L’associazione “Lazio e libertà” non ha potuto esibire lo striscione di protesta contro il mondiale in Qatar, a causa del parere negativo della Questura di Roma, nonostante l’assenso della S.S. Lazio.
L’associazione “Lazio e libertà”
L’associazione “Lazio e libertà” non è nuova ad iniziative di questo genere: sin dalla sua fondazione, infatti, persegue l’obiettivo di negare ogni forma di discriminazione razziale, politica e religiosa, favorendo l’integrazione culturale e sportiva. Da sempre, quindi, cerca di rappresentare quei sostenitori dei biancocelesti che non vogliono essere associati con quella parte di tifosi notoriamente di estrema destra. Prima della recente protesta contro il mondiale in Qatar, l’associazione era già conosciuta per le molteplici iniziative portate avanti, la più nota è sicuramente quella del “biglietto sospeso”, grazie alla quale, tramite le donazioni degli altri tifosi, vengono donati ingressi allo stadio a tutti coloro che non possono permetterselo.
Il mondiale in Qatar: troppe ombre e poca luce
Il “costo umano” del mondiale in Qatar
Il fulcro delle contestazioni, però, si focalizza sull’elevato numero di operai morti durante la costruzione degli stadi che ospiteranno le gare del mondiale. Il cosiddetto “costo umano”, così come chiamato dall’associazione “Lazio e libertà”, che aggiunge il colore rosso sangue ad un quadro generale già a tinte fosche. Secondo i dati del Guardian sarebbero più di 6500 i lavoratori migranti deceduti tra il 2011 e il 2020, in base a quanto riportato dai paesi d’origine degli stessi. I numeri sono in realtà molto più elevati, perché non vengono contati gli operai provenienti dal Kenya e dalle Filippine. Il sistema della Kafala prevede che il lavoratore migrante si leghi ad un “kafeel”, che può essere sia un’agenzia che un privato cittadino. Questo metodo ha avallato forme di schiavismo nei confronti degli operai, permettendo la restrizione della loro libertà personale attraverso la confisca del passaporto e arrivando persino a sospenderne lo stipendio.
Le contestazioni in Europa e nel mondo
Mentre in Italia uno striscione di protesta contro il mondiale in Qatar è considerato “non pertinente con la società S.S. Lazio”, nel resto d’Europa e del mondo le contestazioni avvengono non solo negli stadi, ma anche in altre sedi. Alcune città francesi come Lille, Strasburgo e Reims hanno vietato la trasmissione delle partite del mondiale sui maxischermi. Lo sponsor “Hummel” della nazionale danese ha scelto divise monocromatiche, con i loghi quasi invisibili e la terza maglia completamente nera, in segno di lutto per gli operai morti. Anche i calciatori dell’Australia attraverso una dichiarazione collettiva di protesta hanno denunciato le condizioni precarie dei manovali migranti impiegati in Qatar, chiedendo dei rimedi efficaci. Secondo i dati dell’Oil, infine, tra il 2021 e il 2022, si registrano quasi 35000 denunce di lavoratori migranti rimasti senza retribuzione.
Spesso le partite di calcio sono utilizzate come cassa di risonanza per messaggi di ogni tipo. Secondo il criterio della “non pertinenza” gli striscioni dovrebbero riguardare soltanto la squadra di riferimento ed altri rituali, come il minuto di silenzio per commemorare eventi tragici, o il gesto antirazzista dei black lives matters non potrebbero trovare spazio negli stadi. Da anni il calcio si pone in maniera trasversale, cercando di far passare messaggi positivi attraverso gli sportivi e durante le competizioni più importanti. Lo sport in generale è una miniera di valori sia per gli atleti che per i sostenitori e rappresenta un canale fondamentale per sensibilizzare il pubblico anche sulle tematiche più delicate. L’impossibilità di denunciare le condizioni precarie e di sfruttamento che hanno causato la morte di migliaia di lavoratori migranti, rappresenta una sconfitta per lo sport e l’ennesima vittoria del profitto più spietato.