Il termine “linciaggio” nasce negli Stati Uniti e trae origine da un agricoltore della Virginia, Charles Lynch, che impartiva punizioni estreme ai suoi braccianti, facendo a meno dei giudici.
Il linciaggio di massa
Il linciaggio di massa avviene pubblicamente, con un gruppo minimo di 50 persone che fungono da spettatori. Si definisce come forma extragiudiziaria di punizione di un crimine, facendo ricorso a forme esasperate di violenza e crudeltà. Nella quasi totalità dei casi registrati queste esecuzioni avvenivano da parte di una massa di uomini bianchi e rivolte contro una vittima di colore.
Quando e dove comincia
Il linciaggio di massa è un fenomeno che prese piede negli Stati Uniti ed è esistito fino agli anni 50 e 60 del secolo scorso. Ebbe inizio negli ultimi anni del 1800, con l’uccisione in pubblica piazza di Henry Smith in Texas e di Sam Hose in Georgia, nel 1899. In particolare, le prime “lynching mobs” cominciarono a seguito dei conflitti della guerra di secessione americana, che videro il Sud sconfitto. Con l’abolizione della schiavitù gli afroamericani divennero gli obiettivi prediletti dei linciaggi, che si verificarono perlopiù in concomitanza con la Grande Migrazione dal sud.
Il linciaggio di massa si configura come un abbassamento radicale della vittima, che arriva al livello dell’animale. Il linciaggio non è solo punizione, è violenza allo stato puro, spettacolarizzata ai massimi livelli. La massa condanna, isola, umilia e abusa della vittima inerme.
Le vittime del linciaggio di massa
Uno dei casi più esemplificativi è quello che vede protagonista Claude Neal. La folla lincia Claude il 27 ottobre 1934. L’accusa è di aver violentato e ucciso la figlia del suo datore di lavoro. Per questo una “lynching mob” lo crocifigge e gli dà fuoco davanti agli occhi degli accusatori dopo averlo torturato. Non è un uomo a subire la violenza in quel momento, è un membro della classe dei dominati. Neal è uno dei tanti uomini di colore sottratti alla giustizia, andato incontro ad un epilogo che ha sempre la stessa struttura: tortura e impiccagione davanti ad una folla in delirio.
Il caso di Claude scatenerà un boom mediatico che porterà ad un disegno di legge anti-linciaggio promosso dalla NAACP nel 1935.
Un altro celebre linciaggio è quello perpetrato ai danni di Jesse Washington a Waco, in Texas, nel 1916, accusato e condannato a morte per lo stupro di Lucy Fryer. 10000 sono le persone che parteciparono allo straziante supplizio del giovane, in un grande raduno che appariva una festa. A documentare il tutto un fotografo professionista, che scattò immagini degne di essere rivendute in forma di cartoline come ricordo dello spettacolo messo in atto.
Un rituale agghiacciante
A turbare maggiormente sono due aspetti di questo agghiacciante evento. In primis la pubblicizzazione e spettacolarizzazione attraverso fotografie vendute come souvenir, che presupponeva un’idea del linciaggio come momento di gloria e di vanto. Un vero e proprio evento pubblico dotato di una forma rituale ben precisa, a cui non potevano mancare figure di spicco e leader della comunità. Al linciaggio di Jesse, infatti, erano presenti anche funzionari pubblici e membri del corpo di polizia.
L’altro macabro aspetto è che il giovane era già stato condannato a morte. Sarebbe stato giustiziato secondo la legge ordinaria, ma questo non bastava. Gli autori di questo delitto non si propongono di punire. Lo scopo è intimorire, spargere terrore, infierire fino a disumanizzare la vittima. Più propriamente a muovere questi episodi è il passato primordiale dell’uomo, quella natura violenta e vendicativa che è svincolata dalla legge e da qualsiasi forma di civilizzazione.
Il 26 aprile 2018 la Equal Justice Initiative di Montgomery, in Alabama, ha istituito il nuovo memoriale per documentare i linciaggi di afroamericani negli Stati Uniti.
Il linciaggio come violenza razziale
Le ragioni sociologiche di questo crimine sono da ricercare nei rapporti tra individui in una società gerarchica. In un mondo come l’America sudista, in cui la gerarchia sociale rischia di essere scalfita da rivendicazioni che ne compromettono le basi, la violenza razziale è il metodo più efficace per ribadire la supremazia. Il linciaggio ci offre un esempio emblematico della pena riservata a chi si osa ribellarsi ad una società discriminatoria. Dove non arriva l’autorità delle istituzioni interviene la comunità con una violenza di massa. Il popolo, che si autoproclama garante della moralità collettiva diventa giudice e aguzzino. Il diritto umano, sebbene nella forma estrema della pena di morte, non basta a punire determinati individui, poiché esso è, appunto, ancora umano, in un contesto in cui lo scopo è proprio disumanizzare.
Del resto, la teoria secondo cui i neri sono individuati come i capri espiatori per i delitti più efferati ha qui la sua applicazione. Il linciaggio, infatti, è costruito intorno alla degradazione dei neri a favore del dominio dei bianchi.
I colpevoli senza volto
Un altro aspetto interessante dell’anatomia del linciaggio caratterizza i carnefici, il cui modus operandi è sempre in gruppo. Ad agire è sempre una massa eterogenea, composita, fatta da volti indistinguibili, che al compiersi del misfatto si dilegua soddisfatta. I colpevoli non sono mai identificabili. Fatto, questo, che comporta il rafforzamento della comunità. Non è dunque l’omicidio in sé a potenziare la complessità del fenomeno, ma il fatto che non sia ascrivibile al singolo. In questo senso il linciaggio collettivizza la violenza, rendendola paradossalmente un punto di unione della comunità, rafforzando il senso di appartenenza ad un ordine bene definito: l’uomo bianco privilegiato.
Ad oggi è noto a tutti il fenomeno erede del linciaggio come tortura pubblica, cioè il linciaggio mediatico. Nel linciaggio mediatico un gruppo di persone di scaglia contro un singolo, la vittima della cosiddetta “gogna mediatica”, e, sebbene siamo lontani dalla brutalità fisica che caratterizza il linciaggio di massa, si assottiglia la linea separatoria tra questi due fenomeni. La violenza e la volontà di umiliare il singolo sotto gli occhi di tutti e rimanendo impuniti fa infatti da protagonista anche al linciaggio mediatico.
Fiamma Franchi