tv. Ovviamente le regole da rispettare variavano a seconda che tu fossi uomo o donna. Nel secondo caso, nella maggior parte dei casi, dovevi accettare di ridurti a mero oggetto di scena.
Oggi ritagliarsi un proprio posto nel web è a tutti gli effetti più semplice, ciò ha offerto a molte più persone la possibilità di esporsi. Persone che fino a ieri non avevano uno spazio in cui far valere le proprie opinioni, ora lo hanno.
Nasce così la figura dell’influencer, creatura mitologica che pare esistere solo dietro lo schermo di un telefono, ma che ormai da anni vive indisturbata tra noi, svolgendo il suo nuovo strano lavoro virtuale, pubblicando fotografie e pagando le tasse.
Eppure, anni di esercizio di convivenza con i moderni influencer sembrano non esserci serviti a spogliare questo termine inglese da tutti i pregiudizi che si porta dietro. Perché le nuove regole dettate dall’influencer marketing non sono bastate a smantellare le vecchie regole di stampo patriarcale con cui conviviamo, in realtà, da molto più tempo.
L’influencer marketing è infatti un’economia ad altissima presenza femminile, situazione ribaltata rispetto ad altri settori, che ha rimescolato le carte sul tavolo. Nessuno si aspettava che così tante donne in massa avrebbero potuto lavorare, garantirsi indipendenza economica e autodeterminarsi postando una foto in costume su instagram.
Comprenderete dunque perché da qui in poi parlerò al femminile.
Influenzare un pubblico è ritenuto da molti un meccanismo subdolo che ha come scopo un tornaconto personale (mero profitto, fama) e che deve sottostare alle logiche di uno sfrenato consumismo.
Il pregiudizio e lo stereotipo dell’influencer descritta qui sopra senza dubbio esiste. Ma come ogni stereotipo, racconta solo una parte di verità e lascia fuori una grande fetta di donne che utilizzano i social in maniera differente. In entrambi i casi, tutto ha a che fare con le persone interessate a ciò che l’influencer condivide, i suoi modi di fare e di ragionare, le sue idee o la sua immagine. Se non ci fosse pubblico interessato, non ci sarebbe l’influencer.
Se ho qualcosa da dire e un gruppo di persone più o meno ampio che mi segue e si fida di me, sarà naturale influenzarlo.
Come dicevamo, i contenuti creati e pubblicati attraverso le piattaforme social sono vari. Eppure nella sezione commenti dei post di due influencer diverse, che si occupano di temi molto diversi, avremo altissime probabilità di leggere messaggi molto simili.
Sarà molto facile trovare commenti denigratori che offendono l’influencer in quanto donna, non in quanto creatrice di un contenuto con cui possiamo non essere d’accordo. A quanto pare gli attacchi non sono quasi mai mirati ai contenuti quanto all’immagine che l’influencer da di sé, a come posa davanti alla fotocamera dello smartphone.
Se parli di diritti umani ma nella foto che posti sei in costume su una spiaggia, automaticamente l’argomento di interesse è il tuo corpo, e per quello verrai giudicata.
Ultimamente ho notato la pericolosa tendenza all’ipergiudizio del corpo femminile e della sua rappresentazione sui social, tanto da far nascere delle vere e proprie pagine che si occupano della ricerca di fotografie di influencer più o meno famose e dell’investigazione circa le modifiche che queste possono aver apportato alla foto.
Perché, ovviamente, nessuno può accettare che un’imprenditrice digitale si restringa il punto vita con Photoshop, vero?
Il sistema patriarcale continua a sminuire l’operato di tantissime donne sui social, con lo scopo di silenziare le loro voci, in questo caso raccontandoci che se ti ritocchi le foto non sei degna di essere presa sul serio.
Chi vorrebbe farsi raccontare la trama di un libro da un’influencer che usa il filtro per ingrandire le labbra? Oppure ancora, se ritocchi le foto con quale diritto pensi di poter parlare delle elezioni americane?
A nessuno pare importare delle competenze che una donna può avere, se poi si scatta un selfie.
La verità è che si tratta di un circolo vizioso che tende a screditare il lavoro e l’impegno di tutte, fino al punto che la professione influencer, proprio in quanto mercato prevalentemente femminile, non è mai stato preso troppo sul serio. E la deriva social del patriarcato sono proprio quei commenti pungenti, cattivi e, diciamolo, talvolta misogini.
A contribuire a questo fenomeno si aggiunge la tendenza a cercare difetti nelle altre donne per riuscire a convivere meglio con i nostri. Tendenza che personalmente non faccio fatica a comprendere e che potrebbe sembrare addirittura utile in un primo momento, ma in un attimo si trasforma in vera ossessione per i corpi delle altre.
Senza dubbio guardare tutto con occhi critici ci aiuta a renderci conto che la perfezione che vediamo sui social in realtà non esiste, ma dobbiamo imparare a fare a meno di ricercare ossessivamente il difetto nelle altre, lavorando un bel po’ su di noi.
Non dimentichiamoci mai che dietro lo schermo ci sono donne che, con ogni probabilità, hanno le nostre stesse difficoltà nell’accettare il proprio corpo.
La verità è che per quanto un’influencer possa provare a ignorare commenti e insulti, pagine denigratorie e utenti maleducati, si sentirà sempre giudicata.
E la cosa che fa più male è che la maggior parte delle volte non verrà giudicata per quello che dice o per quello in cui crede, ma per il suo corpo. Verrà giudicata in quanto donna.
Ridurre una donna al suo corpo è il modello d’azione tipicamente patriarcale, vogliamo davvero essere parte attiva dello stesso sistema che opprime anche noi?