Il fenomeno del caporalato nell’operazione ‘Veritas’

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Il fenomeno del caporalato colpisce ancora. L’operazione ‘Veritas’ riporta alla luce orari disumani, lavoratori pagati meno di 5 euro all’ora, mancanza di pause e impossibilità di chiedere la paga concordata in caso di ritardo. Questa era la vita degli oltre 140 braccianti sfruttati a Matera. Obbligati a turni lavorativi ai limiti della schiavitù e vittima di percosse in caso di lamentele sul ritardo dei salari.

L’operazione ‘Veritas’ che ha portato a dieci arresti

Matera: la Procura locale ‘Veritas’ combatte il fenomeno del caporalato. Indagati dieci individui accusati di essere coinvolti in un’associazione a delinquere finalizzata all’intermediazione illecita e allo sfruttamento del lavoro. A tre degli individui sotto accusa si aggiunge l’aggravante lesioni, sequestro di persona e sfruttamento del lavoro in concorso. Pare che quattro anni fa, i tre soggetti in questione abbiano brutalmente aggredito un lavoratore agricolo solo perché aveva richiesto il pagamento che gli spettava.
Lo sfruttamento aveva inizio con il pagamento di 6.000 euro da parte dei braccianti per ottenere un contratto. I lavoratori venivano tenuti in strutture fatiscenti che avrebbero dovuto costituire i loro alloggi, tali strutture, inoltre, dovevano essere pagati dai braccianti 3 euro al giorno. La paga giornaliera era misera e coloro che venivano reclutati erano costretti a lavorare dalle 8/10 alle 16 ore giornaliere.
Quattro anni fa uno dei braccianti aveva osato chiedere spiegazioni a causa del ritardo della paga e aveva subito percosse dagli imprenditori agricoli. Questo era il trattamento che veniva riservato a coloro che venivano intrappolati nell’attività di caporalato del Metapontino. A capo dell’organizzazione un imprenditore agricolo, la figlia e un fiduciario aiutati poi da sette caporali che si occupavano di reclutare i braccianti e spostarli dalle strutture in cui abitavano ai campi di lavoro.
Si tratta una storia di sfruttamento come tante altre che continua a esistere anche se spesso viene ignorata.

Lontano dagli occhi lontano dal cuore

Il fenomeno del caporalato emerge nel XX secolo, seppur fosse già presente e sviluppato anche durante i secoli precedenti. Si tratta di un’attività in mano alla criminalità organizzata basato sullo sfruttamento estenuante della mano d’opera.
Si diffonde principalmente nell’ambito ortofrutticolo, in particolare nella produzione dei pomodori, gli stessi che poi il consumatore acquista come prodotto finito sotto forma di passata.
Un fenomeno che ci sembra così lontano e a tratti antico, ci è in realtà estremamente vicino. Come spesso accade, per combatterlo, basterebbe una maggiore informazione e attenzione. È difficile ammetterlo ma è sempre più semplice girarsi dall’altra parte quando ci si trova danti a un’ingiustizia, soprattutto quando ignorare lo sfruttamento altrui porta benefici, seppur miseri ed effimeri.

No Cap: People Before Profit

Yvan Sagnet è un attivista e scrittore attivo nella lotta allo sfruttamento, nonché fondatore dell’associazioneNo Cap: People Before Profit’.
L’associazione No Cap nasce nel 2011 per contrastare il fenomeno del caporalato, ne fanno parte attivisti, volontari e professionisti del settore.
Il caporalato avviene alla luce del sole ma una volta arrivato nei supermercati sotto forma di prodotto si mimetizza e diventa difficile comprendere cosa sarebbe meglio evitare di acquistare. No Cap partendo da questa consapevolezza decide di creare un proprio marchio, formato da sei riquadri colorati con all’interno delle mani alzate verso il cielo, una per ogni obiettivo che l’associazione si pone:

1. Etica nei rapporti di lavoro.
2. Filiera sostenibile.
3. Rifiuti.
4. Valore aggiunto.
5. Benessere degli animali.
6. Energie rinnovabili.

Yvan Sagnet con la propria associazione tende la mano ai consumatori guidandoli in un percorso verso la consapevolezza poiché, come da lui stesso affermato:

Cambiare si può! E lo dimostrano le tante imprese che hanno scelto di condividere la nostra visione e i tanti consumatori che scelgono di acquistare prodotti etici per non essere più co-responsabili di questa nuova forma di schiavitù contemporanea.
Nel modello economico attuale la competitività si gioca ancora sul ribasso dei prezzi che si ripercuote sul costo del lavoro. Finche’ si seguirà questo modello non potrà esserci un’Europa sociale. Bisogna andare oltre.

La lotta al fenomeno del caporalato inizia nei supermercati

Con ‘consumo consapevole’ non si intendono soltanto indicare quei tipi di acquisti volti a garantire un minor impatto ambientale. Infatti, ad essere spinto allo stremo delle forze non è soltanto l’ambiente in cui viviamo ma spesso e volentieri sono anche coloro che a costo di poter lavorare cadono nella trappola del caporalato.
Il consumatore può fare la differenza e scoraggiare lo sfruttamento della manodopera. L’unico sforzo necessario è quello di informarsi sui prodotti e sulla loro provenienza prima di acquistarli. Spesso, inconsapevolmente, un euro che in consumatore risparmia pesa sulle vite di coloro che sono vittima del fenomeno del caporalato.
È importante, per non dire necessario, ricordarsi sempre che dove noi non paghiamo è qualcun altro a farlo a sue spese.

                                                                                                               Margherita De Cataldo

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