Nutrito dalle storie delle più grandi aziende degli Stati Uniti, il “mito del garage” sembra una versione contemporanea del sogno americano.
Il “mito del garage” è la credenza secondo la quale alcune delle più grandi aziende degli Stati Uniti d’America siano nate da idee geniali di singoli imprenditori e abbiano preso forma nel loro garage. Tra le storie che lo alimentano ci sono quelle di HP, Walt Disney, Microsoft, Apple, Google e Amazon. Enfatizzando il ruolo del singolo nella realizzazione imprenditoriale, e dunque nel progetto di vita, il “mito del garage” fa brillare gli occhi a molti aspiranti imprenditori di oggi. Questa leggenda si pone in linea con il sogno americano che ha alimentato il boom economico della seconda metà del secolo scorso. Infatti, spesso il garage viene associato all’idea degli Stati Uniti come terra di opportunità, uguaglianza e meritocrazia.
Il sogno americano è una delle colonne portanti della cultura occidentale a partire dal dopoguerra. Questa convinzione afferma l’esistenza di un posto in cui tutti possono essere felici attraverso la volitività, l’abnegazione e il duro lavoro. Come si dice avesse affermato Walt Disney, “se puoi sognarlo, puoi farlo”. Ad alimentare il sogno americano di oggi non ci sono più soltanto una buona retribuzione e una bella casa, ma un tenore di vita ragionevole ottenuto attraverso la capacità di proporre e di realizzare idee nuove e geniali.
Il mito del garage: da luogo fisico a stato mentale
Il mito del garage ha preso forma nella Silicon Valley: la prima regione ad alta tecnologia del mondo. Sono gli anni ’30 quando William R. Hewlett e David Packard iniziano a sviluppare il loro primo prodotto all’interno nel loro garage. Seguendo il consiglio del Dottor Frederick Terman, professore dell’Università di Stanford, i due studenti decidono di non unirsi a imprese dell’est già consolidate e di fondare la loro azienda di elettronica in zona. Da quel primo oscillatore audio ha preso forma l’odierna HP.
Oggi il garage non è più soltanto legato alla storia della Silicon Valley, ma si è trasformato in un’idea che raccoglie strategie ancora valide per la mentalità imprenditoriale attuale. Tra queste c’è il ruolo delle idee innovative, del duro lavoro e dell’investimento di risorse per inseguire un sogno, dunque la libertà e il rifiuto dello status quo. Esempi sono il best seller “The Art of the Start” del co-fondatore della Garage Technology Ventures che, offrendo strategie e tattiche per la creazione di nuove imprese, afferma come oggi “Garage” sia uno stato mentale; così come le “regole del garage” e le storie raccontate nella sezione “The garage” di HP.
Solo un mito o anche realtà?
Alcuni studi evidenziano come, puntando l’attenzione sul singolo, la leggenda dell’imprenditore da garage oscuri un fattore centrale nella nascita di nuove imprese: non tutti hanno accesso a risorse essenziali quali informazioni, conoscenze, legami sociali e fiducia nelle proprie possibilità. I nuovi imprenditori provengono tipicamente da settori specifici e avviano nuove aziende nelle vicinanze delle organizzazioni all’interno delle quali hanno già acquisito esperienza. In genere, le imprese forniscono l’accesso a una conoscenza del settore e a informazioni su opportunità imprenditoriali non facilmente reperibili da persone esterne. Inoltre, il lavoro in azienda aiuta chi ne fa parte a formare reti sociali che facilitano la mobilitazione delle risorse necessarie a dare vita a nuove compagnie.
Pertanto, non tutti coloro che hanno un garage hanno le stesse possibilità e non bastano il duro lavoro o la pianificazione per diventare imprenditori. Dunque, quando gli imprenditori hanno successo senza un’esperienza precedente rappresentano un’eccezione, non la regola.
I limiti del sogno americano
Il mito del garage evoca l’immagine di un individuo solitario che si affida principalmente a un talento e a sforzi straordinari per superare le difficoltà del creare una nuova organizzazione, anche se il processo che sottostà all’apertura di nuove imprese è in gran parte sociale. Il mito sottovaluta l’importanza del contesto in cui le storie che lo alimentano hanno preso forma: un luogo e un periodo agli albori di un massiccio sviluppo economico e tecnologico e una data condizione economica e sociale dei suoi protagonisti.
Perché il mito del garage è così attraente? Forse perché richiama quel sogno americano che gli avvenimenti più recenti hanno spinto a barcollare. Il garage evoca le stesse immagini positive di imprenditorialità, ossia il lavoro duro, l’ingegno, l’indipendenza e l’innovazione, dunque l’idea che attraverso questi fattori, uniti a coraggio e determinazione, si possano raggiungere fama e prosperità. Tuttavia, il sogno americano ha dei limiti; uno dei maggiori è l’ideologia capitalistica che lo sorregge e, nello specifico, il potere del libero mercato nella realizzazione individuale. La reale possibilità di realizzarsi dal basso in un mercato che lo consente è in ogni caso legata a fattori che determinano l’individuo dalla nascita, come il luogo, il periodo, l’etnia e le condizioni economico-sociali. Non da ultimo, la necessità di possedere un garage per prendere parte al sogno o, in questo caso, al mito.
Stella Canonico
Questo articolo su “Il mito del garage” mi ha intrigata e divertita. Nella mia esperienza lavorativa tutta italiana il garage ha occupato un posto non secondario. La prima sede operativa della cooperativa Apice di Lagonegro fu un garage preso in fitto. Mio figlio Max iniziò le sue attività di animazione di feste private nel garage di casa nostra e mio figlio Christian ha trasformato lo stesso locale in un comodo ufficio a piano terra…