L’Ossezia, come tutti i luoghi di questo mondo, ha i suoi eroi leggendari: i Narti. Georges Dumézil (Parigi1898 – ivi 1986) ha dedicato a loro proprio Le Livre des Héros. Légendes sur les Nartes (1965): una sua traduzione dall’ossete al francese della letteratura che narra di loro. L’edizione che abbiamo consultato è quella della Fabbri Editori, per la collana “I grandi classici della fiaba” (2001), con la traduzione di Bianca Candian: Il Libro degli Eroi. Leggende sui Narti.
L’opera di Dumézil era il suo contributo alla “Collection Unesco d’oeuvres représentatives”: un progetto di traduzione promosso, appunto, dall’UNESCO, attivo dal 1948 al 2005. Lo scopo era la divulgazione di capolavori letterari composti in lingue poco diffuse. Le leggende sui Narti rientravano nella serie delle lingue non russe dell’Unione Sovietica.
L’area in cui le vicende sono ambientate fu contrassegnata da un lungo Medioevo: le strutture feudali e patriarcali vi permasero fino all’Ottocento, e in parte anche dopo.
“La pratica delle razzie, la turbolenza di una gioventù costantemente a cavallo, i rischi mortali nei quali vivevano normalmente quei villaggi, una morale fondata su ricche e arcaiche leggende e intrattenuta da canti di lode o di scherno, avevano esaltato ovunque l’eroismo, irrigidito in dottrina il disprezzo per la morte, acuito il gusto per i comportamenti eccezionali e paradossali. […] erano le feste offerte, enormi banchetti, l’ospitalità di ogni ora, la munificenza senza calcolo né limite, il valore nel combattimento e la parola accorta che «affermavano» i grandi uomini, la cui unica vanità si limitava alla bellezza delle armi e alla qualità delle cavalcature.” (Il Libro…, p. XII)
Nel mosaico di popoli ivi considerato, gli Osseti sono il tassello indoeuropeo. Secondo Dumézil, si tratterebbe degli ultimi discendenti di Sciti e Sarmati. Più tardi, questi due gruppi sarebbero stati detti “Alani” e i loro spostamenti avrebbero lasciato tracce in varie aree dell’Europa (Francia compresa). La lingua osseta (derivata da quella scita) è stata conservata proprio dai discendenti degli Alani, mentre buona parte dei nomadi delle steppe avrebbe perduto la propria identità linguistico-culturale.
Quegli eroi favolosi detti Narti, comunque, non sono stati noti solo agli Osseti, ma anche a tutti quelli che Dumézil chiama “Caucasici del Nord Ovest”. Il linguista riconduce il bizzarro nome degli eroi all’indo-iranico nar- , che indica proprio l’uomo eroico.
“Il villaggio in cui si presume che essi vivessero è situato su una collina e si divide in tre quartieri, posti su tre diversi livelli, occupati ognuno da tre famiglie principali […] Si riconosce qui immediatamente la concezione indo-iranica, la quale vuole che ogni società ben costituita associ […] tre gruppi umani che assicurino, rispettivamente, tre funzioni essenziali: sapienza (cioè, anticamente, sapere magico religioso, fonte di tutti gli altri), forza fisica (soprattutto guerriera), prosperità economica” (Il Libro…, p. XV).
Questi tre casati sono: gli Alægatæ (gli intelligenti), gli Æhsærtæggatæ (i guerrieri), i Boratæ (i ricchi di mandrie). Presso i primi, si producono i prodigi della “coppa magica”, lo Uatsamongæ o Nartamongæ, il “Rivelatore di Narti”, che lo custodiscono. Per il resto, Dumézil rinviene nel villaggio narte i tipici tratti della società ossete: nobili, plebe libera, schiavi. L’orizzonte spirituale è quello pre-islamico e pre-cristiano.
Una figura peculiare è quella del figlio naturale, uno di quelli che nascevano dagli amori ancillari. Erano detti “allevati nelle mangiatoie”. Nelle leggende sui Narti, è presente un archetipo di costoro: Syrdon.
“Sapeva tutto, il futuro e il passato. Coi Narti, non andava d’accordo: spesso li ingannava e, talvolta, quelli si prendevano la rivincita. Tuttavia, nonostante le loro collere, lo gradivano molto. Era un narte intelligente e ingegnoso.” (Il Libro…, p. 153).
Del resto, in una società basata sul diritto di nascita patrilineare, l’acume e l’iniziativa sono le tipiche risorse di chi non ha “un nome” da far valere.
Un altro protagonista ricorrente è Soslan. La sua nascita (come spesso accade ai Narti) è assai particolare: è figlio di una pietra su cui un pastore ha versato il proprio seme. Per ricevere la forza, deve venire immerso nel latte di lupa da Kurdalægon, il fabbro celeste: buon amico dei Narti, in un’epoca in cui essi erano commensali degli Spiriti. Per una perfidia di Syrdon, però, la tinozza in cui Soslan bambino viene immerso è troppo corta. Le sue ginocchia rimangono così scoperte e vulnerabili. Insomma, Soslan è l’Achille e il Sigfrido degli Osseti. Con Orfeo, condivide invece la capacità d’incantare l’universo con la musica. Una storia lo vede protagonista proprio di una catabasi, ovvero una discesa al Paese dei Morti: è una prova che deve affrontare per poter sposare la figlia del Sole. Non s’inizia una nuova vita senza morire.
Erica Gazzoldi