L’arte contemporanea non può che essere il riflesso della società in cui viviamo. Addirittura, l’arte in quanto tale è spesso in grado di anticipare le tendenze mondiali, come nel caso del Drap Art festival, una mostra di arte contemporanea a favore dell’ ecosostenibilità, che quest’anno ha festeggiato il suo 15esimo anno di esistenza tra opere create con materiale di riciclo e riflessioni sulla situazione migratoria attuale.
Dopo tanti anni in cui il nostro pianeta è stato solamente sfruttato per fini prettamente economici, finalmente le tendenze globali sembrano essere più sensibili riguardo la salute dell’ambiente che ci circonda.
Un esempio è il Festival internazionale di Arte Ecosostenibile di Barcellona, che da 15 anni riscontra un grande successo e quest’anno ha ospitato non solo artisti da tutto il mondo ma anche organizzazioni no profit e progetti umanitari che stanno silenziosamente rivoluzionando il mondo.
Drap-art ha luogo ogni anno a Dicembre presso il Museo Marittimo di Barcellona. Non è mai stata una mostra incentrata su un tema preciso se non quello del concetto di riciclo.
Lentamente alcune problematiche si sono rivelate sempre più impattanti dal punto di vista ambientale, come l’inquinamento causato dalla presenza di materiale plastico negli oceani e la migrazione. Focalizzandosi in particolare nell’area del Mediterraneo, la fiera si è preposta l’obiettivo di sensibilizzare l’ambiente internazionale non limitandosi alla denuncia dell’aumento di rifiuti negli oceani ma anche delle persone che dentro vi perdono la vita.
Il catalogo della mostra recita in prima pagina:
“L’ inquinamento causato dalla plastica potrebbe uccidere le specie animali, quello che sta accadendo con i migranti potrebbe estinguere il nostro senso di umanità”.
Quello che resta dopo una giornata passata al Drap-art festival non è però un sentimento di sfiducia o timore per il futuro, bensì di consapevolezza di poter realmente e praticamente fare qualcosa. Ogni opera, ogni artista, dopo aver mostrato una triste realtà, mostra anche la sua possibile risoluzione pratica.
Le opere
Il grande stanzone che ospita la mostra all’interno del Museo del Mare è un tripudio di colori, forme e movimento. Le opere sono tante e interamente ricavate con materiale ecosotenibile, tutte racchiudono un messaggio di solidarietà nei confronti del nostro pianeta, animale e vegetale. Forte è la presenza di artisti italiani. La prima opera che immediatamente attrae l’attenzione è proprio quella della nostra connazionale Paola Idrontino, un costume interamente composto di elementi marini cucito finemente con materiali riciclati. Uno spettacolo per gli occhi a tutti gli effetti, grazie agli occhialini 3d è possibile vederlo in versione tridimensionale.
Un’altra opera emblematica dell’allarmante situazione ambientale è il “Mechanic Fish Shop” di Ferroluar, una pescheria particolare nella quale sono esposti gamberi e ostriche metalliche. Grazie all’uso di sensori, entrando nella pescheria il pescato del giorno prende vita tra forti stridii meccanici: paradossalmente divertente e profondo, il visitatore si rende conto che quello che vive negli oceani è anche quello che comunemente ci si ritrova sulla tavola, ovvero un ammasso di componenti tutt’altro che naturali.
Skepto
La Fondazione Sardegna Film Commission è stata invitata al Drap-Art come esempio di cinema ecosostenibile, a km zero e nel pieno rispetto della natura: dal 2014 è la prima film commission ad aver adottato i protocolli green sui set e ad aver sviluppato un format sulla sostenibilità sociale, economica e ambientale del territorio.
Mauro Montis è uno dei fondatori di Skepto che è stato invitato come emblema di questa realtà durante il Drap Art Festival. Italiano nato a Cagliari ma cittadino del mondo con alle spalle anni di esperienza a contatto con grandi registi e attori e una collezione invidiabile di premi vinti.
Tante storie diverse ma un unico obiettivo, preservare ed esaltare il valore territoriale della splendida Sardegna.
Il protagonista per questo festival è stato il regista Pietro Mereu con il suo film Il clan dei ricciai, un film documentario che racconta le vite di ex detenuti che una volta liberati si trovano costretti a rientrare in giri malavitosi come pescatori di ricci per poter campare. Questo mestiere è molto pericoloso e richiede di passare svariate ore nelle profondità marine in qualsiasi stagione. Un lavoro molto ben remunerato gestito dalla malavita sarda, attualmente ai limiti della legalità in quanto il riccio rischia l’estinzione e la sua cattura è proibita specialmente durante l’inverno poichè periodo di produzione delle uova. La bellezza di questo documentario sta nella sua spontaneità, arricchita da espressioni dialettali, racconti di vita vera e di storie da carcere, talmente sinceri che lo spettatore non può non empatizzare con questi personaggi così umani, seppur disastrati.
Ogni anno a cagliari Skepto organizza l’International Film Festival, un punto di riferimento culturale per i filmmaker indipendenti di tutto il mondo.
Wasteurant
Un’idea originale per far prendere consapevolezza riguardo l’ecosostenibilità e ciò che mangiamo sulle nostre tavole.
Il Wasteurant (gioco di parole che unisce restaurant a waste, in inglese spreco o rifiuto) è un ristorante proiettato nel 2038, nel quale i camerieri accolgono i clienti e li portano al tavolo apparentemente come in qualsiasi locale normale. I piatti serviti, un panino e un bicchiere di vino, sono però colmi di pezzi di plastica. Il cameriere chiede di provare ad eliminare tutta la plastica che c’è nel piatto prima di mangiare, operazione che risulta impossibile per via delle piccole parti nascoste ovunque. È in questo momento che un video inizia a narrare la storia di tre bottiglie: la prima viene erroneamente inghiottita da un’animale che la scambia per cibo; la seconda si disintegra in minuscole parti quasi invisibili all’occhio umano ma che impiegano milioni di anni prima di decomporsi nell’oceano e nel terreno; la terza viene riciclata e trasformata in mobilia, abiti o opere d’arte.
Di colpo si ritorna nel 2018 e una frase rassicura:
“Siamo ancora in tempo per cambiare le cose, basta iniziare ora”.
Pure Clean Earth
Si tratta di un’ associazione no profit cui obiettivo è la riduzione dell’inquinamento mondiale causato dai rifiuti, plastici e non, che dedica i suoi sforzi alla pulizia delle spiagge: tantissimi volontari si danno appuntamento in giro per il mondo con un unico obiettivo: raccogliere più spazzatura possibile.
Durante il Drap-Art i volontari si sono recati sulla spiaggia di Barcellona, la Barceloneta, e in una sola ora hanno raccolto ben 88 Kg di immondizia. È possibile trovare video di questa esperienza sulle loro pagine Instagram e Facebook.
Sono sempre aperti ad accogliere nuovi volontari che vogliano aiutarli in questa ammirevole impresa in tutte le spiagge del mondo.
Ocean Sole Africa
Grande esempio di ecosostenibilità, dal 2005 questa organizzazione raccoglie tonnellate di ciabatte di gomma comunemente usate sulle spiagge, le quali giungono sui litorali del Kenya dall’oceano e le trasformano poi in coloratissime opere d’arte contemporanea curate nel dettaglio. Oltre il positivo impatto ambientale, Ocean Sole è riuscita a rendere i rifiuti inquinanti un motore economico, dando lavoro a più di 800 persone in Kenya.
Sul loro sito è possibile fare donazioni o acquistare animali coloratissimi di tutte le misure fatti di gomma, dalla giraffa al re della savana, dal rinoceronte al simpatico ippopotamo.
Proactiva Open Arms
Organizzazione non governativa la cui missione principale è salvare i rifugiati che si arrischiano nelle nostre acque. Questi giovani ragazzi, sia volontari che medici e bagnini specializzati, sono i primi che entrano in contatto con le scialuppe di migranti che non vengono accolte nei nostri paesi e rimangono per settimane insieme a loro in attesa che qualche Stato si decida di ospitarli.
La loro denuncia è forte e chiara:
“stiamo vivendo una guerra ai migranti applicata da una politica criminale che non ha interessi minoritari ma solo economici. Non ha interesse nell’aiutarci a comprendere, ci divide facendoci credere che una diversità culturale possa essere pericolosa. “
I volontari mostrano immagini molto forti di bambini trovati morti e cimiteri di corpi che nessuno ci ha mai mostrato. Morti invisibili senza nome, senza sogni, senza un mestiere, non sappiamo nulla di loro. A che perversione umana stiamo assistendo? Quella economica, guidata da mafie, frustrazioni e vulnerabilità.
Dunque che fare? Secondo i ragazzi di Open Arms, proteggersi dalla propaganda e non fidarsi delle fake news che ci aizzano uno contro l’altro, maturare spirito critico e cambiare forma di informazione: credere ai propri occhi e alle proprie esperienze, non a quello che ci viene raccontato. Unirsi a gruppi, associazioni e proteste.
Come dice un famoso poeta catalano “Se ognuno può essere una piccola lanterna insieme possiamo davvero fare la luce”. Ogni piccola azione è un cambiamento.
Angelo Borgese
Tra le tante personalità artistiche italiane, Angelo Borgese spicca per la particolarità delle sue opere e del modo in cui il concetto di ecosostenibilità è raccontato.
Cresciuto a Riccione ma di origini siciliane, in seguito ad un viaggio in Sicilia rimane sorpreso dalle pessime condizioni delle palme che da bambino aveva visto crescere rigogliosamente. Fu così che venne a conoscenza del punteruolo rosso, coleottero che dall’Africa aveva invaso la Sicilia causando molti danni. Tornato a Riccione, scoprì che il punteruolo era arrivato anche lì, e stava distruggendo tutte le palme.
Da quel momento iniziano i suoi studi e le sue ricerche, presentando lavori su questa tematica già dal 2008. La particolarità delle sue opere, da minuscole a enormi, è che contengono tutte materiale differente, sempre riciclato o trovato per strada, come piastrelle tipiche siciliane, legno, ceramica e osso. Giochi di colori e sagome rendono ogni opera un pezzo unico che racconta una storia.
Annalisa Ramos