Tra la polizia britannica sta circolando un documento anti terrorismo destinato a far parlare di sé.
Il documento in questione è stato redatto al termine di un progetto formativo che mirava a fornire, alle forze dell’ordine, tutti gli elementi conoscitivi utili all’identificazione di soggetti potenzialmente pericolosi. Questo documento anti terrorismo contiene, prima di tutto, una lista dettagliata di gruppi organizzati, suddivisi in categorie inerenti il credo politico o gli obiettivi che mirano a raggiungere. Subito dopo, però, esso offre anche un interessantissimo elenco di simboli tramite i quali è possibile riconoscere l’appartenenza di un individuo ai gruppi in questione. Particolare attenzione, infatti, è stata rivolta ai tatuaggi che, come ormai ben sappiamo, sono spesso utilizzati come veri e propri simboli di riconoscimento dai gruppi di estrema destra o estrema sinistra.
Tale documento anti terrorismo, però, mostra anche alcuni aspetti controversi che vale la pena affrontare. La prima cosa che salta all’occhio, infatti, non è tanto la meticolosità del documento nell’offrire un quadro il più vicino possibile alla realtà. Bensì il fatto che siano stati inclusi nell’elenco gruppi ambientalisti come Greenpeace; gruppi che lottano in favore del disarmo nucleare e gruppi animalisti come Peta (per il trattamento etico degli animali). Per comprendere ed analizzare i motivi di tale scelta può esser dunque utile osservare il documento in questione più da vicino, ricercando, prima di tutto, i criteri utilizzati al fine di distinguere e riconoscere potenziali gruppi pericolosi.
I nazionalisti culturali.
La prima categoria di gruppi presa in esame dal documento anti terrorismo è quella dei nazionalisti culturali. Tali gruppi nazionalisti ritengono che la cultura occidentale sia costantemente minacciata dai fenomeni migratori, dal liberalismo politico e dal calo della popolazione. Solitamente tendono a manifestare questa credenza tramite il rifiuto, spesso violento, di qualsiasi pratica culturale ritenuta non autoctona. Le loro battaglie, quindi, si svolgono sul campo della cultura e della tradizione e sono spesso accompagnate da un catastrofismo irrazionale.
“Rimuovere il crocifisso dalle scuole è un rinnegare la nostra tradizione italiana che presto rischia di esser soppiantata da una nuova cultura.”; “Non possiamo permettere l’uso del burqa, anche quando liberamente scelto dalle donne, in quanto siamo in Europa e loro devono rispettar le nostre leggi; altrimenti potrebbero, in qualsiasi momento, scegliere d’imporre a noi la Sharia.”
La catastrofe, quindi, è sempre dietro l’angolo. Qualsiasi libertà culturale concessa potrebbe tramutarsi in una valanga in grado di travolgere la nostra cultura, fino a seppellirla.
Nazionalisti bianchi.
Il secondo gruppo preso in esame dal documento anti terrorismo riguarda i nazionalisti bianchi. Tali gruppi sono soliti adottare le stesse premesse dei nazionalisti culturali, in particolare il rischio di sostituzione culturale. Tuttavia essi concentrano i loro sforzi nel combattere il fenomeno delle migrazioni di massa. Per far chiarezza potremmo fin da subito prendere in esame il caso italiano. Un partito come Fratelli d’Italia tende, il più delle volte, a concentrare la propria attenzione sullo scontro culturale. Esso si oppone strenuamente alla rimozione del crocifisso nelle scuole e ad altre questioni simili, facendo passare in secondo piano la vera e propria questione migratoria.
Un partito come la Lega, invece, pur prendendo spesso in considerazione le questioni culturali, dedica però la maggior parte dei suoi sforzi alla lotta concreta contro l’immigrazione. Ecco quindi che cerca di bloccare i salvataggi in mare mentre punta ad effettuare il maggior numero possibili di rimpatri. Ovviamente è spesso difficile distinguere le due categorie di nazionalismo, poiché spesso e volentieri coesistono all’interno dei vari gruppi organizzati. Se dovessimo però scegliere di separarli, con una linea netta, dovremmo affermare che: mentre i nazionalisti bianchi mirano ad impedire ai migranti l’accesso nel paese; i nazionalisti culturali puntano, più che altro, a strappare al migrante la sua cultura di appartenenza, obbligandolo al rispetto assoluto nei confronti della “cultura ricevente“.
Suprematisti bianchi
Questa categoria può essere spiegata in pochissime parole e in un certo senso è forse la più riconoscibile. Il suprematista bianco ritiene, semplicemente, che la cultura occidentale possa vantare una superiorità indiscussa su tutte le altre. Questa superiorità umana e culturale si regge su tesi e teorie ormai vecchie di qualche secolo e già da tempo confutate ma che ancora hanno il potere di affascinare numerosi individui.
Un carattere peculiare del suprematismo riguarda il fatto che esso non nasce in risposta al fenomeno migratorio, come le due categorie precedentemente descritte. Sia che vi sia una migrazione, sia che non vi sia, il suprematista si riterrà sempre superiore. Egli, quindi, concentrerà i suoi sforzi nel far sì che il diverso “resti al suo posto“. Non in termini di spazio o cultura, bensì in termini di scala evolutiva. Esempio di questo atteggiamento lo ritroviamo nella campagne di shaming messe in atto ai danni di donne o uomini che hanno relazioni con persone di colore. Altro esempio si ritrova nel rifiuto di riconoscere come connazionali individui che, pur possedendo la stessa nazionalità del suprematista, possiedono un colore di pelle differente.
Estremisti di sinistra.
La domanda che dovremmo porci è la seguente: com’è possibile inserire in un’unica categoria il variegatissimo mondo della sinistra estrema? Tra gli estremisti di sinistra rientrano infatti numerosi gruppi anarchici, gruppi comunisti, ma anche gruppi che lottano contro il disarmo nucleare o contro il commercio di armi. La polizia britannica, nello scegliere di inserire gruppi così diversi in una sola categoria sembra quasi riconoscere, all’estremismo di sinistra, una pericolosità inferiore rispetto a quello proveniente dalla destra.
Questo è forse l’unico motivo che può giustificare la minuziosa classificazione dei nazionalismi di destra, raffrontata al potpourri che, al contrario, ci viene presentato per quanto riguarda la sinistra. La polizia britannica, quindi, in un certo senso, pur riconoscendo l’ovvio pericolo rappresentato da qualsiasi tipo di estremismo, esegue anche un’attenta analisi del momento storico attuale in cui, effettivamente, è l’estremismo di destra a rappresentare il maggior pericolo dal punto di vista terroristico. Ciò ovviamente non esclude, è bene dirlo, che in altri momenti storici, come ben possiamo scorgere dal passato italiano, siano stati i movimenti di sinistra a rappresentare il maggior pericolo in questo senso. La scelta compiuta dalla polizia britannica, quindi, pur essendo facilmente criticabile, ha comunque l’ovvio merito di essere assolutamente realista e attuale.
Gruppi animalisti.
Molti potrebbero storcere il naso nello scoprire numerosi gruppi animalisti affiancati agli estremismi politici di destra e sinistra. Volendo però fornire una giustificazione a questa scelta, risulta ovvio come, in alcuni casi, tali gruppi abbiano compiuto azioni violente e illegali al fine di liberare o “salvare” animali tenuti in laboratorio o in altri contesti sicuramente non troppo etici. Non ho intenzione di fornire un giudizio morale sulla questione poiché, in questo caso, è sufficiente comprender e il punto di vista della polizia britannica che, fosse anche favorevole alla lotta animalista, resterebbe in ogni caso una forza di polizia e, in quanto tale, dovrebbe agire, sempre e comunque, per garantire il completo rispetto della legge vigente.
Controverso è tuttavia il fatto che, all’interno di un simile elenco, siano presenti gruppi come la Peta (per il trattamento etico degli animali). Un gruppo che, nonostante numerosi alti e bassi, ha spesso avuto un ruolo assolutamente positivo per quanto riguarda la tutela degli animali. Gruppi come la Peta, di conseguenza, forse non meritano di essere affiancati ad altri gruppi ben più violenti e ai margini dell’illegalità.
I gruppi ambientalisti.
Ciò che è stato detto per i gruppi animalisti vale anche per quelli ambientalisti. Pure loro, in molte occasioni, hanno svolto azioni ai limiti della legalità. Pure loro hanno spesso messo in atto azioni di disturbo o sabotaggio che la polizia, in quanto tale, è tenuta ad impedire. Anche in questo caso, però, l’inserimento di gruppi del calibro di Greenpeace all’interno dell’elenco risulta essere, forse, una scelta non troppo positiva.
Dobbiamo assolutamente ricordare che anche Greenpeace ha spesso compiuto azioni chiaramente illegali. Risulta però chiaro che, attualmente, la lotta in favore dell’ambiente non possa più esser vista come un’opzione, bensì come una scelta obbligata. Dovremmo quindi chiederci che effetto potrebbe avere, l’inserimento dei gruppi ambientalisti in questa lista quando, in tutto il mondo, numerosissime persone protestano e chiedono a gran voce una nuova e rinnovata attenzione all’ambiente. Il rischio, infatti, è che “nelle mani sbagliate“, questa lista possa essere utilizzata al fine di criminalizzare simili manifestanti. Ponendo le loro richieste sullo stesso piano degli ideali dell’estrema destra e dell’estrema sinistra.
Andrea Pezzotta