Il 19 giugno del 1982, a otto mesi di distanza dal suo quarto duplice omicidio, il mostro di Firenze tornò in azione. Ci troviamo nella zona del Chianti, quando, intorno alla mezzanotte, furono ritrovati i corpi di due giovani poco più che ventenni: Antonella Migliorini e Paolo Mainardi. I due erano fidanzati da molto tempo e, stando ai racconti dei conoscenti, non si separavano mai.
Quello che, oggi, viene definito “il mostro di Firenze”, era noto ai tempi come il “maniaco delle coppiette” . Nella Firenze degli anni 80’, si era sparsa la voce degli omicidi e nessuno riusciva a dormire sonni tranquilli. Neanche Antonella a quanto pare, che aveva espresso preoccupazione nei confronti di questo mostro privo di identità. Nonostante questo, il 19 giugno, dopo una serata trascorsa con degli amici, la coppia si apparta a bordo di una Seat 147, in uno slargo di Virginio Nuova.
Secondo l’inchiesta giornalistica tenuta da Paolo Cochi:
Intorno alle 23:45 Adriano P. e Stefano C. stanno percorrendo via Virginio Nuova, quando si accorgono che la Seat 147 celeste di Paolo Mainardi si trova sul margine della carreggiata, con le ruote posteriori in un fossato. Pensando ad un incidente si fermano per prestare soccorso…
Verranno ritrovati, così, i corpi dei due ragazzi.
Stando ai testimoni, il corpo della donna fu rinvenuto nei sedili posteriori, mentre quello dell’uomo nel sedile del conducente. Questa ipotesi, però, venne smentita più volte durante il processo: secondo gli addetti del pronto soccorso, erano entrambi posizionati nei sedili posteriori e, questo, avrebbe portato ad affermare la tesi secondo cui sarebbe stato l’omicida a spostare la macchina e non Paolo nel disperato tentativo di scappare da quel criminale.
Come sono riusciti a collegare questo duplice omicidio con gli altri commessi in precedenza da un soggetto che non era ancora stato identificato?
Questo omicidio presentava similitudini sia nel modus operandi che nella firma, in quanto, erano le stesse comparse nei delitti precedenti; questo, permise al maresciallo Fiori di ricordare un delitto simile commesso nel 1968. L’episodio presentava molte analogie con il delitti compiuti dal “maniaco delle coppiette”, così, il 17 luglio del 1982, venne fatta richiesta alla Corte d’Appello di Perugia, del fascicolo processuale di un omicidio avvenuto a Signa.
Una volta riaperto il caso, fu possibile comparare i bossoli con quelli rinvenuti sulla scena quasi 15 anni prima, questo permise di riscontrare diversi elementi in comune: la perizia balistica rivelò trattarsi della stessa arma.
Questo delitto, però, aveva un particolare che lo contraddistingueva rispetto agli altri: il luogo in cui avvenne l’aggressione non era affatto appartato, come era solito prediligere il mostro, bensì in piena vista lungo la strada; inoltre, nel paese di Cerbaia, era in corso la festa del Santo patrono, questo avrebbe sicuramente portato ad un via vai di macchine ed il killer avrebbe potuto essere intercettato.
Dunque, per la prima volta, l’omicida si ritrova allo scoperto e non concludere le sevizie, come nei precedenti omicidi, molto probabilmente a causa dei rischi che avrebbe potuto correre, ma queste sono solo supposizioni.
A causa della posizione della macchina, infatti, questo duplice omicidio venne scoperto pochi istanti dopo da un’altra vettura, sopraggiunta nella carreggiata opposta, questo permise alle autorità di rilevare immediatamente le tracce sulla scena.
Le indagini portarono alla costruzione di un possibile identikit, che venne divulgato dalla stampa il 30 giugno del 1982. Nonostante le decine di segnalazioni pervenute ai carabinieri, si creò solo caos: vennero accusati uomini che presentavano, a tratti, delle somiglianze con il soggetto della foto, alcuni dovettero chiudere la propria attività a causa delle vessazioni subite, ci fu addirittura un suicidio, insomma, l’identikit portò solo a sventure.
Il mostro di Firenze rappresenta il caso più lungo nella storia della cronaca nera italiana: i famosi delitti “dei compagni di merende“, condannati in via definitiva, portarono con sé indagini, piste, dubbi e la testimonianza di un “supertestimone” di nome Giancarlo Lotti. Nonostante questo, l’inchiesta tenuta da Paolo Cochi, noto reporter e documentarista, ha riportato alla luce nuovi elementi e chissà se un giorno riusciremo a scoprire finalmente la verità.
Silvia Morreale
Un caso molto inquietante e controverso.
Bell’articolo! Grazie.
Un saluto,
Marina
Grazie a te Marina, come sempre 🙂