Il pavimento del Duomo di Siena è tornato visibile con i suoi suggestivi disegni. La scopertura della pavimentazione all’interno della cattedrale è avvenuta lo scorso 17 agosto e i marmi rimarranno visibili al pubblico fino a mercoledì 7 ottobre 2020. Solo un mese e mezzo, dunque.
La scelta di un’apertura limitata è finalizzata a preservare la fragilità delle opere conservate. Normalmente, il pavimento della cattedrale senese è coperto con fogli di masonite e viene liberato solo in determinati periodi dell’anno. In genere dopo la corsa in piazza del Campo che si tiene il giorno dopo Ferragosto.
La storia
Giorgio Vasari ha definito il pavimento del Duomo di Siena il“più bello, grande e magnifico che sia mai stato fatto”.
L’opera fu iniziata nel Trecento ed è andata avanti fino all’Ottocento. Ci sono voluti 500 anni e molti artisti per elaborare quest’opera d’arte formata da 56 tarsie il cui messaggio richiama costantemente la Sapienza.
Il Duomo costituisce uno dei più importanti esempi di arte romanico-gotica italiana. L’attuale cattedrale sorge sulle spoglie di una prima chiesa di IX secolo dedicata a Maria. L’attuale costruzione risale, invece, al 1200 e conserva numerosi capolavori scultorei (opere di Nicola e Giovanni Pisano), opere pittoriche e vitree come la vetrata di Duccio di Buoninsegna o quella del Ghirlandaio.
La tecnica
La tecnica utilizzata dai vari artisti è quella del commesso marmoreo e del graffito. Le prime tarsie furono tratteggiate sopra lastre di marmo bianco con solchi eseguiti tramite scalpello e trapano, riempiti, successivamente, con stucco nero. Questa tecnica prende il nome di “graffito”. Poi si aggiunsero marmi colorati accostati assieme: questa tecnica è chiamata “commesso marmoreo”. Oltre 50 in tutto, i cui cartoni preparatori utilizzati dagli artisti, quasi tutti senesi, fra cui il Sassetta, Domenico di Bartolo, Matteo di Giovanni, Domenico Beccafumi, oltre che dal pittore umbro Pinturicchio, autore del celebre riquadro con il Monte della Sapienza.
I mosaici e le simbologie
Nella Sala dei Cartoni è visibile la celebre pianta del pavimento del Duomo disegnata da Giovanni Paciarelli nel 1884, che permette di avere un quadro d’insieme delle tarsie e del percorso fino all’altare maggiore.
La visita si apre con l’iscrizione d’ingresso che invita ad entrare “castamente” nel Virginis templum, ovvero la casa di Maria: castissimum virginis templum caste memento ingredi. Di qui partono una serie di riquadri che ricoprono tutta la pavimentazione.
Nella navata centrale compare l’Ermete Trismegisto, il fondatore della sapienza umana assieme alle Sibille rappresentate nelle navate laterali.
Le Sibille sono dieci (cinque per ogni navata) e prendono il loro nome dai luoghi di pertinenza geografica: Persica, l’Ellespontica, l’Eritrea, la Frigia, la Samia, la Delfica, la Libica per l’Africa, la Cumea o Cimmeria, la Cumana e la Tiburtina.
Più avanti, lungo la navata centrale, ci troviamo di fronte alla Lupa (simbolo medievale della città di Siena) che allatta i gemelli, circondata da otto tondi con gli emblemi di città centro-italiane.
Segue la tarsia di Pinturicchio: la personificazione della Fortuna raffigurata come una fanciulla nuda con in mano una cornucopia e un’insegna con una vela. Mentre sulla vetta del monte, che i saggi cercano di raggiungere, è un’altra figura femminile: la Sapienza o la Virtù.
L’allegoria è piuttosto intuibile: il percorso verso la Sapienza è difficile, ma giunti alla fine si consegue la serenità.
Nel transetto e coro si narra, invece, la storia del popolo ebraico con soggetti provenienti dal Vecchio Testamento.
Il pavimento del Duomo di Siena è ricco di interessanti simbologie. Alla sua lavorazione hanno partecipato alcuni fra gli artisti più influenti di un’epoca e la sua fragilità, il fatto che possa essere visitato soltanto per un paio di mesi l’anno, contribuiscono ad accrescerne il valore.
Maria Luisa Ancona