Il Novellino rispecchia parecchio i valori dell’epoca a cui esso risale, si parla del 1280-1300 circa. Anni in cui la civiltà comunale era in una grande espansione.
Il centro di ogni attività politica e sociale s’era spostato, dalle campagne alla città. Qui s’era venuta a sviluppare una nuova concezione del singolo individuo; concezione legata alla presa di coscienza, da parte dello stesso, di poter agire di persona sulla realtà circostante.
La nobiltà feudale ormai era diventata cittadina, fondendosi con la borghesia formata dai mercanti; dando così vita ad una nuova aristocrazia cittadina.
Questa nuova classe sociale riuscì così a fondere le vecchie ideologie “cortesi” con il concetto di “masserizia” (l’abilità di ben amministrare i beni posseduti).
Invece chi era l’intellettuale cittadino? Un uomo professionista e contemporaneamente politicamente attivo. E questi sentiva per sé una qualche vocazione? Egli sentiva il bisogno di educare i suoi concittadini. Come lo faceva? Lo faceva utilizzando (ma non solo) opere destinate all’intrattenimento quali la novella. Cosa proponeva quest’ultima? Proponeva modelli di comportamento cortese, i quali sono anche nominati nel proemio del “Novellino” stesso. A quanto pare, una tra le opere indispensabili per gestire gli interessi di quei ceti sociali emergenti.
Ma cosa è questo “Novellino”? Si tratta di una raccolta di circa cento testi. In questa opera è definita letterariamente la novella.
Questi testi, in genere brevi, prendono i loro personaggi dalla storia biblica, greca e romana, ma anche da quella medievale e molto altro, tra cui anche miti e leggende. I loro varissimi temi vanno da beffe e battute giocose, a modelli di comportamento sociale ed esempi morali.
Così l’autore mette a disposizione del lettore modelli di vita e comportamento. L’opera assume dunque un valore quasi didascalico, soccorrendo alle esigenze della civiltà comunale. Nonostante questo, l’opera è scritta in modo da essere piacevolmente letta.
Le novelle molto spesso mancano di un qualsivoglia intreccio narrativo, restando unicamente centrate sull’esemplarità d’una azione o di un detto. Il narratore non è coinvolto nel mondo dei personaggi, inoltre egli si suppone conosca ogni cosa che accade dentro tale mondo (quindi è onnisciente).
La lingua di cui l’opera è composta è come quella del popolo: semplice e diretta. La narrazione è parecchio colorita e viva, scritta in un modo essenziale (neanche la psicologia del personaggio è molto approfondita). L’autore, nonostante attingesse a fonti anche parecchio colte, scrive in modo parecchio originale e fresco quando parla di burle e simili cose.
Per concludere è doveroso dire che, nonostante l’opera risalga al periodo tra il 1280 e 1300 circa, il “Novellino” da noi conosciuto è un’edizione del 1500 (quando esso fu ritrovato).
Fonte: LIEM, edizione gialla per il monoennio di Marta Sambugar e Gabriella Salà.