È di pochi giorni fa la notizia della morte di Alberto Arbasino, uno dei maggiori esponenti del Gruppo 63. Movimento letterario fondato a Palermo.
Arbasino, come i suoi colleghi, è noto per essere stato un provocatore della scrittura e della cultura italiana.
Agitatore di coscienze, la sua carriera si è divisa tra arte e politica ricoprendo diversi ruoli come quello di poeta, giornalista, critico letterario e deputato.
La sua opera più nota e allo stesso tempo controversa è Fratelli d’Italia del 1963, poi riveduta nel 1967 e nel 1993. Lui stesso si definiva uno scrittore espressionista e surrealista, accezione che è possibile trovare nel suo romanzo Super Eliogabalo del 1969. Appassionato di Gadda, più volte si è confrontato con la scrittura dell’autore romano analizzandola in alcuni saggi come Genius Loci o I nipotini dell’Ingegnere (1960).
Dunque una figura fuori dagli schemi che all’interno del Gruppo ’63 trova ampio respiro e modalità di espressione.
Ma cos’è il Gruppo 63?
Il movimento, fin da subito, si connota come promotore di nuove visioni e idee future. Una frase di Umberto Eco, uno dei maggiori protagonisti, mostra le fondamenta sulle quali la corrente si è fondata:
Ciascuno di noi, a trent’anni, aveva già pubblicato uno o due libri, era ormai inserito in quella che si chiamava allora l’industria culturale, e con mansioni direttive, chi nelle case editrici, chi nei giornali, chi nella Rai. In questo senso il Gruppo 63 è stato l’espressione di una generazione che non si ribellava dal di fuori bensì dal di dentro. Non è stata una polemica contro l’establishment, è stata una rivolta dall’interno dell’establishment, un fenomeno certamente nuovo rispetto alle avanguardie storiche
Come già ripetuto, il movimento nasce a Palermo nel 1963 in seguito ad un convegno tenutosi a Solunto tra il 3 e l’8 ottobre. Da qui l’accezione di Neovanguardia per differenziarlo dalle avanguardie storiche del Novecento.
Il gruppo nasce con un principale intento comune: quello di distaccarsi e rivoluzionare i canoni tradizionali della letteratura italiana degli anni Cinquanta.
Il proposito per ogni Avanguardia che si rispetti è sempre lo stesso: Rivoluzione. Certo, questa del Gruppo 63 è stata più silente e poco conosciuta a livello mediatico rispetto al Futurismo che ha avuto un impatto decisamente più aggressivo.
A differenziare la Neovanguardia del ’63 da quella futurista è sicuramente un aspetto fondamentale: l’omogeneità degli obiettivi.
I principali intenti del Gruppo 63
Il Gruppo 63 non si può considerare del tutto un movimento coeso e basato su un’estetica unita.
Gli intellettuali, i poeti, gli scrittori che lo hanno creato si sono ritrovati a collaborare su argomenti comuni, divergendo per altri. Tanto che Ferroni, critico del Novecento, ha individuato due orientamenti: uno “fenomenologico”, dedito a sperimentare nuove possibilità teoriche e creative, e uno “ideologico” ispirato al marxismo, ma consapevole dei suoi limiti.
Altra divergenza rispetto al passato è nel Manifesto. Il Gruppo 63 non ne ha mai avuto uno. Mentre è impossibile dimenticare il Manifesto del Futurismo, scritto da Marinetti nel febbraio del 1909.
In ogni caso la nuova corrente letteraria si fondava su: l’abbandono del Neorealismo che dal secondo dopoguerra padroneggiava la cultura italiana, l’attenzione verso la realtà del mondo industriale e la sperimentazione del linguaggio.
A prendere maggior piede, sicuramente, all’interno della produzione della Neoavanguardia è stato lo sperimentalismo linguistico. Aspetto su cui molti protagonisti della conrrente si sono concentrati.
Il movimento, dopotutto, non ha ottenuto immediatamemente il successo sperato. A sfavorirne la diffusione, forse, ha giocato il carattere elitario di cui il gruppo si nutriva.
I codici di comunicazione promossi risultavano difficili per i più, tanto che molte delle opere, all’epoca, non venivano comprese pienamente. Difatti il gruppo veniva additato di troppo cerebralismo. Inizialmente solo gli ambienti letterari ne rimangono affascinati soprattutto per le continue critiche che il gruppo muoveva a scrittori già affermati.
I protagonisti del movimento
Al di là delle critiche e degli intenti del gruppo, i maggiori esponenti del movimento, a parte già quelli nominati, sono stati: Luciano Anceschi, Nanni Balestrini, Elio Pagliarani, Luigi Malerba, Gianni Celati, Amelia Rosselli, Edoardo Sanguineti, Giorgio Manganelli, Angelo Guglielmi, Germano Lombardo, Oreste Del Buono e Sebastiano Vassalli.
Merito del movimento è quello di aver creato una reta di intellettuali e scrittori dell’epoca in grado di collaborare tra loro.
Ognuno dei protagonisti ha apportato un contributo, volto sempre allo sperimentalismo.
È impossibile non nominare Edoardo Sanguineti che con le sue opere, Capriccio italiano (1968) in testa, ha puntato alla distruzione del linguaggio della comunicazione italiana e al concetto di mitopoiesi – cioè la poesia come creatrice di miti.
Giorgio Manganelli, altro illustre nome, con la sua continua ricerca di andare oltre la parola scritta e scovare quella realtà sconosciuta ai più. La letteratura per lui era un rifugio e una menzogna, da qui il saggio la Letteratura come menzogna (1967) in cui l’arte della scrittura appare come una contraddizione permanente.
Infine Luigi Malerba, per il quale la follia e la falsità sono una costante di tutti i personaggi dei suoi testi. A ciò si aggiunge il comico e l’assurdo presenti nelle sue opere come La scoperta dell’alfabeto (1963) o Il serpente (1966).
Scrittori, intellettuali e poeti che, nonostante le grandi diversità, sono riusciti a creare un movimento eterno, anche dopo la sua fine avvenuta nel 1969.
Laura D’Arpa