Di Giulio Cavalli
C’è qualcosa di storicamente enorme e di profondamente doloroso nello sciopero della fame. È l’uomo che rinuncia a una funzione primaria, è un urlo di rivolta e di dolore che passa dallo stomaco per arrivare il più lontano possibile.
Il 10 luglio scorso quattro fratelli e sorelle sono stati prelevati al mattino dai servizi sociali e sono stati divisi in quattro strutture differenti. La più piccola di loro ha 6 anni e si ritrova a vivere in una casa famiglia sconosciuta senza genitori e senza fratelli.
Ma partiamo bene, dall’inizio: i bambini di 16, 14, 11 e 6 anni vengono prelevati dalla madre il 2 dicembre scorso quando riferiscono al giudice di presunti abusi sessuali subiti dal padre. Un decreto del tribunale ordinario li colloca presso i nonni paterni. Il legale della mamma, Domenico Morace, dà la sua versione dei fatti:
«Questi ragazzi da quando hanno denunciato gli abusi subiti dal padre hanno subito pressioni inimmaginabili dai consulenti del Tribunale che hanno formulato una perizia del tutto falsa, che riporta fatti storici inesistenti con test sono stati manipolati. Abbiamo presentato una denuncia penale ed esposti disciplinari e la sintesi e’ che dal primo giorno che hanno accusato il padre e sono finiti dai nonni paterni, genitori del sospetto pedofilo, la nonna ha chiesto di modificare la loro versione. Loro hanno invece sempre ribadito la verità e sono stati minacciati che sarebbero stati mandati in strutture extrafamiliari, cosa che e’ avvenuta».
Uno dei ragazzi avrebbe addirittura registrato le minacce dei nonni paterni. Da qui si arriva allo scorso 10 luglio quando viene deciso lo spostamento dei bambini, separati, in strutture protette. La madre non riesce ad avere rapporti con loro, non riesce a comunicare e a sentirli. Rimane una lettera della figlia più grande che annuncia lo sciopero della fame, ed è una lettera piena di dolore:
«Ciao mamma ci manchi tanto e non riesco a capire del perché il giudice abbia deciso di mandarci in comunità. Mi fa molto arrabbiare il fatto che non possiamo sentirci. Mi fa arrabbiare moltissimo che noi siamo a ***. Io e Franci abbiamo deciso che finché non sentiremo te e *** noi faremo digiuno. […] Mi manchi veramente tanto, ti voglio tanto bene mamma!».
L’avvocatessa che assiste il padre dà la sua versione dei fatti:
«I minori sono stati allontanati dalla madre perché nel giudizio civile di modifica alle condizioni di separazione promosso dalla madre stessa era emerso, che la collocazione presso di lei era pregiudizievole per i bambini che presentavano un funzionamento psichico preoccupante. Il silenzio del padre – dichiara l’avvocatessa – è stato determinato unicamente dalla volontà di proteggere i figli esposti senza alcuna cautela sul palcoscenico mediatico e dalla consapevolezza che vicende giuridicamente rilevanti e che presentano profili molto delicati per il coinvolgimento di minori debbano essere valutate nelle competenti sedi giudiziarie».
Figli come bottino di guerra dei propri genitori che vengono sballottati come pacchi in strutture protette senza nemmeno garantire che tra fratelli possano stare uniti. Telefoni e computer sequestrati a ragazzi che vengono trasferiti sotto la spada di Damocle di una terribile accusa nei confronti del padre. Comunque vada a finire questa storia, ce lo dirà l’iter giudiziario, questo sciopero della fame è la sconfitta di un Paese che ancora una volta appare terribilmente anaffettivo quando si tratta di figli e di infanzia. Ed è una storia a cui non serve nemmeno aggiungere commento perché sgorga dolore da tutti i pori. Accade a Cuneo. Estate 2020.
È sempre così chi ha ragione prende il torto ed i figli pagano per ( un padre?) Contorto.
Vero, ma per fortuna non è sempre così, ed è giusto ricordare che accade anche il contrario.
Grazie per il tuo commento, speriamo di leggerne altri.