Dopo otto anni, un nuovo capitolo si apre nel processo per l’omicidio di Giulio Regeni, lo studente italiano ucciso al Cairo nel 2016. Quattro membri dei servizi di sicurezza egiziani sono coinvolti, ma la loro assenza in tribunale rende la giornata ancor più cruciale.
Il processo di oggi, martedì 20 febbraio, coinvolge quattro membri dei servizi di sicurezza egiziani. Il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamal e Uhsam Helmi, e il maggiore Magdi Sharif sono accusati di aver sequestrato, torturato e ucciso Regeni: questo è un caso che ha fortemente influenzato i rapporti tra Italia ed Egitto dal 2016.
Il contesto del processo per l’omicidio di Giulio Regeni
I genitori di Regeni, Claudio e Paola, hanno dichiarato l’importanza di questo giorno, mentre alcuni politici, tra cui la deputata Laura Boldrini, erano presenti in tribunale. Il processo per l’omicidio di Giulio Regeni segue il rinvio a giudizio deciso nel dicembre 2023, quando la Corte Costituzionale ha permesso di procedere nonostante gli imputati fossero irreperibili, dando una svolta alle indagini che erano state bloccate per anni.
La prima udienza del processo si è svolta questa mattina a Roma, mentre la prossima è stata fissata al 18 marzo, quando la difesa sarà chiamata a dare delle prove per cercare di annullare il procedimento. Indagini e processi sono stati fermi per moltissimo tempo, a causa delle autorità segrete egiziane che a lungo hanno cercato di deviare le prove e omettere informazioni rilevanti ai fini processuali.
Il problema dell’irreperibilità non era relativo solamente alle informazioni, ma anche agli indagati per l’omicidio di Giulio Regeni. Gli 007 egiziani, Tariq Sabir, Athar Kamel, Usham Helmi e Magdi Sharif erano protetti dalle autorità egiziane e, pertanto, irraggiungibili da quelle italiane. Secondo l’Egitto infatti si è sempre trattato di un omicidio fatto da criminali comuni, e non con un mandato istituzionale. Nonostante ciò, lo scorso dicembre la Corte ha riaperto il giudizio facendo la deroga alla clausola della notifica.
L’accusa e la difesa
Il maggiore Magdi Sharif è accusato di aver inflitto i colpi fatali che hanno causato la morte di Regeni, mentre gli inquirenti italiani sostengono che i quattro imputati abbiano torturato lo studente con bruciature, calci e pugni prima di ucciderlo. Le autorità egiziane hanno negato sempre ogni coinvolgimento, ma la commissione parlamentare d’inchiesta italiana ha attribuito la responsabilità ai servizi di sicurezza egiziani.
Giulio Regeni, studente dottorando dell’università di Cambridge, fu ucciso al Cairo nel 2016, mentre era su un campo di ricerca. Fu sequestrato e lì torturato per giorni con calci, pugni e armi da fuoco. Dopo giorni di sofferenza fu ucciso.
Secondo l’accusa nel processo e la Commissione d’inchiesta italiana del tempo, la responsabilità era totalmente egiziana. L’omicidio di Giulio Regeni, secondo l’Italia, è stato politico perché lo studente investigava i rapporti del governo con i sindacati e lavoratori, un’area politica mal vista da un governo autoritario.
La speranza per la giustizia
Il processo per l’omicidio di Giulio Regeni, il cui primo passo è stato fatto il 20 febbraio, è un segno di speranza per giustizia nei confronti del ricercatore italiano, anche se gli imputati sono ancora irreperibili e non sconteranno la pena in caso di condanna. La prossima udienza è fissata per il 18 marzo, quando i giudici dovranno prendere decisioni cruciali in merito alle richieste della difesa.
L’Egitto, dal canto suo, si è sempre dichiarato non responsabile dell’omicidio di Giulio Regeni e, con questo, hanno eliminato ogni possibilità di rintracciare i quattro imputati. Tanti furono i tentativi di dialogo e di verità che l’Italia provò a instaurare con l’Egitto dal 2016 e poi di nuovo nel 2021, quando il processo riuscì di nuovo a sbloccarsi.
Implicazioni diplomatiche e questioni etiche
La vicenda ha influito pesantemente sulle relazioni diplomatiche tra Italia ed Egitto e ha sollevato questioni cruciali sulla tutela dei diritti umani e della libertà accademica. L’Italia ha continuato a chiedere la piena collaborazione dell’Egitto nelle indagini, ma la mancanza di trasparenza e cooperazione ha ostacolato la ricerca della verità.
Giustizia e verità per l’omicidio di Giulio Regeni sono però, talvolta, passate inosservate sotto gli occhi dell’Italia, nel nome di finanziamenti di armi e fregate. Nello stesso 2021 infatti, l’Italia ha intrattenuto rapporti economici con l’Egitto nella compravendita di navi e armi militari: 24 caccia, 20 pattugliatori, satelliti e velivoli della Leonardo S.p.A.
La lotta per la verità nell’omicidio di Giulio Regeni
Nonostante gli sforzi delle autorità italiane, la situazione ha dimostrato la complessità e la delicatezza delle indagini internazionali in casi di violazione dei diritti umani. La mancanza di risposte concrete e la fatica nel portare gli imputati di fronte alla giustizia mettono in luce la necessità di una maggiore cooperazione tra le nazioni per affrontare le violazioni dei diritti umani su scala globale.
Il nuovo processo rappresenta un passo avanti, ma la strada verso la verità e la giustizia per Giulio Regeni è ancora lunga e incerta. La sua storia continua a essere un richiamo all’importanza di difendere i diritti umani e la libertà accademica in tutto il mondo, affrontando le sfide diplomatiche e etiche che emergono in situazioni simili. La speranza rimane che un giorno la verità verrà completamente alla luce e che giustizia sarà fatta per l’omicidio di Giulio Regeni.
Il solito dilemma. Vale più una vita, spesa per diffondere conoscenza e legalità (quella di Giulio) o gli interessi economici di due Paesi che si scambiano soldi e armi nelle tenebre e poi si fingono, in pubblico, tutori della democrazia ?
Giulio non avrà mai la giustizia che meriterebbe, se non il legittimo riconiscimento di essere stato un giovane italiano coraggioso e veramente interessato alla divulgaziine della “verita”.
Un caso che continua a suscitare sconcerto per chi ha a cuore la verità, la democrazia e la giustizia.
Verità per Giulio Regeni e per chiunque si trovi o possa trovarsi in situazioni simili.