Sul lago Vittoria, culla di biodiversità e mezzo di sostentamento per milioni di africani, incombe la minaccia di un enorme oleodotto.
Diviso tra Uganda, Tanzania e Kenya, ed esteso per 69mila chilometri quadrati (185 volte il lago di Garda), il lago Vittoria è la più grande distesa d’acqua dolce d’Africa e la seconda del mondo dopo il nordamericano Lago Superiore. Il suo bacino raccoglie 500-600 specie di pesci, è il principale serbatoio del Nilo Bianco ed è fonte di sostentamento per milioni di persone che vivono di pesca e abitano e coltivano le terre che lo circondano. La storia di questo bacino porta con sé molte ferite e l’incombenza del progetto EACOP potrebbe avere conseguenze disastrose per il lago Vittoria.
È di questi giorni la convocazione del colosso petrolifero Total Energies al tribunale di Parigi. La denuncia per violazioni dell’ambiente e dei diritti umani in Uganda e Tanzania è avvenuta nel 2019 da parte di Friends of the Earth France, Survie e quattro associazioni ugandesi (Afiego, Cred, Nape e Navoda). Le proteste che hanno preso forma tra Africa, Europa e Stati Uniti portano la questione dell’oleodotto al centro di molte discussioni.
L’EACOP: di cosa si tratta.
L’East African Crude Oil Project Pipeline (EACOP) è il progetto del più lungo oleodotto del mondo riscaldato elettricamente. La sua costruzione è finalizzata a trasportare petrolio greggio dall’Uganda occidentale a Tanga, sulla costa tanzaniana dell’oceano Indiano, in modo da spedirlo nei mercati internazionali. Protagoniste di questo programma sono la Total Energies (con il 70% del progetto) e la China National Offshore Oil Corporation (Cnooc), che hanno firmato accordi con i governi di Uganda e Tanzania.
Secondo l’Est African Business Week (EABW News) il progetto è considerato “molto competitivo”, anche a discapito del crollo dei prezzi e della domanda del petrolio. Per un valore di 3,5 miliardi di dollari (2,9 miliardi di euro), l’EACOP prevede il trasporto di circa 216.000 barili di petrolio al giorno e la costruzione di una raffineria in Uganda. L’oleodotto sarà lungo 1400 chilometri e riscaldato a 50 gradi in modo da garantire al petrolio il giusto grado di liquefazione per il trasporto. Total Energies afferma di aver prestato particolare attenzione al benessere di un ambiente naturale ricco di biodiversità e ai diritti delle comunità interessate.
Perché, dunque, tante proteste per l’EACOP?
L’intensificazione dell’estrazione di petrolio in luoghi dove precedentemente non si pensava possibile farlo trova origine nel 2004, quando Tullow Oil (UK) scoprì l’esistenza di enormi riserve sotterranee nell’Albertine Graben, in Uganda. La lotta contro l’EACOP è iniziata quando Total Energies ha rilevato la quota di Tullow nei giacimenti appena scoperti e ha iniziato a pianificare un’enorme espansione della trivellazione petrolifera in Africa orientale.
Simile alla situazione provocata dall’oleodotto Keystone XL negli Stati Uniti e in Canada, l’EACOP ha spinto vari gruppi di attivisti climatici ad adottare tattiche di dimostrazione di massa nei confronti di politici e finanziatori del progetto. Questi sforzi hanno dato forma a una lotta globale che conta più di 250 organizzazioni di tutto il mondo unite nella coalizione internazionale chiamata #StopEACOP. Oltre all’appoggio del Parlamento Europeo, questi enti sono riusciti a ottenere il sostegno di 20 banche e di alcune compagnie assicurative che si sono impegnate a non finanziare direttamente l’EACOP, causando una serie di ritardi nel termine della costruzione dell’oleodotto (inizialmente prevista nel 2020).
Uno dei principali motivi della preoccupazione di #StopEACOP è la previsione dello spostamento di almeno 12mila famiglie residenti sui territori in cui è programmato il passaggio dell’oleodotto. Inoltre, l’opacità nelle procedure che hanno anticipato le decisioni sulla messa in sicurezza dell’opera porta a pensare al pericolo di un disastro ambientale. È previsto che l’EACOP attraverserà molti ecosistemi protetti in Africa e, a oggi, la Total non ha pubblicato nessun piano di gestione del rischio in caso di perdite di petrolio.
Quale disastro ambientale?
É di qualche giorno fa il rapporto di Friends of the Earth France e Survie sui disastri che l’EACOP potrebbe provocare. Secondo le associazioni, Total ignorerebbe le quantità catastrofiche nell’emissione di CO2 derivate dal trasporto marittimo, dalla raffinazione e dall’utilizzo del petrolio. Infatti, il progetto petrolifero viene definito
fondamentalmente incompatibile con l’urgenza di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.
Già un rapporto del WWF (2017) aveva rilevato i danni che l’EACOP causerebbe alla biodiversità degli ambienti interessati. Solo in Tanzania è previsto che l’oleodotto attraversi 32 km della steppa di Wembere, prateria che quando inondata ospita milioni di uccelli, e la riserva naturale Biharamulo, habitat di ippopotami, elefanti, zebre, gorilla beringei (specie a rischio di estinzione), e di una delle ultime cinque colonie di scimmie Piliocolobus. Inoltre, le zone costiere del Paese sono sottoposte a frequenti tsunami e cicloni, fattori ad alto rischio per ambienti in cui eventuali operazioni di recupero e pulizia del petrolio sversato sarebbero molto difficoltose.
L’EACOP mette a rischio molte delle risorse idriche africane. É previsto che l’opera inizi nel parco nazionale delle cascate Murchison e attraversi 230 fiumi. Inoltre, l’oleodotto costeggerà uno dei bacini d’acqua dolce più importanti in Africa, già soggetto a multipli disastri a livello ambientale: il lago Vittoria.
Il lago Vittoria: una storia di catastrofi
La prima problematica che ha investito il lago Vittoria è stata l’iper-sfruttamento delle risorse ittiche iniziato negli anni Sessanta con l’introduzione artificiale del persico del Nilo. Oltre a causare un aumento insostenibile della pressione dell’industria ittica sul lago, questo cambiamento ha sconvolto l’equilibrio dell’ecosistema e ha portato al decimarsi dei pesci autoctoni. Un’ulteriore causa dell’impoverimento della biodiversità del lago è stato lo sviluppo incontrollato dell’Eichhornia crassipes , una pianta infestante e devastante per l’ecosistema, causato dallo sversamento di fertilizzanti.
Inoltre, le rive del lago Vittoria sono colpite dallo sfruttamento illegale di sabbia per i bisogni delle imprese edili. Questa pratica porta a un’accelerazione dell’erosione del letto del Nilo Bianco data dai cambiamenti nella velocità delle correnti, nonché a perturbazioni nello sviluppo della flora e della fauna acquatica. A queste problematiche si aggiunge l’inquinamento causato da pesticidi, erbicidi, rifiuti, e dal mercurio utilizzato dai cercatori d’oro dell’area di Olini, in Kenya.
Lo spettro della marea nera minacciato dall’EACOP sarebbe un’aggiunta devastante a questa situazione già precaria. Il rischio è reale in quanto è previsto che l’oleodotto attraversi e costeggi il lago per alcune centinaia di chilometri. Un eventuale perdita avrebbe un effetto disastroso sull’ecosistema del lago e sugli abitanti che utilizzano le sue acque per il sostentamento, l’irrigazione e l’allevamento.
Le risposte di Total Energies alle accuse
Alle critiche Total Energies risponde affermando la necessità di investire in combustibili fossili, in modo da regolare i prezzi di queste risorse e di consentire una transizione energetica graduale. In ambito ambientale, la compagnia afferma di impegnarsi a generare un impatto positivo sulla biodiversità degli ecosistemi coinvolti, attraverso progetti quali la conservazione di diecimila ettari di foresta naturale abitata da scimpanzé, e il ripristino delle zone umide del delta del Nilo.
Inoltre, la società francese afferma di attribuire la massima importanza al rispetto dei diritti delle popolazioni africane, ponendosi come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita delle 764 famiglie coinvolte (5.000 persone) tramite il loro ricollocamento su un terreno acquisito di 5.600 ettari. Oltre a un compenso aggiuntivo sotto forma di assistenza alimentare di sei mesi, la compagnia afferma di destinare 80.000 posti di lavoro alle popolazioni locali.
L’EACOP per il Lago Vittoria: una sostenibilità distopica?
Ponendosi come attore di svolta nel percorso verso l’autonomia energetica di Uganda, Tanzania e Kenya, Total Energies accusa gli oppositori dell’EACOP di assumere un atteggiamento paternalistico nell’impedire a questi Paesi di utilizzare le risorse locali. La compagnia vede l’oleodotto come uno strumento verso la transizione ecologica di queste aree e strumento per una graduale riduzione dello sfruttamento di petrolio e gas, ignorando tuttavia le grandi criticità connesse alla costruzione di uno dei più pericolosi e problematici oleodotti mai progettati.
L’EACOP non tiene conto dei bisogni e dei cambiamenti nella vita dei milioni di africani coinvolti. Total prevede lungo tutto l’oleodotto una zona non edificata né coltivata larga 30 metri. Le persone che abitano questi territori dipendono principalmente dai raccolti e dalla pesca e, molte di loro, affermano di aver ceduto le terre sotto costrizione, in cambio di un compenso inadeguato.
Inoltre, è chiaro il rischio ambientale connesso alla mancanza di previsionalità sui possibili mezzi di prevenzione dei danni per l’ambiente. Coinvolgere uno degli ecosistemi più ricchi e preziosi del mondo come il bacino del lago Vittoria potrebbe accelerare irrimediabilmente l’impatto negativo dell’uomo sulla biodiversità, più che aiutare a perseguire la sostenibilità di cui oggi l’ambiente ha bisogno.
Valutare l’EACOP come unica alternativa verso la transizione ecologica non è in linea con il concetto di sostenibilità ambientale e sociale in senso lato. Total Energies sembra agire in difesa dei propri interessi economici a scapito delle popolazioni e del delicato ecosistema africano, mal celando così tendenze post-colonialiste.
Dunque, le preoccupazioni suscitate dall’EACOP sono immotivate e correlate a un atteggiamento che impedisce lo sviluppo dei Paesi africani coinvolti, oppure evidenziano un colonialismo paternalista che decide di ignorare il rischio di un disastro ambientale e sociale? La transizione ecologica proposta da Total Energies è promotrice di una sostenibilità reale o di una sostenibilità distopica?
Stella Canonico