Il film di Rovazzi “Il vegetale” ha un drammatico difetto: somiglia al suo titolo

Ultima Voce

Ultima Voce

Di Selvaggia Lucarelli


Per ragioni su cui sorvolerei ho visto il film di Rovazzi. Premetto che non ho mai scritto mezza riga su di lui perché non ne ho sentito l’urgenza, né nel bene, né nel male. Ha intercettato dei tormentoni scemi che giravano sul web e li ha utilizzati bene, con furbizia e un’ironia non sopraffina, ma dignitosa. Per il suo target, sia chiaro.

Il film invece è un’altra storia, perché se ti dirige Nunziante (il regista dei film di Zalone), se ti produce Walt Disney, se si investono più di 5 milioni di euro sul film, se dici che per fare una cosa fatta bene hai rifiutato qualsiasi cosa, se è il salto da cazzaro del web ad attore, allora mi tocca occuparmi di te.

Veniamo al punto.
Il film “Il vegetale” ha un drammatico difetto: somiglia al suo titolo. Non è un film brutto, non è un film bello. Non è fastidioso, non è emozionante. Non è divertente. Non è romantico. Né per grandi, né per bambini. Non è né carne né pesce. È, appunto, un vegetale. E riduce in vegetale chi lo guarda. E per i seguenti motivi:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Insomma. Fossi in Rovazzi mi rimetterei sul trattore e canterei “andiamo a recitare”. Partendo da una buona scuola, però.
E lasciando la comicità ai comici. Perché Zalone ci fa volare, lui solo decollare per poi farci schiantare in un cespuglio a cinque minuti dall’inizio del film. Amen.

Exit mobile version