Il polmone verde della terra, la Foresta Amazzonica, è ancora in fiamme. Ad alzare la voce è la FAO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura. Dal report annuale emerge che ogni quattro alberi abbattuti nelle aree tropicali e subtropicali, tre cadono per far posto all’agricoltura. L’indagine mostra che negli ultimi 25 anni solo una ventina di Paesi sono riusciti a migliorare i livelli nazionali di sicurezza alimentare preservando la copertura forestale. Solo dodici di questi, tra cui Algeria, Cile, Cina, Marocco e Vietnam, hanno aumentato la copertura forestale di oltre il 10%.
Il verde è vita
Le foreste racchiudono l’80% delle specie vegetali e animali viventi sul pianeta. Solo 1/3 della terra è coperto da foreste e solo 5 Paesi ne sono coperti: Russia, Brasile, Canada, Stati Uniti e Cina. La copertura forestale è il principale regolatore climatico del pianeta. Ma negli ultimi 30 anni sono stati deforestati 420 milioni di ettari di terreni, corrispondenti più o meno all’intera superficie dell’Unione Europea. L’Amazzonia continua a segnare il più alto record di incendi, nonostante le accese proteste della popolazione indigena con la solidarietà degli abitanti di tutto il mondo.
Il polmone verde si sta annerendo e anche l’UE ha le sue colpe
La lussureggiante foresta amazzonica sta assumendo le sembianze della steppa. Il punto di non ritorno è segnato dall’aumento degli incendi del 60% nel 2020. Ma la deforestazione avviene a care spese: la combustione rilascia ingenti quantità di carbonio responsabili di aggravare l’effetto serra, accelerando drasticamente i cambiamenti climatici e il loro esito distruttivo. Il motivo della deforestazione è la conversione di foresta in terreno da sfruttare per monocolture e allevamenti intensivi. È il mercato dei i Big Four a provocare questo circolo vizioso: soia, manzo, olio di palma e industria del legno. Resta l’allevamento del bestiame il maggiore driver di deforestazione in America Latina, occupando 75 ettari di terreno. L’UE finanzia il 10% della deforestazione importando i prodotti derivati dal disboscamento, in particolare dall’allevamento. C’è di più: un quinto della carne bovina importata nell’Unione è frutto di un’attività illegale.
l’Italia dal canto suo, è l’importatore per eccellenza di materie prime a rischio deforestazione. Parliamo di legname, carni, soia, olio di palma, caffé, cacao, cuoio e altro ancora.
La FAO paladina della sostenibilità
Il direttore generale della FAOJosé Graziano da Silva, davanti ai risultati del rapporto ha annunciato l’impossibilità di guardare alla sicurezza alimentare e alla gestione delle risorse naturali separatamente. Non abbastanza passi avanti sono stati fatti oggi che il pianeta sta scontando una situazione di crisi senza precedenti. Il report annuale della FAO ha acceso i riflettori sullo spreco alimentare, suggerendo soluzioni sostenibili appellandosi al buon senso degli Stati. Spreco e perdita sono facce della stessa medaglia e solo il ritorno alla retta via della sostenibilità può porvi un freno.
Elena Marullo