Di Francesca de Carolis
E
sarò io a svegliare
i passeri
domani
conducendo un canto
ai loro nidi.
La nebbia
sonnolenta
tra i rami li vedrà
alla prima luce
volare a festa
col mio pane.
Un pensiero, con i suoi dolcissimi versi, a Pietro Tartamella, che all’alba se ne è andato. Se ne è andato un poeta che a tanti ha insegnato, instancabile, l’arte dell’ospitalità, della condivisione, delle parole dell’accoglienza e della poesia da dischiudere al mondo. E di quante persone come lui ci sarebbe bisogno per cambiarlo, questo mondo, viene da pensare proprio oggi che tuona la guerra con le sue parole di respingimenti e morte.
Pietro… (ne abbiamo parlato, in queste pagine) che la sua vita di artista di strada a un certo punto ha trasferito nel casolare di Borgata Madonna della Rovere, Cascina Macondo, diventato il fulcro di infinite attività, luogo di incontro e di continuo “pellegrinaggio” di amici che ad ogni suo invito, intorno ai suoi progetti, lì si sono radunati arrivati da ogni dove.
Anni fa l’avevo cercato proprio per raccontare alla radio la storia, che tanto mi aveva incuriosito, di questa sua, sua e della moglie Anna Maria, Cascina Macondo, affascinata dall’immagine che ne è il simbolo: un bel veliero, che ha le vele di foglie e naviga su un mare di sassi, in viaggio solcando i mari, per ritrovare il filo delle parole… e sempre intorno alle parole girano le mille attività della Cascina. Era impossibile non lasciarsi incantare e travolgere dalle sue iniziative e dalle sue potenti affabulazioni. Che spesso si traducevano in libri.
Voglio ricordarlo, Pietro, con uno dei primi libri che mi aveva mandato, testimonianza del suo grande impegno anche nelle carceri: “La stretta di mano e il cioccolatino”, in qualche modo resoconto di un progetto che ha coinvolto, fra Belgio, Italia, Polonia, Serbia, Grecia, dodici prigioni con circa 200 detenuti, impegnati in percorsi didattici, laboratori creativi e tante altre iniziative. E’ stato come un fiume lo scorrere di queste pagine, un’antologia di diari, riflessioni, racconti, poesie, haiku. Il racconto dei mille giorni di un progetto nato per portare scrittura ed arti nelle carceri. Ma soprattutto per portarne fuori, dalle carceri, scrittura e arti.
Coerente con il suo impegno, che è “semplicemente”, mi spiegò un giorno Pietro, tirare fuori il bello che è già dentro le persone.
Aprendo una pagina a caso, de “La stretta di mano e il cioccolatino”, ecco, un po’ del “bello” tirato fuori dall’anima di F.:
Viaggia la musica / come la pittura / le cicogne / gli emigranti / come le notizie / dei giornali / strappate ai passanti / dal vento / come le notizie /che invecchieranno / immediatamente / nelle pattumiere del tempo / … / ma l’amore della musica conduce sempre alla musica dell’amore / e quando la musica è quella della sofferenza…
Pensando al suo sogno di una società “solidalista”, come scriveva, a conferma di quello che da tempo penso anch’io: che c’è un’Italia molto migliore della rappresentazione che mediamente se ne dà e di chi la rappresenta.
E mi piace ancora pensarlo seduto sotto l’ombra del grande rovere, a pochi passi dalla Cascina. Da poco si era tutti come prigionieri della pandemia, e Pietro Tartamella, lì seduto al centro di un’ideale prigione senza pareti, ha invitato amici e conoscenti a sfilare davanti a lui per raccontare di viaggi, di tutti i modi possibili di viaggiare, che è anche solo attraversare una strada, perdersi in un sogno… Sono fiorite tante storie, frammenti di esistenze raccolte nelle pieghe del nostro andare. Che tutte, trattenute come ai limiti di un cerchio dalla forza centripeta del suo stare, vi si muovevano intorno come in una danza… Una danza felice, nonostante tutto.
Ecco, mi piace pensarlo ancora lì, a dettare il ritmo di quella danza. Ricordando un suo appunto…
Per tutta la vita hai sognato e lottato
Per lasciare una traccia di te nel cuore della gente
E ti accorgi alla fine di quanta gente
Ha lasciato di sé una traccia nel tuo cuore.
Parole che tanto dicono di lui e del suo grande accogliente cuore…