Il Nuovo Fascismo secondo Pier Paolo Pasolini

La parola «fascismo» è un termine strausato (abusato, direi) che, sebbene formalmente riferito ad un preciso periodo della storia italiana, ha la tendenza ad attraversare disinvoltamente le generazioni. Talvolta questo attraversamento appare anacronistico, in quanto il termine viene riferito alla modernità, pur conservando le antiche sfumature di significato. Ciò che più mi colpisce, tuttavia, del concetto di fascismo è la sua mutevolezza.

In cosa risiede, davvero, il fascismo? E’ possibile che esso mostri oggi un volto diverso, spingendoci a parlare di Nuovo Fascismo?

Pasolini Nuovo FascismoPer poter avere una panoramica più ampia e tentare di rispondere a tali domande, vale la pena riportare la visione pasoliniana di tale nozione. Essa è tipicamente controcorrente, fortemente distopica e ci propone una sfumatura del tutto inedita e sottilmente feroce del concetto di fascismo.

La riflessione di Pasolini prende il via da un preciso fatto storico, apparentemente insignificante, avvenuto nei primi anni Sessanta: a causa dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua hanno cominciato a scomparire le lucciole. Questo episodio, «fulmineo e folgorante», di cui Pasolini ci parla in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 1° febbraio 1975, segna storicamente e concretamente la distinzione tra un antico fascismo squadrista e violento e un Nuovo Fascismo, subdolo, infido, totalizzante. Ed estremamente difficile da identificare.

La «scomparsa delle lucciole» è una chiara metafora che si riferisce al fenomeno dell’industrializzazione massiva, che colpì l’Italia a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta.

Ho utilizzato appositamente le maiuscole per identificare il Nuovo Fascismo di cui parla Pasolini. Si tratta infatti di un potere non fisico, non a misura d’uomo, un potere che è nato grazie all’uomo e che ora procede oltre e senza di lui. Ma è estremamente reale. Esso non ha volto, quindi non possiamo attribuirgli alcuna forma di responsabilità, ma esiste e si ripercuote sulle nostre vite da più di mezzo secolo modificando radicalmente, nella loro natura, tutte le esperienze umane a noi note.

Cosa rende l’industrializzazione un processo così terribilmente nocivo?

La conseguenza più immediata del neocapitalismo è l’omologazione, l’appiattimento morale e culturale: il Consumismo, nella sola forma in cui può esistere (cioè di massa) ha livellato inesorabilmente tutte le infinite realtà particolari che animavano il nostro paese, rendendo ogni comunità, ogni famiglia, ogni individuo, schiavi delle stesse cose. Inutili. I cosiddetti Beni Superflui. Essi ci rendono parte di un’unica comunità, molto più estesa e sicura delle piccole comunità rurali che esistevano prima. A patto però di abbandonare tutto ciò che di unico risiede in noi, tutto ciò che ci contraddistingue.

Pasolini ci aiuta a capire con qualche esempio

«I “valori” nazionalizzati e quindi falsificati del vecchio universo agricolo e paleocapitalistico, di colpo non contano più. Chiesa, patria, famiglia, obbedienza, ordine, risparmio, moralità non contano più. […] Essi (i potenti democristiani, NdR) si sono illusi che nel loro regime tutto sostanzialmente sarebbe stato uguale: che, per esempio, avrebbero potuto contare in eterno sul Vaticano: senza accorgersi che il potere, che essi stessi continuavano a detenere e a gestire, non sapeva più che farsene del Vaticano quale centro di vita contadina, retrograda, povera. Essi si erano illusi di poter contare in eterno su un esercito nazionalista (come appunto i loro predecessori fascisti): e non vedevano che il potere, che essi stessi continuavano a detenere e a gestire, già manovrava per gettare la base di eserciti nuovi in quanto transnazionali, quasi polizie tecnocratiche. E lo stesso si dica per la famiglia, costretta, senza soluzione di continuità dai tempi del fascismo, al risparmio, alla moralità: ora il potere dei consumi imponeva a essa cambiamenti radicali nel senso della modernità, fino ad accettare il divorzio, e ormai, potenzialmente, tutto il resto, senza più limiti (o almeno fino ai limiti consentiti dalla permissività del nuovo potere, peggio che totalitario in quanto violentemente totalizzante).»

I mezzi del potere

Questo atroce conformismo, di cui la società moderna è impregnata, è figlio di un’altra idea che Pasolini analizza profondamente, da un punto di vista del tutto nuovo che, come solito, ci fa mancare la terra da sotto i piedi: la Tolleranza.

In Lettere Luterane, Pasolini ci spiega che essa è solo e sempre nominale: non esiste alcun caso di tolleranza reale. Questo perché a colui che viene «tollerato» viene detto che la sua diversità non è errore, ma ricchezza, che è giusto che egli segua la propria natura.

«Ma la sua “diversità” o meglio “la sua colpa di essere diverso” resta identica sia davanti a chi abbia deciso di tollerala, sia davanti a chi abbia deciso di condannarla. Nessuna maggioranza potrà mai abolire dalla propria coscienza il sentimento della “diversità” delle minoranze. L’avrà sempre, eternamente, fatalmente presente. Quindi – certo – il negro potrà essere negro, cioè potrà vivere liberamente la propria diversità, anche fuori – certo – dal “ghetto” fisico, materiale che, in tempi di repressione, gli era stato assegnato. Tuttavia la figura mentale del ghetto sopravvive invincibile. Il negro sarà libero, potrà vivere nominalmente senza ostacoli la sua diversità eccetera eccetera, ma egli resterà sempre dentro un “ghetto mentale”, e guai se uscirà da lì. Egli può uscire da li solo a patto di adottare l’angolo visuale e la mentalità di chi vive fuori dal ghetto, cioè dalla maggioranza. Nessun suo sentimento, nessun suo gesto, nessuna sua parola può essere “tinta” dall’esperienza particolare che viene vissuta da chi è rinchiuso idealmente entro i limiti assegnati a una minoranza (il ghetto mentale). Egli deve rinnegare tutto sé stesso, e fingere che alle sue spalle l’esperienza sia un’esperienza normale, cioè maggioritaria.»

Perché «Nuovo Fascismo» ?

Dopo aver attentamente analizzato la riflessione pasoliniana, devo ammettere che nessun termine più di «fascismo» è adeguato a descrivere il potere che la merce esercita sulla nostra coscienza. Esso è veramente totalitario e totalizzante. E’ figlio di uno sviluppo disumano (o antiumano), caratterizzato dallo spasmodico desiderio di produrre solo al fine di guadagnare e dall’inesorabile necessità di consumare solo al fine di consumare.

Così, mentre il vecchio fascismo pretendeva di trasformare il popolo in una massa informe e acritica attraverso la violenza (ma senza successo, in quanto non era nemmeno lontanamente in grado di scalfire le coscienze), questo Nuovo Fascismo, identificato da Pasolini nella società dei consumi, silenziosamente acquieta il nostro senso critico, il nostro spirito particolare e unico, per renderci parte di una moltitudine conformista, votata al materiale, frammentata e superficiale. Il suo grande potere, come ci dice Pasolini in Pasolini e… La forma della città, è stato quello di annichilire, di «togliere realtà ai vari modi di essere uomini» che caratterizzavano la nostra multiforme società.

Abbiamo ancora speranza?

Oggi questo fenomeno si è ramificato ulteriormente, con l’avvento di Internet, del commercio online, l’esordio della produzione multinazionale e l’invasione del mercato da parte di merci a bassissimo costo. Al punto che «tornare indietro», cercare di liberarsi dalla sua influenza è pressoché impossibile (ed ecco emergere con forza il carattere distopico che risiede nel pensiero di Pasolini). Significherebbe probabilmente rinunciare alla società, rinnegando secoli di storia e progresso.

Allora viene spontaneo chiedersi se rivedremo mai le lucciole…

Martina Fantini

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