L’accesso a un cibo che assicuri la salute e il benessere fisico, in quantità adeguate e a un prezzo accessibile, è oggi riconosciuto come un diritto umano. Esistono alcune zone, però, dove riuscire a procurarsi del cibo sano è difficile: è il fenomeno dei deserti alimentari, che interessa varie zone del mondo e un vasto numero di persone.
Che cosa sono i food deserts?
È un fenomeno sviluppato principalmente negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, dove è stato studiato a partire dagli anni Novanta: si tratta di quartieri a basso reddito abitati da minoranze etniche, soprattutto afroamericani e ispanici, in cui è difficile avere accesso a cibo sano a prezzi accessibili. Chi ci vive si rivolge quindi ad alternative più economiche, come i fast food o alimenti preconfezionati di qualità inferiore e ricchi di conservanti, che però hanno sul lungo periodo delle conseguenze negative sulla salute.
Un circolo vizioso
La mancanza di cibo fresco, specialmente di frutta e verdura, è dovuta a vari fattori, sia economici, sia dovuti a scelte di pianificazione urbana. Alcuni esempi sono: il minor numero di supermercati presenti in una zona, i prezzi elevati di alcuni generi alimentari, che scoraggiano i clienti con reddito inferiore ad acquistarli, la lontananza dei luoghi dove è possibile acquistare cibi più sani e quindi i costi maggiori necessari per arrivarvi, sia con un proprio mezzo, sia con quelli pubblici. La condizione di disagio economico degli abitanti di queste zone e una cattiva pianificazione portano perciò a un circolo vizioso, che peggiora se le persone coinvolte vivono in condizioni di insicurezza alimentare e hanno difficoltà ad acquistare qualunque tipo di cibo, oppure se sono anziane o hanno una disabilità.
Da che cosa nasce il fenomeno dei deserti alimentari?
Le cause di questa situazione sono ancora poco chiare, ma alcune ipotesi li vedono come una conseguenza del fenomeno del redlining. Si tratta di una pratica messa in atto nel secolo scorso negli USA, che prevedeva la divisione delle città da parte delle banche in quartieri più o meno desiderabili per quanto riguardava la concessione di mutui. Ciò avveniva solitamente su base razziale: le “zone rosse” erano quelle abitate da popolazione afroamericana o mista, i cui crediti erano visti come più a rischio. Nelle aree considerate meno sicure da questo punto di vista, e quindi evitate dagli investitori, i servizi forniti alla popolazione erano molto scarsi. Questo fenomeno di discriminazione sistemica, illegale dal 1968, va però a riflettersi ancora oggi su varie realtà, come l’accesso alla sanità nei quartieri disagiati.
Le iniziative per ridurre i food deserts
Negli ultimi decenni, le amministrazioni di varie città americane hanno cercato delle soluzioni per il fenomeno dei deserti alimentari: incentivi all’apertura di supermercati nelle aree interessate, la creazione di mercati agricoli, l’introduzione di programmi di educazione alimentare nelle scuole e il miglioramento delle reti di trasporto pubblico sono solo alcuni esempi delle politiche adottate. È ancora da vedere se queste iniziative saranno efficaci sul lungo termine, ma sono un primo passo verso un accesso più equo al cibo.