Il mefitico mondo di Ignazio La Russa

La Russa attacca la magistratura Ignazio La Russa jgyuaaa

È semplicissimo difendere il buonsenso, ma è davvero sconfortante essere costretti dalle circostanze a farlo; poiché fatti storici oramai assodati e comprovati dovrebbero essere le basi comuni, i concetti fondanti del nostro vivere civile, i cardini inossidabili delle nostre società.

Fatta questa doverosa premessa, mai e poi mai – in altri tempi – avrei immaginato che un governo con scomodi ed evidentissimi legami col fascismo e col neofascismo si sarebbe insediato in questo Paese, men che meno mi sarebbe saltato in testa che avremmo avuto come seconda carica dello Stato uno dei più agguerriti e acerrimi fomentatori del Fronte della Gioventù; un rabbioso fascitello – spietatamente incanutito da un tempo che gli ha negato, con altrettanta ferocia, anche dono della saggezza – che oggi ama dilettarsi a collezionare busti del duce (il minuscolo in questo caso è voluto).

Ammettiamolo – grazie alla sua lunga carriera politica – Ignazio La Russa negli anni è riuscito trasmetterci quasi l’immagine del simpaticone. Sì … è un nostalgico, ma innocuo, in fondo è solo tutto chiacchiere e saluto romano, tutta voce cavernosa e niente arrosto! Certo, con quell’ugola così delicata e quel visetto luciferino alla Gustave Doré, è costretto a farsi prendere a secchiate d’acqua santa un giorno sì e un altro pure da una task force di esorcisti nerboruti, ma in fondo è un pacioccone, non fa male a nessuno. E invece no! Purtroppo Ignazio La Russa non è innocuo, ed è tutt’altro che un garante della Costituzione che è chiamato a rappresentare. Io non so onestamente chi gli stia facendo ripetizioni di storia – forse Julius Evola sotto anfetamine in seduta spiritica plenaria – ma La Russa si sta riscrivendo il passato a proprio uso e consumo senza un briciolo di vergogna.

Qualche settimana fa il nostro (e sottolineo nostro) presidente del Senato affermò, con tendenziosa ignoranza, che l’azione partigiana di via Rasella del 23 marzo del 1944 non fu che un ignobile attentato nei confronti di innocui musicisti e pensionati. Forse, nei gangli oramai compromessi di La Russa, il Battaglione Bozen non era altro che una folkloristica e avvinazzata banda di bontemponi sudtirolesi, sempre pronti a prendersi a calci in culo e a schiaffi in faccia al batter della mitraglia, ma in realtà rappresentava una dei corpi di polizia delle SS più efferati e feroci: basti ricordare la strage del Biois nel bellunese, le brutali azioni in Istria; ma queste per La Russa sono quisquilie, pinzillacchere, stragi e ferocità non degne di nota per la sua brillante e acuta voragine mentale revisionista.

Adesso, il nostro, “mai pago di scempiaggini”, presidente del Senato ha dichiarato che nella nostra Costituzione non c’è alcun diretto riferimento all’ Antifascismo (qui il maiuscolo è fermamente voluto). Inutile ricordare che non solo tutto il XII articolo della Costituzione condanna espressamente il fascismo, ma che non esiste virgola in tutta la nostra Carta Costituzionale che non sia radicata nei valori della Resistenza e della Libertà, infatti con queste parole Piero Calamandrei, il 22 dicembre del 1947, presentò all’Assemblea Costituente il testo della nostra Carta Fondamentale appena approvato:

“[…]  un richiamo cioè ai nostri Morti, a coloro che si sono sacrificati, affinché la grande idea per la quale hanno dato la vita si potesse praticamente trasfondere in questa nostra Costituzione che assicura la libertà e la Repubblica. Forse, questa nostra Costituzione in pratica, per taluni aspetti, è inferiore alla grandezza della loro idea; ma tuttavia ad essa ha voluto ispirarsi. Per questo io avevo in animo di proporre che la nostra Costituzione incominciasse con queste parole “Il popolo italiano consacra alla memoria dei fratelli caduti per restituire all’Italia libertà e onore la presente Costituzione.”

A questo punto, davanti alla figura di Calamandrei e a quelle di tutti i nostri Padri Costituenti, cade in maniera ignominiosa qualsiasi miserabile -quanto falsa- dichiarazione di Ignazio La Russa e di tutti i cameratucoli di risulta come lui; l’abisso storico, politico, morale e sociale che separa quella straordinaria generazione di uomini e questa accolita di scappati di casa è il medesimo che c’è tra la relatività di Einstein alle teorie di Red Ronnie, tra I “Fratelli Karamazov” e i libri di Bruno Vespa, tra “Ladri di biciclette” di De Sica e “Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda”, in pratica un abisso assolutamente incolmabile.

In definitiva, per quanto la libertà di opinione e d’espressione siano assolutamente garantite, ciò non significa in alcun modo che la seconda carica dello Stato possa serenamente misconoscere e mostrare un’evidente ostilità verso quei Principi Costitutivi che invece è chiamata a rappresentare e a difendere, e sui quali – è bene ricordarlo – ha giurato. Questa assoluta inadeguatezza del nostro attuale presidente del Senato nei confronti della carica che ricopre, forse, non è perseguibile sul piano giuridico o politico, ma di certo al vaglio della storia la pochezza di tale meschina mediocrità non passerà di certo inosservata.

Il mefitico mondo di Ignazio La Russa

 

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