Rocco Chinnici fu uno dei più importanti magistrati italiani della seconda metà del Novecento. Nel corso della sua vita combatté la mafia siciliana finché quest’ultima non lo uccise. A lui si deve la formazione dei cosiddetti pool antimafia e per questo molti storici lo considerano un giudice moderno. Rocco Chinnici, inoltre, fu una persona di grande umanità per la sua passione a dedicarsi alle persone.
Il 29 luglio 1983 morì a Palermo il magistrato Rocco Chinnici. Con la sua morte scomparve uno dei più importanti magistrati italiani. A lui si deve la formazione in Italia dei cosiddetti pool antimafia, cioè la creazione di squadre di giudici che si occupano di una stesso caso antimafia, e per questo molti storici lo considerano un giudice moderno.
Rocco Chinnici al giorno d’oggi è ricordato da diverse associazioni di assistenza sociale oltre che da magistrati, avvocati, politici e giuristi. Rocco Chinnici, infatti, non fu soltanto un giudice, ma anche una persona che molto spesso si dedicava ai problemi dei cittadini e di coloro che condannava in sede giudiziaria.
Il lavoro di giudice di Rocco Chinnici e la sua attenzione verso le persone fanno di quest’ultimo una persona considerevole. Per questo motivo è importante ripercorrere i punti salienti della sua biografia in maniera tale che da quest’ultima si possano trarre degli insegnamenti di vita.
Il magistrato Rocco Chinnici e le sue grandi doti umane
Rocco Chinnici nacque il 19 gennaio 1925 a Misilmeri, un paesino vicino a Palermo, e studiò al Liceo Classico Umberto I. Dopo il liceo frequentò la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo e al contempo, per dare un aiuto finanziario ai suoi genitori, lavorò come Procuratore presso l’Ufficio del Registro di Misilmeri.
Nel 1952 Rocco Chinnici divenne magistrato e lavorò al Tribunale di Trapani per i due anni di uditorato. Dopo l’uditorato ebbe l’incarico di giudice presso la Pretura di Partanna dove lavorò fino al 1975. Lavorando come magistrato presso Pretura di Partanna, Rocco Chinnici conobbe diversi imputati, i quali segnarono profondamente la sua personalità. Quest’ultimi portarono Rocco Chinnici a stare in contatto con i cittadini di Partanna e a esercitare le sue grandi doti umane.
Stando in contatto con quest’ultimi, molti partannesi arrivarono a chiamarlo lu Preturi e il magistrato divenne la persona alla quale rivolgersi per un aiuto o anche soltanto una parola di conforto. Rocco Chinnici non fu più soltanto un giudice distaccato dalle vicende giudiziarie, ma anche una persona di cuore con cui scambiare calorose strette di mano e affettuosi sorrisi di comprensione e solidarietà. Ciò non significa che venne meno ai doveri che la sua professione di magistrato gli imponeva. Condannava infatti quando era necessario condannare, ma con grande umanità. Cercava sempre di comprendere le ragioni dei comportamenti sbagliati del condannato per dare alla pena di quest’ultimo una funzione rieducativa.
Rocco Chinnici e i pool antimafia
Dopo che lavorò per diversi anni alla Pretura di Partanna, Rocco Chinnici conseguì nel 1975 la qualifica di magistrato di Corte d’Appello. Inoltre, nello stesso anno venne nominato Consigliere Istruttore Aggiunto all’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, in un momento in cui lo Stato italiano cercava di contrastare le mafia siciliana. Una volta diventato Consigliere Istruttore Aggiunto, si occupò di mafia. Nello specifico, si dedicò a un lungo elenco di politici, poliziotti, giudici, carabinieri, giornalisti e semplici cittadini uccisi da mafiosi siciliani tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta.
I responsabili dell’uccisione di queste persone furono dei mafiosi palermitani che, sebbene da diversi anni si facessero diverse indagini contro quest’ultimi, non avevano ancora ricevuto una condanna per aver ucciso queste persone. Non per caso o per semplice mancanza di prove questi mafiosi non avevano ancora ricevuto una condanna. Ogni giudice che si occupava di queste persone uccise, infatti, finiva nel mirino dei mafiosi siciliani e veniva ucciso da quest’ultimi. In questo modo ogni processo contro i mafiosi siciliani non aveva mai termine e i risultati delle indagini di un qualsiasi giudice venivano per legge cancellati.
Rocco Chinnici, cercando di condannare i mafiosi che avevano ucciso queste persone, trovò un modo per processare quest’ultimi modificando l’organizzazione giudiziaria. Sapendo che, se un giudice fosse stato ucciso per un’indagine antimafia, i risultati delle sua indagine sarebbero stati per legge vanificati, creò nel suo ufficio dei veri e propri gruppi di giudici che si occupavano di una stessa caso antimafia, ovvero i cosiddetti pool antimafia. Così facendo, se uno dei giudici di un pool antimafia avesse compiuto un’indagine antimafia ma fosse rimasto ucciso, allora gli altri giudici del pool antimafia del magistrato ucciso avrebbero potuto continuare l’indagine di quest’ultimo.
I pool antimafia rivoluzionarono le indagini contro la criminalità organizzata e portarono alla condanna di diversi criminali mafiosi. I pool antimafia permisero, per esempio, il maxiprocesso di Palermo nel 1986, dove quasi cinquecento mafiosi finirono in carcere. Grazie ai pool mafiosi creati da Rocco Chinnici, l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo divenne un esempio di efficiente organizzazione giudiziaria. Grazie ai pool mafiosi, inoltre, Rocco Chinnici divenne un magistrato di successo.
L’interesse del magistrao per i palermitani
Rocco Chinnici, dopo che creò i pool mafiosi, si dedicò alla gente di Palermo e divenne una persona molto stimata. Si impegnò, ad esempio, a sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni contro la mafia. Inoltre, nelle scuole condusse diverse campagne per rendere i giovani maggiormente consapevoli di come l’eroina rovini la vita delle persone. Mentre si dedicò ai palermitani, continuò la sua professione da magistrato con grande successo. La sua carriera era all’apice.
Fu nell’apice della sua carriera che il 29 luglio 1983 un gruppo di mafiosi lo uccise piazzando del tritolo nella sua macchina. Un’esplosione, nello specifico, investì Rocco Chinnici mentre quest’ultimo si accingeva a salire sulla sua autovettura ferma davanti al portone dello stabile in cui vive. Rocco Chinnici morì immediatamente.
Con questa esplosione questo gruppo di mafiosi pose fine alla vita di un uomo che diede tutto sé stesso nella lotta contro la mafia e nell’aiutare le persone in difficoltà. La vita di Rocco Chinnici è un esempio di grande umanità e dovrebbe essere un modello da seguire. A oggi poche sono le persone che si dedicano al prossimo anche nel più piccolo dei gesti. Ancor più poche, tra l’altro, sono le persone che si dedicano a contrastare la mafia. Non si può non pensare che, se Rocco Chinnici vivesse ancora oggi, quest’ultimo sarebbe una persona unica nel suo genere e diversa della altre.