Il Libro rosso: l’insegnamento segreto di C. G. Jung

Libro rosso

Libro rosso 1

Esiste un Libro rosso che, nonostante scritto decine di anni fa, ha ancora molto da dirci ed insegnarci. Anche su noi stessi.

I più, probabilmente, conoscono la figura di Carl Gustav Jung legata principalmente alla sua attività di psichiatra e psicoterapeuta, nonché di fondatore della psicologia analitica. In molti conoscono le sue opere più importanti come Tipi psicologici o L’uomo e i suoi simboli e le sue teorie riferite ad una vera e propria psicologia del profondo, come il concetto di inconscio collettivo. E il suo Libro rosso?

Non tutti infatti forse sanno che buona parte di quelle teorie che hanno influenzato la psicologia del ‘900 – e che ancor oggi la influenzano – si trovavano in un testo al quale l’autore ha lavorato per più di 15 anni, dal 1913 al 1930, ma che aveva dato disposizioni di non pubblicare fino alla sua morte, avvenuta nel 1961.




Perché aspettare così tanto? È necessario andare con ordine. Il titolo dato dallo psichiatra svizzero al suo insieme di scritti ed illustrazioni era Liber Novus. Testo non concluso e rilegato poi in pelle rossa, da qui il nome, Libro rosso. Scritto che gli eredi di Jung decideranno di rendere pubblico nel 2000.

Perché non pubblicarlo subito se rappresentava per lui un lavoro così importante ed arduo? Egli di certo temeva per la sua reputazione medica. Il Libro Rosso non è un libro che appare scientifico nel senso stretto del termine. Esso racconta le immagini interiori, il contatto con il proprio inconscio che Jung non tarda a definire come un torrente di lava che lo ha travolto. È ciò che egli racconta come una premonizione di cose sconosciute. Cosa avrebbe pensato la cultura dell’epoca di un libro tanto affascinante quanto misterioso?

Nonostante fosse un testo fondamentale e fondante del proprio pensiero, il momento per pubblicarlo non poteva essere quello. Il testo avrebbe atteso decenni nel caveau di una banca, nel quale era stato depositato dalla Erbengemeinschaft C. G. Jung, prima di tornare alla luce, dopo la morte del suo autore.

Il contenuto:

Jung cercava in questo testo di testimoniare, riproducendole, le proprie visioni interiori, ottenute in uno stato vigile. Pratica che egli definirà con l’espressione immaginazione attiva. Siamo perciò davanti ad un libro che può ben essere considerato un diario intimo dell’autore, in cui Jung entra in contatto con se stesso, con la propria anima. Tali immagini sono state poi riprodotte dallo stesso autore in maniera maniacale, con una grande attenzione, per essere loro fedeli fin nei minimi dettagli, dalla scelta dei colori al simbolismo in esse racchiuso.

Testo che racchiude gli albori di tutto il pensiero di Jung, quindi. Non è certo un caso se egli stesso afferma che

Gli anni più importanti della mia vita furono quelli in cui inseguivo le mie immagini interiori. Tutto cominciò allora, e poco hanno aggiunto i dettagli posteriori.

E comprendere l’inizio del percorso junghiano significa anche avvicinarsi ad un percorso spesso del tutto inesplorato dentro noi stessi. Sia che ci consideriamo come singoli individui, sia come appartenenti ad una collettività universale che trascende la nostra singola esistenza.

Ha infatti caratteri mistici ed iniziatici il Libro rosso. Jung non tarda a raccontare di vere e proprie visite che egli riceve e che lo mettono in contatto con un mondo altro. Approcciarsi a questo testo significa allora  sfidare pregiudizi materialistici davanti ai quali la stessa fisica contemporanea ci pone. Si pensi, ad esempio, alle nuove frontiere della fisica quantistica e come da essa inizi a muoversi un nuovo approccio al mondo che ci circonda, che ci obbliga ad abbandonare vecchi schemi di realtà.

Il Libro rosso, oggi:

Ma se probabilmente ciò che aveva frenato Jung dal pubblicare il suo Libro rosso mentre era ancora in vita riguardava il timore di come sarebbe stato accolto – oltre, naturalmente al considerarlo più un intimo lavoro interiore, che un’opera di divulgazione – è d’obbligo chiedersi se oggi, a distanza di decenni dalla sua morte, il mondo sia davvero pronto ed in grado di accoglierlo.

Siamo davvero pronti ad un dialogo con la parte più interiore di noi stessi? O ancor oggi la nostra cultura, il nostro vissuto e l’ambiente che ci circonda ci portano a considerare l’inconscio come una realtà che non ci appartiene o di seconda mano?

Mai come in questo momento storico è necessario guardarci indietro e dentro per cogliere una voce interiore che parli tramite la memoria storica, per renderci conto che la nostra storia è sempre una Storia che ha radici molto più antiche della nostra data di nascita.

E questo sia per rientrare in contatto con gli archetipi sovrastorici che con la storia che stiamo vivendo e alla quale l’Europa sta andando incontro.

In una bozza epistolare, la psicologa e traduttrice di Jung, Cary Baynes, riflettendo sulla scelta della non pubblicazione scriveva:

Certamente può essere, come sostiene lui, che se lo pubblicasse così com’è, il mondo della scienza razionale lo metterebbe definitivamente fuori gioco, ma ci dovrà pur essere, poi, una scappatoia, un qualche modo per proteggerci dalla stupidità, affinché le persone che vogliono leggere il libro non debbano farne a meno in attesa che la maggioranza finalmente sia pronta. (Introduzione al Libro Rosso)

La domanda ora è: siamo davvero pronti?

Caterina Simoncello

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