Il dumping oceanico: la minaccia lontana dagli occhi, eppure prossima a tutti

il dumping oceanico

Lo scarico e il riversamento dei rifiuti nelle acque è una pratica diffusa, talvolta regolamentata e controllata, talaltra illegittima e pericolosa. Ma cos’è il dumping oceanico nella sua accezione più generale e quali sono i suoi reali risvolti?

Il dumping oceanico è una pratica che avanza silente da molto tempo sebbene stia lasciando, pian piano, segni sempre più visibili sul nostro pianeta. Definito anche secret pollution, il dumping oceanico rappresenta lo scarico deliberato di sostanze nocive che, trasportate da navi ma anche aerei, raggiungono il mare per poi essere rilasciate.

Sappiamo davvero cosa viene rilasciato in mare?

Il termine Dumping ci ricorda la pratica eticamente discutibile del rilascio di enormi quantità di prodotti realizzati a basso costo e con poca attenzione all’ambiente e alla sicurezza dei consumatori che dai paesi produttori del fast fashion giungono nel nostro mercato, portandosi dietro storie di inquinamento, di sfruttamento e una competizione sleale verso i prodotti eco-sostenibili e, necessariamente, più costosi.

Ma il dumping, nella sua accezione di rilascio massivo, comprende anche altri contesti.
Le sostanze che vengono trasportate e rilasciate in mare aperto, ridimensionando così di molto i costi di depurazione e smaltimento, possono essere molteplici.

Idrocarburi in forma liquida come benzene e altri derivati del petrolio, metalli pesanti (mercurio in primis, ma anche cadmio, cromo), fosforo, azoto, queste sono le principali sostanze note rilasciate tramite il dumping oceanico.
Inoltre, a queste pratiche specifiche, si aggiunge il dumping di sentina, ovverosia, lo scarico di acque reflue, le cosiddette acque nere e grigie generalmente derivanti dalle “fisiologiche” attività delle navi.



Una minaccia quanto più attuale poiché, sebbene negli ultimi trent’anni vi siano stati fatti dei passi avanti nel normalizzare le pratiche relative al rilascio di sostanze in mare, i dubbi sull’effettiva capacità di rimescolamento delle acque continuano ad essere importanti. Troppi i parametri da considerare per poter stabilire puntualmente dei valori.
Basti pensare all’alterazione del pH marino, al cambiamento climatico e al conseguente scioglimento del ghiaccio marino, alla stessa trasformazione della fauna marina che determina, a sua volta, un cambiamento dell’habitat.

Le norme esistenti non garantiscono una salvaguardia totale dell’ambiente marino e, se consideriamo che non è nemmeno detto che vengano regolarmente rispettate, il problema si ingigantisce ancora di più.

La vita marina

Come già detto, l’inquinamento delle acque causa gravi alterazioni del pH marino, inoltre, sempre più frequente è la nascita di zone inabitabili dove non solo l’acqua diventa densa, ma persino le concentrazioni di ossigeno divengono insufficienti per garantire la vita.

Gli idrocarburi sporcano le acque attaccandosi alle squame dei pesci e ostruendone parzialmente le branchie, appesantiscono e rendono inefficiente il piumaggio degli uccelli marini, soffocano il plancton.
Le barriere coralline non sopravvivono a questo genere di alterazioni, da ciò deriva un importante impoverimento delle loro colonie. Mentre, al loro posto proliferano alghe nocive che possono promuovere un ulteriore peggioramento delle condizioni degli habitat.

Come se non bastasse la minaccia ecologica, occorre anche considerare quelli che sono i rischi per la salute umana. Chiaramente, facendo parte della catena alimentare anche le persone che consumano prodotti ittici, va da sé dedurre che le sostanze che dal plancton passano ai pesci più grossi, presto o tardi, finiranno proprio sul filetto che consumato da qualcuno. Rischi ambientali, rischi per la salute. Come sempre, si è tutti parte di un medesimo grande sistema globale.

Sebbene alcune tecnologie ci stiano consentendo una miglior tutela delle acque, come il successo raccolto dalla barriera di Ocean Cleanup, d’altro canto sappiamo che sono ancora molte le industrie che trovano il modo di bypassare norme e requisiti ambientali ai fini del profitto. In questo quadro, i consumatori e le forze politiche possono fare la differenza introducendo nuovi obiettivi, nuovi standard e, soprattutto, diffondendo consapevolezza su pratiche come questa che riescono ancora oggi a passare in sordina fra molti.

Stefania Barbera

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