Il genio di Sottsass attraverso gli occhi di Barbara Radice

Sottsass

Si conobbero a Venezia durante la Biennale del 1976 e si rincontrarono su un vaporetto. Lui le chiese di uscire a cena, lei non diede troppo peso all’invito ma, incuriosita, accettò. Fu così che cominciò la storia tra Ettore Sottsass e Barbara Radice: un amore che durò più di trent’anni.

Lei fu la sua seconda moglie, la sua spalla in tutto, nonché sua musa e sua editrice. Curò molti suoi progetti e tuttora continua a farlo, con l’intento di «far apparire la sua curiosità, ma anche la sua malinconia e le sue nostalgie, per festeggiare bene la sua bella vita.»

L’estro creativo di Sottsass dai contorni indefiniti 

Non solo nel visivo, ma anche con le parole, Ettore riusciva a comunicare concetti originali, mai concepiti prima e di assoluta controtendenza per gli anni in cui visse.

Un esempio è il Controdesign, di cui lui fu inventore ed esponente, un movimento che sostiene che il design comincia proprio quando entra nei propri ambienti privati e diventa una metafora della propria vita.

Questo intento di rappresentare la vita lo si ritrova anche nella letteratura americana anni Sessanta. Ne frequentò gli esponenti grazie alla prima moglie Fernanda Pivano e fu una generazione di scrittori che lasciò un grande segno nell’architetto.

Per lui:

«Il design è un modo di discutere la vita. È un modo di discutere la società, la politica, l’erotismo, il cibo e persino il design. È un modo di costruire una metafora della vita. Per cui, se devi insegnare qualcosa sul design, devi insegnare prima di tutto qualcosa sulla vita»

Barbara Radice, quando racconta le abitudini e la personalità di Ettore (che considera indefinibile in quanto così variegata e unica), sottolinea come a casa loro era comune trovare sparsi in giro disegni, bozzetti e pensieri. Difatti Ettore non era solo un designer, ma traslava la sua originalità anche nelle parole, appuntandosi pensieri che oggi sono stati raccolti in libri come “Per qualcuno può essere lo spazio” e “Di chi sono le case vuote?”.

Barbara Radice e Ettore Sottsass
Barbara Radice e Ettore Sottsass

Trascorse la sua vita imperversando molteplici discipline, dalla pittura, all’architettura, alla letteratura ma soprattutto, attraversando a pieno la vita. Tutto questo lo rese un uomo difficile da inquadrare in una sola disciplina: Barbara sottolineava spesso questa sua ecletticità, tanto che sostenne fosse faticoso vivere vicino ad un genio, era come avere vicino «una stazione emittente molto potente» che ogni tanto la faceva sentire frastornata.




Per lui, progettare era una ricerca d’identità. Forse, proprio per questa sua infinita progettualità la sua identità era sempre in divenire, facendo di lui un uomo ricco interiormente. Un uomo che Barbara definì «intero, primordiale». Sottsass viveva delle sue emozioni, tanto che decise di trasmetterle anche nel suo mestiere. Parlando delle sue esposizioni, l’architetto disse: «Vorrei che i visitatori uscissero piangendo, vale a dire con un’emozione». Questo suo carattere emozionale era presente anche nella sua calligrafia. Ettore soleva scrivere in stampatello per poter essere compreso e letto da tutti. Per Barbara questo modo di scrivere rispecchiava anche una sua ricerca di ordine interiore.

L’amore eterno di Barbara Radice

“Non è il per sempre dell’amore dei fotoromanzi, è il per sempre perché qualsiasi cosa incida profondamente nella vita è per sempre. E forse anche una piccola cosa è per sempre, perché accade. La vita è questa palla di cose che contiene tante parti diverse. E io credo che tutte sono per sempre, nel senso che quando una cosa accade e quando una cosa è, io credo sia per sempre.”

Quando ci si accorge se l’amore tra due persone è per sempre? Barbara Radice disse che o uno lo sa subito o lo sa dopo. Nel suo caso, quando si videro sul vaporetto e Ettore le disse: «Vorrei invitarti a cena», inizialmente non capì che lui provava qualcosa per lei. Quando, però, se ne rese conto, improvvisamente capì quanto lui fosse importante. Un’intuizione che le arrivò, ma che non la lasciò più. Ettore descrisse Barbara (trent’anni più giovane di lui) come «splendente, forte, diritta, invasa dalla vita». 

Dieci anni dopo la scomparsa di Ettore, ovvero nel 2017, Barbara Radice pubblica “Perché morte non ci separi”. Questo fu il diario che ha iniziato il giorno dopo la scomparsa di Sottsass e che ha portato avanti per due anni. Ella volle dare un senso al dolore ricomponendo, tramite ricordi minuziosi ed immagini di quotidianità, la sua vita con il designer. Al titolo dell’opera, sostituì «finché» con «perché», in quanto il suo amore continua e vuole parlare di Ettore al presente. 

Amore e perdita sono temi a lei cari, che in qualche modo definiscono anche il suo concetto personale di amore. A questo proposito disse:

“La presenza è molto forte nella perdita. Io credo di avere quasi più amato Ettore dopo. Ho capito che fino a quando una cosa non è compiuta quasi quasi non appare. È nel momento del compimento che appare nella sua pienezza. E forse quando lui se n’è andato ho capito un sacco di cose, è stato quasi un regalo.”

L’unicità di questa coppia risiedette nelle loro abitudini e piccoli rituali quotidiani consolidati nel tempo, perpetuati ogni giorno. Trascorsero la vita “a guardare il mondo sempre dalla stessa parte della finestra” e a sapersi muovere insieme in ogni tragitto, anche senza una direzione precisa. Si sono divertiti e voluti bene anche fraternamente, non si sono solo amati. Non c’era solo l’amore nella loro vita: entrambi coltivavano interessi vari, condividevano momenti e spazi sempre diversi. Ettore fu un compagno speciale con cui si poteva parlare di tutto: dall’arte, alla filosofia, al cibo, all’aldilà. «Ci siamo incastrati» disse Barbara.

Leggendo le sue parole, non si può fare a meno di osservare quanto si senta ancora molto vicina a lui e quanto sia grata per aver vissuto un amore che va oltre ogni tempo e spazio. Incontrare un uomo così raro, per lei, “è questione di fortuna. A volte, bisogna pregare l’Ignoto.”

Valentina Volpi

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