Il Portogallo ha promosso una legge sull’eutanasia divenendo così il quarto Stato facente parte dell’Unione Europea ad aver provveduto ad aggiornare la propria legislazione in materia. Dopo Olanda, Belgio e Lussemburgo, infatti, anche la nazione guidata dal Primo ministro socialista Costa, ha approvato una norma che sancisce la possibilità di porre fine alla propria esistenza in casi di “situazioni di estrema sofferenza” e quando le condizioni cliniche non prevedano la possibilità di cura.
Il prossimo paese europeo ad andare in questa direzione legislativa potrebbe essere la Spagna dove lo scorso Dicembre è stata approvata una legge sull’eutanasia dalla Camera bassa.
La norma portoghese, che prenderà il nome di “Legge per la morte medicalmente assistita”, è il risultato di un lungo percorso.
Essa, infatti, è stata approvata dall‘Assemblea della Repubblica dopo tre anni di discussione pubblica ed è stata ricavata dall’unione di diverse proposte prese in considerazione negli ultimi undici mesi all’interno delle Commissioni affari costituzionali, diritti e libertà.
Anche il dibattito interno alla società civile è stato molto acceso.
Il Portogallo è un paese tradizionalmente e profondamente cattolico. Non è una sorpresa, quindi, che le associazioni confessionali, che spesso concepiscono il diritto alla vita in senso conservatore, si siano fatte particolarmente sentire.
La conferenza episcopale, che si è resa megafono delle posizioni più contrarie all’approvazione della legge sul fine vita, aveva chiesto che la norma in questione fosse sottoposta a referendum. Alla fine, però, ha prevalso la linea di chi preferiva che la sua approvazione avvenisse esclusivamente tramite voto parlamentare.
Il margine di approvazione della legge è stato molto ampio.
I voti a suo favore sono stati 136, mentre quelli contrari si sono fermati a 78. Solo quattro persone si sono astenute durante la votazione. La norma è stata portata avanti soprattutto dalla convinzione del Partito socialista ed è stata supportata anche dal Bloco de esquerda e dai Verdi.
Nonostante il successo parlamentare l’opposizione dei vescovi non ha cessato di esistere.
La conferenza episcopale locale ha espresso “tristezza e indignazione” per quello che ha definito come un testo di legge incostituzionale in quanto contrario al diritto alla vita espresso nella carta fondativa della società portoghese.
Secondo il mondo cattolico, inoltre, il principio affermato dalla decisione delle istituzioni popolari del Portogallo segna
una rinuncia ad alleviare la sofferenza e trasmette l’idea sbagliata che la vita segnata dalla sofferenza e dal dolore non merita più protezione e diventa un peso per se stessi, per chi ci circonda, per i servizi sanitari e per l’intera società.
Il contenuto della legge sull’eutanasia approvata in Portogallo, però, dimostra che i suoi promotori non hanno voluto sminuire il valore della vita e non hanno sottovalutato il peso della scelta di chi, trovandosi in condizioni di irrimediabile e “duratura sofferenza”, decide di porre fine alla propria esistenza.
Quello che la norma si propone di fare è depenalizzare un certo tipo di decisione, renderla normativamente disponibile alla cittadinanza.
Lo Stato portoghese, cioè, ha voluto dare ai propri cittadini la possibilità di definire autonomamente il significato del valore della propria vita e, nel fare questo, ha anche stabilito dei parametri e delle rigide procedure attraverso cui l’eventuale scelta di morire può essere compiuta.
Prima di tutto, infatti, l’eutanasia viene resa disponibile solo per gli individui che hanno un’età superiore ai 18 anni.
La persona che intraprende il percorso di fine vita, come già accennato, deve trovarsi in una condizione “di estrema e durevole sofferenza” e deve essere afflitto da una malattia per cui non sono previste possibilità di cura.
La scelta dovrà essere originata da un’iniziativa autonoma del paziente che sarà tenuto a dimostrare di averla compiuta con lucidità e consapevolezza. Chi volesse disporre del diritto all’eutanasia, inoltre, dovrà presentare la richiesta per sottoporsi alla pratica per cinque volte.
L’iter avverrà sotto la supervisione di diverse figure mediche professionali. Anche il comportamento dei medici che assistono i pazienti verrà controllato e monitorato da commissioni tecniche.
Tutto il personale sanitario coinvolto nel percorso di fine vita avrà sempre la possibilità di avvalersi dell’obiezione di coscienza.
Insomma, l’accesso alla possibilità di morte attraverso l’eutanasia è tutt’altro che immediato. Tale pratica, inoltre, lontanissima dall’essere obbligatoria, nemmeno può costituirsi come oggetto di esortazione da parte della società o del personale di assistenza sanitaria.
La norma, comunque, non ha ancora completato il suo percorso attuativo.
Il suo destino si trova adesso nelle mani del Presidente della repubblica Marcelo Rebelo de Sousa che ha a disposizione venti giorni per firmarla, rimandarla allo studio della Corte costituzionale o porvi un veto.
De Sousa, convinto cattolico, non si è finora mai pronunciato riguardo il contenuto della “Legge per la morte medicalmente assistita”.
Silvia Andreozzi