Navigando tra i vari social network non sono mancati in questi giorni critiche e commenti all’ultimo spot antidroga targato governo Meloni. Sulla stessa linea dello spot uscito a giugno che vedeva come protagonista l’ex allenatore della nazionale Roberto Mancini, la nuova campagna del Dipartimento per le Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio sembra non godere di gran successo.
Andato in onda a partire dal 21 novembre sulle reti Rai, lo spot mette in scena un ragazzo intento a “rollare una canna” che viene avvicinato da un altro ragazzo che lo mette in guardia circa la pericolosità del gesto, motivando la critica con la classica teoria sulla cannabis come “droga di passaggio”, smentita da tempo da studi come quello del National Epidemiological Study of Alcohol Use and Related Disorders. Subito dopo, una voce fuori campo spiega che ogni anno migliaia di persone entrano in pronto soccorso per patologie direttamente legate al consumo di droghe e che circa una su dieci è minorenne. La scena si conclude con lo slogan “butta via la droga, non la vita”.
La banalità dello spot e la superficialità con cui si affronta l’argomento sul consumo di sostanze stupefacenti sono state rese ben note dalle similitudini fatte online con la famosa serie italiana uscita nel 2007 “Boris”, dove la frase “la qualità c’ha rotto er cazzo” del protagonista Renè Ferretti riassume bene l’amara realtà a cui gli spettatori vengono sottoposti.
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Il target dello spot dovrebbe essere la popolazione più giovane, ma i toni con cui viene trattato l’argomento sembrano rimasti ancorati agli anni ’80. Si ripropone infatti il solito atteggiamento paternalistico, impersonato prima da Roberto Mancini nella campagna antidroga lanciata a giugno con lo slogan “tutte le droghe fanno male” e in cui non si fa la minima distinzione tra sostanze stupefacenti, poi dal ragazzino del secondo spot che, nonostante la giovane età pronuncia frasi molto adulte come “l’ho visto con i miei occhi”. Ma precisamente, cosa?
Si tratta infatti di campagne che risultano ridicole agli occhi dei più giovani, basate su stereotipi ormai datati e che soprattutto spostano l’attenzione dai dati relativamente più importanti, ad esempio l’aumento del consumo di droghe legali come l’alcol o il gioco d’azzardo. Secondo la relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia (la stessa da cui provengono i dati citati nello spot), circa 1milione e 900mila studenti tra i 15 e i 19 anni consumano alcol, per il 33% dei quali si è trattato di un consumo elevato che ha portato all’intossicazione alcolica. Mentre per il gioco d’azzardo diffuso su internet, nel 2022 ha interessato circa la metà degli studenti tra i 15 e i 19 anni.
Stando all’european drug report 2023, in Italia circa il 10.2% della popolazione tra i 15 e i 64 anni fa uso di cannabis. Si tratta di circa 6 milioni di persone. Confrontando questo dato con l’accesso ai pronto soccorso per patologie droga-correlate, di 8.152 accessi, quelli legati ai cannabinoidi si registrano intorno al 6,2% (circa 500 persone). Le percentuali più elevate sono quelle relative a cocaina (24,3%) e oppiacei (20,1%). L’uso della cannabis in uno spot antidroga non ha altro scopo che demonizzare la sostanza e diffondere volontariamente informazioni fuorvianti. Non informa sulla pericolosità delle droghe e non educa al consumo responsabile (come si fa ad esempio con alcol e sigarette), pertanto non lo previene.
Nonostante la cannabis non sia più considerata uno stupefacente dal 2020, da quando l’OMS ha deciso di rimuoverla dalla tabella IV della convenzione unica sugli stupefacenti, ma anzi viene oggi considerata sempre più da un punto di vista terapeutico, in Italia preferiamo continuare con la strategia del proibizionismo e della guerra.
Una strategia che non porta guadagno a nessuno se non a chi la vende e la distribuisce illegalmente nelle strade. Nel 2022, circa il 50% delle operazioni di polizia hanno riguardato il sequestro di tonnellate di cannabis e derivati mentre la stima della spesa per l’acquisto di cannabis nel 2021 si aggira intorno ai 6,6 miliardi di euro l’anno. Un grandissimo spreco di soldi e di lavoro impiegato dalle forze dell’ordine.
Bisogna ricordare che l’adolescenza è un periodo complicato della vita. L’uso sempre più frequente di sostanze psicoattive legali o illegali configura la necessità di considerare numerose dimensioni di fragilità e l’urgenza di prospettare una presa in carico multidisciplinare capace di accogliere i bisogni dei più giovani. L’approccio tipicamente ideologico del governo rimasto bloccato agli anni ’80 sembra non andare in questa direzione.