Sul sito dell’Università di Cambridge è stata diffusa la notizia della pubblicazione su Astronomical Journal di una ricerca condotta in collaborazione con scienziati dell’Università Americana di Beirut che propone una teoria alternativa al Pianeta Nove per spiegare le perturbazioni nel moto di alcuni oggetti esterni del Sistema Solare.
Ma facciamo il solito passo indietro, gli astronomi teorizzano la possibilità di un pianeta molto più distante dal Sole rispetto a Nettuno e Plutone da molto tempo, la presenza di un grande pianeta è una possibile spiegazione delle osservazioni relative ai moti della vasta e studiatissima popolazione di TNOs (oggetti trans-nettuniani) effettuate a partire dal 2003.
La storia delle ipotesi dell’esistenza di un ulteriore pianeta ai margini del Sistema Solare per spiegare discrepanze orbitali degli oggetti conosciuti è lunga, prima ci fu il misterioso Pianeta X dove la X stava appunto per incognita anche se il fatto che ai tempi Plutone non era stato ancora retrocesso al rango di pianeta nano causava la coincidenza che X (in numeri romani 10) poteva alludere anche al decimo pianeta, ma non si trattava della stessa esigenza, in quel caso da spiegare c’erano apparenti irregolarità nell’orbita di Nettuno. In seguito si è scoperto quanto siano affollate di oggetti (alcuni di dimensioni ragguardevoli) quelle estreme regioni del Sistema Solare. Fatto sta che il Pianeta Nove come il teorico predecessore è rimasto tale (teorico) finora è sfuggito a qualsiasi osservazione e la fiducia degli scienziati nel continuare a cercarlo sta nella convinzione che il Pianeta Nove è davvero necessario per spiegare le osservazioni sulle orbite dei suddetti oggetti trans-nettuniani.
A fianco a quella dell’esistenza del Pianeta Nove esisteva però anche una teoria alternativa che sosteneva che un disco ghiacciato formato di detriti di piccole dimensioni fusi insieme potesse allo stesso modo spiegare le dinamiche gravitazionali osservate ed eliminare il bisogno del Pianeta Nove.
I ricercatori, fra cui spiccano il giovane Antranik Sefilian dottorando in matematica applicata e fisica teorica a Cambridge e Jihad Touma, suo professore all’università americana di Beirut, hanno approfondito questa ipotesi alternativa costruendo dei modelli (complice un nuovo incontro per un seminario all’università di Beirut), i loro modelli sono arrivati a stabilire il range entro cui dovrebbe essere compresa la massa del suddetto disco e altri paramenti come l’eccentricità e l’orientazione affinché il disco possa eliminare la necessità del Pianeta Nove.
Anche se i calcoli fossero giusti questa non è una prova della non esistenza del Pianeta Nove ma solo del fatto che non sia necessario per spiegare le osservazioni, è un fatto però che grazie ai moderni telescopi siamo in grado di scrutare sempre meglio quelle remote regioni del nostro Sistema Solare, tanto da conoscere abbastanza bene gli oggetti di piccole dimensioni che vi si trovano ma il misterioso Pianeta Nove (ovviamente più grande) finora avrebbe eluso ogni ricerca.
Roberto Todini