Il piano di Biden per Gaza: doppiogiochismo o impegno umanitario?

piano di Biden per Gaza

Vice President Joe Biden visit to Israel March 2016 Meet with PM Benjamin Netanyahu

Il doppiogiochismo americano dell’assistenza umanitaria mentre si continua a garantire supporto militare ad Israele, rinunciando ad attuare tutti quegli strumenti di pressione che potrebbero arginare la violenza. Il piano di Biden per Gaza cerca ipocritamente di distanziarsi dalle disastrose ripercussioni umanitarie che la guerra condotta da Israele sta causando sui civili.

Mentre 2,2 milioni di palestinesi lottano quotidianamente per cercare di sfuggire alla morte, sotto i colpi non solo delle bombe e dei missili israeliani, ma anche della carestia provocata dall’embargo conseguente all’assedio di Gaza, il presidente statunitense, pur non venendo meno alla sua linea filoisraeliana, e anzi, sostenendo il proseguimento delle operazioni militari, ha annunciato l’intenzione di mobilitare l’esercito americano in un progetto umanitario d’emergenza nell’enclave assediata. Il piano di Biden per Gaza prevede la realizzazione di un molo temporaneo per permettere l’accesso degli aiuti umanitari.

Il piano di Biden per Gaza pone dei problemi logistici

Il piano di Biden per Gaza, oltre ad essere molto costoso, richiede il dispiegamento di circa 1000 soldati americani che per settimane, o addirittura mesi, saranno impiegati nella costruzione del molo che dovrebbe comprendere anche una passerella galleggiante, dalla lunghezza di circa 550 metri, che lo congiungerà alla terraferma.

Il molo, secondo le intenzioni americane, deve creare un collegamento marittimo tra Gaza e Cipro, proprio dall’isola infatti proverrebbero le navi con gli aiuti umanitari, e paradossalmente sempre dallo stesso luogo provengono anche le armi elargite dagli americani ed usate da Israele per seminare morte e distruzione.

A svolgere i controlli sul materiale in partenza saranno sempre gli israeliani che potranno a propria discrezione bloccare buona parte dei carichi come già sta avvenendo a sud della striscia di Gaza, al confine con l’Egitto, dove centinaia di camion ricolmi di aiuti umanitari sono fermi mentre la gente a pochi chilometri continua a morire di fame. Senza contare il fatto che le postazioni di polizia addette alla protezione dei convogli umanitari siano state anch’esse bombardate dall’esercito israeliano, rendendo così impossibili le consegne in sicurezza via terra degli aiuti destinati alla popolazione di Gaza.

Il nodo della distribuzione degli aiuti

Un altro aspetto da attenzionare nel piano di Biden per Gaza è la distribuzione dei viveri alla popolazione, ci si domanda infatti a chi spetterebbe tale compito visto che l’amministrazione americana non intende autorizzare il personale militare ad entrare a Gaza per provvedere allo scarico degli aiuti, gli apparati di sicurezza locali sono stati drasticamente dimezzati a causa dei bombardamenti e l’UNRWA, l’agenzia ONU che finora si è occupata di fornire assistenza ai rifugiati palestinesi rischia il totale smantellamento poiché alcuni suoi funzionari sono stati accusati da Israele di collaborazionismo con Hamas.

Quindi non c’è nessuno, eccetto gli stessi militari israeliani, che possa scortare le imbarcazioni a riva assicurandosi del corretto arrivo a destinazione. Per non parlare del rischio concreto che gli stessi convogli umanitari vengano bombardati, come già capitato, agli aiuti giunti via terra.

La fame e la disperazione comprensibilmente spingono la popolazione ad assaltare i convogli per provare a portare via quanto più cibo possibile, farina o acqua, o qualunque altra cosa sia indispensabile per la sopravvivenza. I precedenti dimostrano che l’esercito israeliano non si pone alcuno scrupolo morale, nemmeno quando si tratta di aprire il fuoco su gente disperata e affamata che si aggrappa a quei carichi di aiuti come all’ultima speranza di salvezza.

Il piano di Biden per Gaza e il supporto militare americano a Israele

La dichiarazione di Biden Gli Stati Uniti hanno guidato gli sforzi internazionali per ottenere più assistenza umanitaria a Gaza e ritengono che proteggere e salvare vite innocenti deve essere una priorità” è rivelatrice di un’ambiguità che spinge ad interrogarsi su quali siano gli obiettivi effettivi dell’amministrazione americana, visto che fin dal principio ha foraggiato la campagna militare israeliana inviando munizioni e armi.

Nel piano di Biden per Gaza, come fa l’assistenza umanitaria ad essere un obiettivo prioritario dal momento che si continua ad armare la mano di chi è artefice della mattanza di innocenti?

Una domanda lecita davanti all’evidenza che gli Usa pur detenendo vari strumenti di pressione per fermare la furia violenta di Israele, tuttavia abbiano finora rinunciato a metterli in atto, preferendo fornire un supporto quasi incondizionato a Netanyahu nella sua lotta spregiudicata contro Hamas, sforzandosi però ipocritamente di dare l’impressione di voler prendere le distanze dalle disastrose conseguenze umanitarie che la violentissima condotta bellica israeliana sta irrimediabilmente provocando sulla popolazione di Gaza.

Eppure sarebbero diverse le vie che gli Stati Uniti potrebbero intraprendere per “salvare vite innocenti” visto che stando alle parole di Biden, questa è la priorità dell’amministrazione americana.

Nello specifico, ci sarebbero tre strumenti efficaci che potrebbero alleviare nell’immediato la drammatica situazione patita sulla propria pelle dalla popolazione di Gaza, senza dover attendere le lunghe tempistiche che la realizzazione del molo richiede.

In primis, fare pressioni sul governo israeliano per permettere l’ingresso nella striscia dei numerosi camion carichi di ingenti quantità di aiuti umanitari, al momento bloccati al valico di Rafah.

Cessare di valersi del potere di veto ogni volta che in sede ONU si cerchi di fermare la guerra condotta da Israele

Porre fine all’invio di aiuti militari alla potenza alleata che sta perpetrando l’aggressione armata.

Il paradosso americano consiste invece nel far credere di avere a cuore la difesa dei palestinesi, ma continuando a dare man forte a chi da mesi sta annientando migliaia di vite innocenti.

Come emerge da due inchieste condotte dal Washington Post e dal Wall Street Journal, a partire dal 7 ottobre, gli Stati Uniti hanno effettuato circa 100 trasferimenti di armi in piccoli lotti a vantaggio di Israele, sebbene solo due di questi siano stati resi pubblici dall’amministrazione Biden, che si è avvalsa dei poteri di emergenza per evitare che il provvedimento passasse al vaglio del Congresso.

Negli USA è stata giustamente evidenziata l’ambiguità del piano di Biden per Gaza, visto che da una parte si continua a finanziare la guerra israeliana ai danni della popolazione palestinese e dall’altra invece si finge di preoccuparsi per la gravissima crisi umanitaria scaturita proprio dal desiderio d’Israele di sfogare la propria furia omicida sui civili inermi. Il presidente americano ha replicato che pensa “debbano concedere un po’ di tempo a questa faccenda”.

Concedere tempo ad Israele per perpetuare la strategia di morte, prolungare i massacri di massa e bombardare a tappeto ogni centimetro della striscia di Gaza.

Per i gazawi ogni attimo perduto dimezza le loro possibilità di sopravvivenza.

Nel piano di Biden per Gaza invece, prendere tempo significa poter recuperare terreno in vista delle prossime elezioni e ripulirsi la coscienza macchiata irrimediabilmente dalla sua complicità alla politica genocidaria portata avanti dagli alleati israeliani.

 Jenny Favazzo

 

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