Il genocidio del Ruanda: un massacro da non dimenticare

genocidio del Ruanda

Il genocidio del Ruanda iniziò il 6 aprile del 1994 ed è considerato uno dei più sanguinosi episodi della storia.

Oggi ricorre la data che vide l’inizio di una tragedia: il genocidio del Ruanda. Era il 6 aprile del 1994, quando avvenne lo sterminio di molti Tutsi e hutu moderati in Ruanda. Il sangue si sparse per appena qualche mese, dal 6 aprile al 4 luglio 1994, ma bastarono questi pochi mesi per uccidere quasi un milione di persone.

Premesse storiche

Il Ruanda è un piccolo stato dell’Africa orientale, in origine abitato da tre gruppi etnici: gli Hutu (85%), i Tutsi (14%) e i Twa (1%). I primi ad insediarsi nel territorio furono i Twa, popolo di cacciatori e raccoglitori che principalmente viveva nelle foreste. Nel I millennio d.C. ,  arrivarono gli Hutu ed infine i Tutsi, più tardi, nel XIV secolo. Questi ultimi erano allevatori di bestiame, assoggettarono gli Hutu e assunsero il pieno potere del territorio, organizzando una società a struttura piramidale. Nonostante i conflitti, per molto tempo le tre tribù ruandesi condivisero la stessa cultura e religione.

Nel 1899 il Ruanda entrò a far parte dell’Africa Orientale Tedesca fino al 1916, per poi passare, al termine della prima Guerra Mondiale, nel 1919, al Belgio che instaurò un rigido sistema coloniale. Proprio in questo periodo nascono i conflitti più seri che sfoceranno nel grave genocidio. I belgi, infatti, concedendo la supremazia ai Tutsi, alimentarono un profondo risentimento negli Hutu che decisero di ribellarsi. Proprio per questo motivo, nel 1959, il Belgio cedette il controllo agli Hutu. Nel 1962, il Ruanda è una Repubblica ed ha come presidente Grégoire Kayibanda, ma proprio qui iniziano i massacri perpetrati dall’etnia Hutu.

Perché i Belgi si erano appoggiati proprio ai Tutsi? La risposta a questa domanda è da rintracciare nelle teorie fisiognomoniche che si stavano diffondendo nel Novecento. I Tutsi erano alti, magri, dalla carnagione chiara e questo li fece automaticamente ritenere più abili a gestire il potere. Gli Hutu, al contrario, tozzi e dalla pelle scura, vennero considerati maggiormente adatti al lavoro nei campi. Infine, i Twa, pigmei, erano considerati decisamente inferiori e paragonati a delle scimmie.

Cause

In quest’articolo, l’autrice Marzia Ponso spiega dettagliatamente cosa si intende per genocidio e perché questo termine è così complesso. Nell’articolo la studiosa riprende la definizione del giurista Raphael Lemkin:

Il termine ‘genocidio’ venne coniato e definito come crimine durante la Seconda guerra mondiale a opera del giurista ebreo-polacco Raphael Lemkin […] definì il genocidio come “piano coordinato di differenti azioni mirante alla distruzione dei fondamenti essenziali della vita di gruppi nazionali, con l’intento di annientarli”. Gli individui non vengono perseguitati in ragione delle loro azioni, ma in quanto appartenenti al gruppo nazionale (nel senso latino di natio = stirpe, popolo). Obiettivi specifici del genocidio sono “la disintegrazione sociale e la distruzione biologica del gruppo”. Secondo Lemkin, distruzione dell’identità e annientamento fisico ricorrono più volte nella storia universale, ma le misure predisposte dai nazionalsocialisti nei territori occupati sono da considerarsi “tecniche di genocidio”, che includono misure politiche, sociali, culturali, economiche, biologiche, fisiche, religiose e morali, tutte volte a colpire il patrimonio identitario di un gruppo minoritario.




Capiamo quindi come il movente principale di qualsiasi genocidio sia l’odio razziale. Anche in questo caso, le cause sono da rintracciare nel risentimento accumulato dagli Hutu nei confronti dei Tutsi, che aveva costituito l’élite sociale e culturale del Paese.

Il genocidio del Ruanda

Il 6 aprile del 1994 alle 20:30 l’aereo sul quale stava viaggiando Juvénal Habyarimana, l’attuale presidente Hutu al potere, fu abbattuto da un missile terra-aria. Ufficialmente l’attentato venne attribuito al FPR, il Fronte Patriottico Ruandese. Da subito, cominciarono i massacri con il pretesto di vendetta, dando il via ad una sanguinosa guerra civile.

Il massacro fu capillare: le Forze Armate Ruandesi si recavano di casa in casa per uccidere Tutsi e Hutu moderati. Per 100 giorni si videro barbarie di ogni tipo; furono massacrate quasi un milione di persone non solo con bombe o mitragliatrici, ma anche a colpi di machete. Gli Hutu, aizzati dalla feroce propaganda erano invitati sterminare gli “scarafaggi”.

Nel 1993, le Nazioni Unite riuscirono a trovare un accordo, dipartendo il potere tra le due parti. Tuttavia, gli scontri non cessarono immediatamente, il FPR conquistò il pieno potere del territorio, costringendo più di due milioni di Hutu a fuggire.

Giulia Sofia Fabiani

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